In occasione della nona Giornata mondiale dei poveri (domenica 16 novembre 2025), Caritas Italiana pubblica la ventinovesima edizione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia. A quasi trent’anni dal primo volume “I bisogni dimenticati” (1996), il Rapporto 2025 sceglie di portare al centro del dibattito pubblico quei fenomeni che restano spesso ai margini dello sguardo: disuguaglianze economiche, povertà multidimensionali, azzardo industriale di massa, violenza sulle donne, povertà energetica. Sono i “fuori campo” della società italiana.

In Italia la povertà assoluta coinvolge oggi una quota sempre più ampia della popolazione. Secondo i dati diffusi da Istat il 14 ottobre, il 9,8% degli italiani – oltre 5,7 milioni di persone e 2,2 milioni di famiglie (8,4% dei nuclei) – vive in condizioni di indigenza. Negli ultimi dieci anni il fenomeno è cresciuto in modo significativo: il numero di famiglie in povertà assoluta ha registrato un +43,3%, segno di un processo di radicamento che ha reso la povertà una componente strutturale del tessuto sociale nazionale.

Le rilevazioni della rete Caritas confermano e approfondiscono le tendenze evidenziate dai dati ufficiali, mostrando come alla povertà economica si affianchi spesso una più ampia vulnerabilità sociale e relazionale delle persone.

Nel 2024 i Centri di Ascolto Caritas hanno sostenuto 277.775 famiglie, pari al 12% di quelle in povertà assoluta, con un aumento del 3% rispetto al 2023 e del + 62,6% rispetto al 2014. Tra queste, oltre una su due presenta almeno due forme di disagio appartenenti ad ambiti diversi, mentre una su tre ne manifesta tre o più, a conferma del carattere interconnesso e cumulativo delle povertà contemporanee.

Per leggere meglio questa complessità, Caritas Italiana ha avviato uno studio pilota che ha portato alla costruzione di un indice sintetico di vulnerabilità individuale. Oltre il 67% delle persone con bisogni in tre o più ambiti rientra in una fascia di vulnerabilità medio-alta o alta. Gli interventi puramente assistenziali non bastano più, serve un cambio di paradigma verso politiche integrate e percorsi “capacitanti” che restituiscano alle persone autonomia, dignità e possibilità di futuro.

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