Continuano a far discutere sulla rete le dichiarazioni di Raoul Bova durante il suo intervento ad Atreju, la kermesse di Fratelli d’Italia in corso nei giardini di Castel Sant’Angelo. L’attore ha preso parte al panel ‘Non con la mia faccia. Deep fake, web reputation e odio social’, insieme ad Arianna Meloni, affrontando il tema della reputazione digitale e degli attacchi subiti negli ultimi mesi.
Meloni ha ringraziato l’attore “per il coraggio” di raccontare la propria esperienza e ha sottolineato la necessità di una maggiore educazione digitale per contrastare fenomeni come odio online, manipolazioni e diffusione non consensuale di contenuti privati.
È a questo punto che Bova ha ripercorso in dettaglio l’episodio che ha segnato l’inizio della vicenda.
“Tutto è iniziato da un ricatto vero e proprio. Per tre giorni sono stato tempestato di telefonate: mi chiedevano dei soldi in cambio delle mie chat. Dicevano che, se non avessi pagato, le avrebbero mandate a Corona. La destinazione era già stata decisa”.
Una decisione che, però, non gli ha restituito alcuna forma di sostegno: “La cosa che mi ha ferito è che non ho ricevuto un messaggio di solidarietà. Il messaggio di ritorno non è stato: ‘Hai fatto bene, hai sconfitto chi ti ricattava’. No. Chi ha pagato sono stato io. Ho pagato con un’uccisione pubblica”.
Bova ha descritto il clima di ridicolizzazione seguito alla pubblicazione dei contenuti: “Sono stato sbeffeggiato, ridicolizzato. È diventato tutto virale. La storia ha raggiunto tutti: dalle persone più semplici agli intellettuali. Tutti parlavano di quella parola, ‘occhi spaccanti’, come fosse il tema cruciale dell’estate. Prima delle guerre, prima dei femminicidi, prima delle tragedie vere. Questa è stata l’Italia di quei mesi”.
Un fenomeno che, per l’attore, racconta molto della cultura digitale contemporanea: “Questa vicenda ci deve far riflettere su quanto siamo attratti dal gossip, su quanto ci piace assistere al crollo di qualcuno. È una società malata che si nutre di queste cadute”.
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