a cura di Fabrizio Carta, dottore commercialista e revisore legale

C’era una vorta un Re cche ddar palazzo/mannò ffora a li popoli st’editto: “Io fo ddritto lo storto e storto er ddritto/pòzzo vénneve a ttutti a un tant’er mazzo/io, si vve fo impiccà nun ve strapazzo/ ché la vita e la robba io ve l’affitto.” Lo scriveva quasi due secoli fa proprio un ragioniere, tale Giuseppe Gioacchino Belli, che per diletto amava scrivere sonetti in rima. La frase più famosa del sonetto la conosciamo tutti, pronunciata dal più celebre marchese del Grillo, e inizia così: “Io so’ io, e vvoi ……………..”

Ecco, in queste pochi versi è racchiuso il concetto dell’attuale situazione politica, che ci vede alle prese con un autonominato sovrano che si attribuisce pieni poteri, senza preoccuparsi di ipotetici dibattiti democratici o di essere contestato da alcuno.

In questi giorni non si fa altro che parlare di proroghe: quella dello stato di emergenza, che viene declamata quanto mai necessaria, che viene pretesa dal nostro Governo, e che sicuramente ci sarà; e poi c’è quella del pagamento delle tasse, richiesta da imprese e professionisti, e che invece non c’è stata. Da oggi fino al 20 agosto, infatti, ci si dovrà presentare alla cassa per versare saldo e acconto delle imposte.

La proroga dello stato di emergenza, che viene assunta per decreto dello stesso consiglio dei ministri, cancella tante libertà, in quanto consente di emanare nuovi Decreti senza passare per i dibattiti parlamentari. Tutti ci aspettiamo di conoscere la durata della proroga e le concrete modalità della sua attuazione; ictu oculi e detto senza polemica alcuna, il sentore è di un abuso dello strumento straordinario.

Dall’altra parte ci sta invece la proroga del versamento delle imposte. L’anno scorso erano bastati dei disagi tecnici conseguenti all’introduzione degli Indicatori Sintetici di Affidabilità (ISA), per convincere il governo a concedere una proroga fino al 30 settembre.

Quest’anno due mesi di chiusura forzata, una devastante crisi di liquidità, calo della domanda, riduzione del fatturato per tutte le aziende, non sono stati ritenuti motivi sufficienti per rimandare di qualche mese il versamento.

Così come sono rimaste inascoltate le richieste provenienti del mondo delle imprese, stessa sorte è toccata alle richieste provenienti dalle categorie professionali dei commercialisti e dei consulenti del lavoro, che in tempo di Covid hanno prestato alla causa tutto il loro tempo ed il massimo della loro professionalità.

Mentre in Italia scoppiava la guerra per avere un grammo di lievito per pane e per pizza, negli studi professionali migliaia di professionisti hanno dovuto studiare ed applicare decreti scritti in fretta e furia e con il piede sinistro, implementare disposizioni cervellotiche, predisporre le richieste di finanziamento alle banche, richiedere la cassa integrazione in deroga, inviare domande per i contributi a fondo perduto e per tutti i vari bonus inventati e senza nessuna logica e coerenza economica, bilancini mensili per le imprese, bimestrali per le attività professionali in gestione separate, ore ed ore di webinar formativi, circolari informative ai clienti ad ogni novità, ed il tutto senza dimenticare l’attività ordinaria.

Per poi sentirsi dire dallo storico Gualtieri che i professionisti sono “persone” (almeno quello), che non hanno diritto a nulla e che tutto è così facile che basta un clic. Non sappiamo se sia un’aperta provocazione, ma la paura più grande è che questi lo credano veramente.

Abbiamo un sistema informatico che, nonostante siano state inventate le più strampalate e bizzarre varietà di comunicazioni telematiche, non riesce ad elaborare correttamente un 730 precompilato manco a pagarlo oro, ed ancora si blatera di semplificazioni a base di registri iva precompilati, versamenti delle imposte mensili predeterminati dall’agenzia delle entrate, con prelievo alla fonte, perché tanto è tutto telematico, eccetera. Non se ne può più, credetemi.

Ed oggi dobbiamo sentirci dire che prorogare non si può, perché mancano otto miliardi di euro. Ed è così che parte il colpo del bazooka, ma stavolta è quello vero e spara al contrario, puntato verso le aziende, pronto a giustiziare migliaia di partite iva.

Molto probabilmente seguirà una moratoria sulle sanzioni, questa la tesi più accreditata, o forse più sperata, ma nel frattempo si esasperano gli animi di chi vive l’economia in pratica, sulla strada, di chi alza ogni giorno la saracinesca, lontani dalle teorie e dalle tesi strampalate di storici prestati alla poltrona.

Il Governo fino a qualche settimana fa diceva che il DPCM di proroga al 20 luglio sarebbe stato solo un provvedimento ponte, ma sappiamo bene in Italia che fine fanno i ponti, con o senza Benetton. E così è stato. Una vergogna senza fine, silente e insidiosa nella sua drammaticità, e i cui effetti potranno essere devastanti.

Come il crollo di un ponte.

 

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