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Tenta di farla finita perchè pressata dall’Agenzia delle Entrate e da una burocrazia che può uccidere

Il dramma arriva dal Veneto, ancora una volta. Una regione particolarmente sensibile al tema lavoro, concepito come un valore autentico e che è capace di farti cadere in depressione, negli abissi della disperazione, quando lo vedi in pericolo. A raccontarlo è il marito di una donna, che ha tentato il suicidio, legandosi ad una trave della sua camera da letto. L’imprenditrice  non ha retto a quel peso rappresentato da cartelle esattoriali accumulate per un valore di 300mila euro. Richieste di pagamento più volte sospese da un giudice e anche inviate, ratealizzate, dall’Agenzia delle Entrate. Una burocrazia snervante, con carte bollate faticose da gestire in un paese come l’Italia, dove tutto sembra contro il cittadino. La 50enne, come riporta oggi il Corriere della Sera, era finita nei guai nel 2019, quando la magistratura le contestò la falsa fatturazione relativa all’anno d’imposta 2014. “La sua società avrebbe emesso documenti contabili in favore di una ditta straniera che in un primo momento sembrava inesistente e poi invece sarebbe risultata effettivamente operativa – riporta il Corriere, che grazie alla testimonianza del marito è riuscito a ricostruire la dolorosa vicenda -. L’inchiesta si muoveva lungo i due binari, quello penale e quello tributario che però sembrano non parlarsi”. La donna è stata anche assolta perchè il fatto non sussiste, ma nel frattempo l’Agenzia delle Entrate si era mossa intimando dei pagamenti con rate da 50mila euro cadauno. da quanto emerge, in sostanza, è che mentre il giudice l’aveva dichiarata innocente, l’Agenzia non avrebbe preso atto della sentenza continuando a pressarla.

Una vicenda ingarbugliata come la burocrazia con cui i piccoli imprenditori oggi devono fare i conti, al punto da arrivare a sfinirti.

Il marito della donna, che è ricoverata in rianimazione in prognosi riservata, dichiara di sentirsi al centro di una vera e propria ingiustizia, che non è disposto a pagare quello che lo Stato non può chiedere dato che esiste un verdetto giudiziario. “L’ho confortata, ma mia moglie non ha retto allo stress di una situazione paradossale. Lei era in prima linea da anni nel combattere uno Stato che se la prende sempre con chi è piccolo e debole e mai invece con i veri evasori. Adesso però mia moglie è in coma all’ospedale di Mestre e io mi chiedo: chi ridà alla nostra famiglia la serenità che ci è stata tolta così brutalmente?”.

di redazione AltovicentinOnline