Gruppi composti da meno di dieci membri, nella maggior parte dei casi italiani, in prevalenza maschi e con un’età compresa fra i 15 e i 17 anni. È la fotografia delle gang giovanili operanti nel nostro Paese scattata dal rapporto realizzato da Transcrime, il centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Alma Mater Studiorum Università di Bologna e Università degli Studi di Perugia, in collaborazione con il Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del ministero dell’Interno e il Dipartimento per la Giustizia minorile e di Comunità del ministero della Giustizia.

GANG GIOVANILI: COSA SONO, QUANDO E COME AGISCONO

Si tratta di gang attive nella maggior parte delle regioni italiane (con una leggera prevalenza del Centro-Nord rispetto al Sud del Paese) dedite soprattutto a reati violenti, come risse, percosse e lesioni, atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica e atti vandalici. Meno frequenti, e di solito commessi da gruppi più strutturati, sono lo spaccio di stupefacenti o reati appropriativi come furti e rapine, così come meno frequenti sono gang formate in maggioranza da stranieri o senza una nazionalità prevalente. Le loro vittime? Altri giovani, in particolare di età compresa tra i 14 e i 18 anni.

I dati forniti dalle Forze di Polizia evidenziano poi che le gang giovanili sono maggiormente attive nelle ore pomeridiane e serali, durante il fine settimana e particolarmente nella stagione estiva, ossia i momenti in cui i giovani sono meno impegnati in attività scolastiche o di altro tipo. Le informazioni alla base del rapporto sono state raccolte tramite due differenti questionari, di cui uno somministrato ai Comandi Provinciali dell’Arma dei Carabinieri e alle Questure e l’altro agli Uffici di Servizio sociale per i minorenni (Ussm). Questi dati sono stati ulteriormente integrati tramite la raccolta e l’analisi di notizie apparse su giornali nazionali e locali o agenzie di stampa.

UN FENOMENO IN CRESCITA

Secondo la metà degli Uffici di servizio sociale per i minorenni e il 46% delle Questure e dei Comandi Provinciali dei Carabinieri negli ultimi cinque anni le gang giovanili sono aumentate nel loro territorio di competenza. Ad esempio, nel 2021 il numero di soggetti appartenenti a gang giovanili presi in carico dagli Ussm (186) ha segnato un aumento rispetto agli anni precedenti (79 nel 2020 e 107 nel 2019). Nelle ultime settimane si è tornato a parlare del fenomeno dopo recenti casi di cronaca come quello del diciassettenne con la sindrome di down aggredito a Roma da un gruppo di coetanei.

Ma pur essendo il tema di stringente attualità “al momento – spiega il rapporto – si registra una mancanza di dati che permettano di monitorare in maniera sistematica questo fenomeno e le sue caratteristiche per questo l’obiettivo del rapporto esplorativo ‘Le Gang Giovanili in Italia’ vuole iniziare a superare questo vuoto di conoscenza rappresentando un primo tentativo di fornire una classificazione e una mappatura della presenza di queste gang“. L’analisi ha messo in evidenza, in particolare, come vi siano quattro tipi principali di gang presenti in Italia con caratteristiche differenti e una diversa distribuzione sul territorio.

COME SONO STRUTTURATE LE GANG

Ci sono innanzitutto i gruppi privi di una struttura definita, prevalentemente dediti ad attività occasionali violente (es. risse, percosse e lesioni) o devianti: presenti in tutte le macroaree del Paese, sono il tipo maggiormente rilevato e più consistente numericamente. Questi gruppi sono caratterizzati da legami deboli, una natura più fluida, l’assenza di una gerarchia chiara o una organizzazione definita e spesso anche di fini criminali specifici.

I GRUPPI LEGATI ALLE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI

Il report individua poi i gruppi che si ispirano o hanno legami con organizzazioni criminali italiane: presenti specialmente nel Sud del Paese in contesti urbani in cui vi è storicamente una presenza mafiosa. Sono composti quasi totalmente da italiani con un elevato coinvolgimento di minorenni. Questi gruppi sono spesso legati alla volontà di accrescere il proprio status criminale con l’auspicio di entrare a fare parte delle sopracitate organizzazioni criminali.

