Secondo il rapporto “barometro dell’odio” di Amnesty, a produrre la maggiore quantità di messaggi di odio online è la coalizione di centrodestra. In testa ai temi controversi ci sono immigrazione, minoranze religiose e rom.

Nove contenuti su 100 tra quelli pubblicati online dai politici sono risultati offensivi, discriminatori o hanno incitano all’odio. A rilevarlo è stato il Barometro dell’odio di Amnesty International Italia, che con quella dedicata alle “Elezioni politiche 2022” è giunto alla sesta edizione.

In cinque settimane sono stati raccolti dalle pagine Facebook e dagli account Twitter di 85 politici candidati alle elezioni nazionali circa 29.000 contenuti. Ad analizzarli, uno a uno, è stata una squadra di 50 attiviste e attivisti e esperte ed esperti dell’organizzazione.

Se nel nove per cento dei post e tweet i politici hanno fatto uso del linguaggio d’odio, restringendo la lente ai casi di vero e proprio hate speech un contenuto su 100 incita alla discriminazione di una persona o di un gruppo di persone sulla base di caratteristiche personali o ne chiede la limitazione dei diritti. È il linguaggio d’odio il più “premiato” dagli utenti in termini di like, condivisioni e commenti.

Di tutti i contenuti offensivi e discriminatori osservati, quattro su 10 sono stati attacchi rivolti dai politici ad altri politici, a scapito dei diritti umani, trattati  solo in un quarto dei contenuti.

I temi che sono più spesso stati oggetto di linguaggio d’odio sono immigrazione (53 per cento), minoranze religiose (36 per cento), mondo della solidarietà (35 per cento), Lgbtqia+ (31 per cento) e giustizia di genere (26 per cento). Emerge anche un’altra forma di intolleranza e discriminazione, quella verso le persone in stato di svantaggio socio-economico.

Partiti e politici hanno seguito strategie di comunicazione online diverse. La coalizione del centro-destra ha pubblicato oltre il doppio dei contenuti offensivi e/o discriminatori rispetto alla coalizione del centro-sinistra: il nove per cento rispetto al quattro per cento. Azione-Italia Viva si è collocata al centro col sei per cento, mentre il Movimento 5 Stelle ha avuto un tre per cento di contenuti di questa tipologia.

Guardando ai cinque esponenti politici che hanno pubblicato più post e tweet offensivi, che hanno incitano alla discriminazione e in cui hanno attaccano altri politici, i partiti cui sono riconducibili sono tre: cinque politici della Lega (Matteo Salvini, Manfredi Potenti, Claudio Borghi Aquilini, Edoardo Rixi e Severino Nappi – quest’ultimo non eletto), due di Fratelli d’Italia (Lucio Malan, Roberto Menia), uno di Azione (Carlo Calenda). Sono gli stessi partiti rivelati osservando i nomi dei politici che si sono espressi in modo più discriminatorio rispetto ai diritti umani. “Se i politici quelle energie che mettono nell’insultarsi l’un l’altro le dedicassero a parlare di diritti in modo costruttivo saremmo già un passo avanti nella lotta alla discriminazione. Invece l’intolleranza, l’esclusione sociale, la marginalità partono proprio da qui: dall’assenza dei temi e delle persone nel dibattito pubblico; dalle rappresentazioni stereotipate e dalle generalizzazioni; dal linguaggio d’odio che viene legittimato da chi per primo dovrebbe dare un buon esempio”, ha commentato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

Fonte Amnesty

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