Prima un’inspiegabile tristezza, stanchezza e apatia. Poi un apparente benessere, euforia, coraggio e spregiudicatezza.
Giù e su, su e giù: convivere con un disturbo bipolare è come rimanere per sempre su un’altalena.
Ma scendere si può, a patto di seguire le giuste terapie, che troppo spesso vengono prescritte in forte ritardo a causa di diagnosi mancate ed errate. Il disturbo bipolare, infatti, viene spesso confuso con la depressione e la diagnosi corretta può arrivare con dieci anni di ritardo. In occasione della Giornata mondiale dedicata, che si celebra domani 30 marzo, la Società Italiana di Psichiatria (Sip) lancia un appello a medici e specialisti affinché “non cadano nel tranello di diagnosi frettolose e sbagliate”. Nel programma ‘Caffè e Psichiatria’ in onda domani, sul canale YouTube di Psychiatry online Italia, la presidente Sip Emi Bondi spiega che “un disturbo bipolare curato male, come una ‘normale’ depressione, può avere conseguenze importanti sulla vita dei pazienti. È bene ascoltarli e fare un’accurata anamnesi”.
Il disturbo bipolare è una patologia psichiatrica diffusa. Si stima che a soffrirne sia tra l’1 e il 2% della popolazione italiana, circa 120mila persone. Nel mondo 80 milioni. “Anche se si tende a volte a ironizzare sulla bipolarità, si tratta di una malattia seria – prosegue Bondi – si alternano fasi di profonda depressione, angoscia e tristezza a fasi di estrema euforia ed esaltazione che, talora, può sfociare in comportamenti spregiudicati e pericolosi per sé stessi e gli altri”.
Questa altalena di emozioni, spesso, non viene individuata correttamente. “Innanzitutto, è lo stesso paziente che fa fatica a riconoscerla: mentre l’episodio depressivo è riconoscibile – spiega la presidente Sip – la fase di risalita viene vissuta in maniera positiva. Può esserci scarsa consapevolezza e accettazione nel chiedere aiuto e curarsi. Ma la fase di euforia può essere anche più pericolosa perché il paziente può compiere azioni di cui si pente in seguito e che possono creare il vuoto intorno a sé”. L’alternarsi di fasi può spingere a chiedere aiuto solo nella fase depressiva e il medico a limitarsi a curare solo questa. Intercettando bene e presto la patologia, invece, con l’utilizzo degli stabilizzatori umore è possibile curarla bene.