CHI SI ISPIRA ALLA CRIMINALITÀ ESTERA

Il terzo tipo di gruppi sono quelli che si ispirano a organizzazioni criminali o gang estere: presenti prevalentemente in aree urbane del Nord e Centro del Paese e composti in prevalenza da stranieri di prima o seconda generazione. Fra le attività criminali più spesso associate a questo tipo di gang emergono risse, percosse e lesioni, atti vandalici e disturbo della quiete pubblica.

LE GANG DEDITE A FURTI, RAPINE E REATI VIOLENTE

Infine ci sono i gruppi con una struttura definita ma senza riferimenti ad altre organizzazioni e dediti ad attività criminali specifiche: presenti in tutte le macroaree del Paese e composti in prevalenza da italiani. Compiono spesso reati appropriativi, come furti o rapine, ma anche reati violenti. Queste gang non sono solitamente dotate di simbologie particolari né hanno interesse a pubblicizzare le proprie azioni.

PERCHÉ SI ADERISCE ALLE GANG GIOVANILI

Ma cos’è che influenza la scelta dei ragazzi di aderire a queste gang? Secondo l’analisi sono rapporti problematici con le famiglie, con i pari o con il sistema scolastico; difficoltà relazionali o di inclusione nel tessuto sociale; e un contesto di disagio sociale o economico. Molti di questi fattori sono stati ulteriormente acuiti durante il periodo pandemico. Diversi studi hanno infatti evidenziato come la recente pandemia da Covid-19 abbia avuto un forte impatto sulla quotidianità dei ragazzi, causando un peggioramento delle condizioni oggettive e soggettive di benessere personale. Influente è anche l’uso dei social network come strumento per rafforzare le identità di gruppo e generare processi di emulazione o auto-assolvimento.

COME CONTRASTARE IL FENOMENO

“Comprendere i problemi è la base per sviluppare strategie di intervento realmente efficaci – sottolinea il direttore di Transcrime, Ernesto Savona – Per far questo è essenziale la raccolta e l’analisi di dati in maniera sistematica. In quest’ottica, da anni il Centro Transcrime collabora con istituzioni pubbliche per supportare il monitoraggio, il contrasto e la prevenzione dei fenomeni criminali o devianti. Questo rapporto esplorativo è quindi solo un primo passo verso un impegno sinergico tra il mondo della ricerca e le autorità pubbliche per contrastare un problema complesso e in rapida evoluzione come quello delle gang giovanili”.

Il vice direttore generale della Pubblica Sicurezza, il prefetto Vittorio Rizzi, evidenzia che “le forze di polizia costituiscono un osservatorio privilegiato sulle devianze che affliggono il mondo dei giovani. La ricerca d’identità, l’importanza di appartenere ad un gruppo, il senso d’onnipotenza tipico della giovane età, la vita che si sviluppa soprattutto sui social, le restrizioni causate da lockdown e pandemia sono soltanto alcune delle cause di un fenomeno che impropriamente viene definito delle baby gang o della malamovida. Scontri tra gruppi di giovani più o meno organizzati, atti di violenza e teppismo che spesso hanno come vittime altri minori bullizzati, che faticano a denunciare. Il nostro compito è quello di intercettare i fenomeni di disagio sul nascere, intervenire per evitare un’escalation della violenza e, soprattutto, perché le vittime abbiano fiducia nelle forze di polizia e chiedano subito aiuto”.

Infine Gemma Tuccillo, capo del Dipartimento Giustizia minorile e di comunità, sottolinea: “L’osservazione e il trattamento del fenomeno, sempre più allarmante, della devianza giovanile di gruppo, costituisce uno degli obiettivi del Dipartimento Giustizia minorile e di comunità. È pertanto di fondamentale importanza un lavoro, quale quello condotto da Transcrime sulle gang in collaborazione con gli Ussm, che vede la cooperazione di enti ed organismi di ricerca, di Università e del privato sociale, per monitorare ed approfondire segmenti specifici del settore, mediante studi, ricerche, rilevazioni statistiche, analisi qualitative e quantitative e per formulare nuove ipotesi in un settore complesso, che spesso desta allarme sociale, al fine di una proficua crescita condivisa, sia in termini di conoscenza teorica sia di ricadute relative agli interventi operativi ed alle politiche pubbliche e sociali relativamente al recupero e alla sicurezza sociale”.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo su:
Stampa questa notizia