di Fabrizio Carta

144 scadenze concentrate nella sola seconda metà di giugno, più di 1.500 pagine di istruzioni dei modelli dichiarativi, mentre sono in arrivo 479 nuovi provvedimenti necessari a mettere in atto le 737 novità relative ai vari bonus e agevolazioni emergenziali.

Sono questi solo alcuni dei numeri della “semplificazione” del sistema fiscale italiano attualmente in corso.

Mentre i commercialisti, i consulenti del lavoro e gli altri operatori del settore più o meno regolari, vestiti come dei bonzi per andare a corte dell’imperatore, si chiedono “Chi sono, dove sono, quando sono assente di me, da dove vengo, e dove vado”.

Dopo tutti gli adempimenti straordinari di questi mesi, la decodificazione e la decriptazione di testi di legge scritti con il piede sinistro, invii telematici per comunicare all’amministrazione finanziaria anche il colore delle mutande dei contribuenti, si è arrivati alla chiusura dei bilanci e delle dichiarazioni del 2020, l’anno del covid.

Ma per chi si aspettava da parte del Governo una linea morbida che aiutasse gli studi, oberati da mesi e mesi di adempimenti straordinari e diventati passacarte telematici dell’agenzia delle entrate, ha preso un grosso abbaglio.

Anziché agevolare e facilitare le ordinarie operazioni di chiusura dei bilanci e dei dichiarativi, si è pensato bene di implementare nuovi obblighi e nuovi adempimenti a carico dei contribuenti, che frenano ancora di più lo svolgimento della funzione professionale degli studi, mettendo a rischio la possibilità di rispettare puntualmente tutte le millemila scadenze ordinarie (e disordinarie).

Il nostro indefinito e indefinibile legislatore, infatti, con la più cervellotica e disumana asperità d’animo, ha inserito tra gli obblighi dichiarativi un apposito quadro per comunicare gli aiuti di Stato ricevuti a seguito della crisi economica dovuta alla pandemia.

Cioè, il contribuente che ha ricevuto un contributo o un credito d’imposta, e sono finora ben 45, dovrà comunicare all’agenzia delle entrate, che ha concesso e/o erogato il contributo stesso, di averlo ricevuto.

Sembra uno scherzo. Anche a me è sembrato uno scherzo, e pure di pessimo gusto. Ma purtroppo non lo è.

L’agenzia delle entrate, come sappiamo, ha erogato i contributi effettuando un pagamento a mezzo bonifico sull’iban del richiedente, o registrando il credito d’imposta sul cassetto fiscale, tutto questo dopo aver ricevuto, controllato e validato un’istanza appositamente redatta, e alcune volte anche affrontato contenziosi per concederli.

Ma, se il contribuente omette di segnalare in dichiarazione all’agenzia delle entrate quello che la stessa agenzia delle entrate ha fatto, l’agenzia delle entrate, che sa di averlo fatto perché ha già tutti i dati, lo sanziona.

Perché, badate bene, lei sa di averlo fatto, ma il contribuente non glielo ha comunicato.

date bene, lei sa di averlo fatto, ma il contribuente non glielo ha comunicato!

Così, per punizione, il contribuente che non dà indicazione all’agenzia delle entrate di quello che la stessa agenzia delle entrate ha fatto, dovrà restituire quello che gli è stato dato, ma che lui non ha detto di aver ricevuto, ma che l’agenzia delle entrate sa di avergli dato, anche se lui però non gliel’ha detto.

E per un istante ritorna la voglia di vivere a un’altra velocità.

E di salire su uno di quei treni che passano ancora lenti per Tozeur.

Ed è veramente indegno in un periodo come questo, in cui si sono moltiplicati gli adempimenti e ridotti gli incassi per il perdurare della crisi economica, pretendere adempimenti inutili e ridondanti.

I dati richiesti, come avrete già capito, sono già in possesso dell’amministrazione finanziaria, e tutti in qualche modo transitati per i canali telematici dell’agenzia delle entrate, e da questa filtrati e (più o meno idoneamente) valutati.

Esiste però una legge, lo Statuto del contribuente, sconosciuto quanto bistrattato Carneade giuridico, che vieta all’amministrazione finanziaria di richiedere documenti ed informazioni già in proprio possesso.

I commercialisti stavolta non ci stanno e non hanno intenzione di subire ancora una volta questi soprusi in modo inerme. Attraverso i social è stata infatti organizzata una massiccia levata di scudi, che ha lo scopo di intervenire in modo robusto e coeso contro queste ingiuste ed illegittime violazioni, investendo del compito il Garante dei diritti del contribuente, l’organo dello Stato che ha il compito di vietare prassi amministrative anomale o irragionevoli.

Il fisco non finisce ancora di indignarci, con i suoi ritmi ossessivi e i suoi riti tribali.

Ma noi, nonostante il covid, nonostante il fisco, torneremo a ballare nelle balere estive, al rilassante ritmo di sette ottavi, oppure, come i dervishes turners, che girano sulle spine dorsali al suono di cavigliere del Katakali.

Ad maiora!

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