Mangiar sano è una questione di portafoglio e, su larga scala, una questione di Pil. Nel Terzo millennio frutta e verdura sono diventati cibi per ricchi, che possono permettersi anche più proteine e grassi insaturi. I poveri, invece, devono accontentarsi dei carboidrati e l’unico vantaggio su cui possono contare è una vita più attiva.

A disegnare la mappa dell’alimentazione amica di cuore e girovita è un maxi studio presentato a Monaco di Baviera, in occasione del Congresso 2012 della Società europea di cardiologia (Esc). Gli autori, capitanati da Salim Yusuf, indiano trapiantato in Canada, hanno messo sotto la lente gli stili di vita di 154 mila cittadini in 628 comunità di 17 Paesi nei 5 contintenti, indagando sul tipo di menù, sull’abitudine al fumo e a fare o meno esercizio fisico.

La ricerca, battezzata ‘Pure’ (Prospective Urban Rural Epidemiology), è stata co-coordinata a livello mondiale dal Phri (Population Health Research Institute), sostenuta dal Canadian Institutes of Health Research, dall’Indian Council of Medical Research, da altre organizzazioni e da sponsor privati. Al timone Yusuf del Phri, McMaster University & Hamilton Sciences di Hamilton in Canada. Gli autori hanno osservato innanzitutto che, all’aumentare del Prodotto interno lordo di una nazione, corrisponde un maggior consumo di frutta e verdura. Inoltre, sul totale calorie, la quota fornita da proteine e grassi ‘buoni’ (non saturi) è superiore, mentre è minore il consumo di carboidrati rispetto a quanto si registra nei Paesi con Pil più basso.
‘Zoomando’ sulle abitudini dei cittadini, i ricercatori hanno poi rilevato che quelli più benestanti, e in generale gli abitanti dei Paesi più ricchi, smettono più facilmente di fumare. A conferma di quanto il killer sigaretta colpisca sempre di più nelle nazioni povere o in via di sviluppo. La notizia positiva per i più svantaggiati dal punto di vista economico è il fatto di poter contare su uno stile di vita più attivo: per guadagnarsi da vivere fanno lavori più pesanti, faticano anche a casa e sono costretti a investire molto più tempo e molta più energia per spostarsi da un luogo all’altro. Un esercizio fisico ‘forzato’, con cui – avvertono gli studiosi – il tempo che i più ricchi spendono in palestra, in piscina o a fare jogging al parco non può assolutamente competere.
Lo studio Pure ha coinvolto Canada, Colombia, Cile, Brasile, Argentina, Svezia, Polonia, Turchia, Emirati arabi uniti, Zimbabwe, Sudafrica, Iran, Pakistan, India, Bangladesh, Malaysia e Cina. Le differenze tra poveri e ricchi in fatto di dieta, attività fisica e abitudine al fumo sono risultate meno marcate nelle aree urbane, rispetto a quelle rurali.
Il messaggio lanciato al meeting dell’Esc dagli autori dell’indagine è l’assoluta necessità di ‘personalizzare’ le strategie di prevenzione, sia a livello individuale che da Paese a Paese. Proprio perché non in tutto il pianeta si vive allo stesso modo, ma vizi e virtù cambiano ruotando il mappamondo, “le politiche di prevenzione cardiovascolare – spiega Yusuf – devono focalizzarsi sui diversi stili di vita fra cittadini ricchi e poveri, e tra nazioni ricche e povere”. E’ inoltre fondamentale, sottolinea il ricercatore, “agire per far sì che i cibi sani siano maggiormente disponibili a tutti, su più larga scala”. (Adnkronos)

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