Avverti un forte dolore toracico, un certo affanno anche quando sei a riposo, palpitazioni e capogiri? E’ il caso di contattare un cardiologo. Intervista al  dottor Carlo Dal Lin, medico specialista in cardiologia del Centro Medico San Gaetano di Thiene.

Dottore a chi è consigliata una visita cardiologica?

La visita cardiologica è una visita specialistica finalizzata a stabilire se uno o più sintomi lamentati siano in relazione con un eventuale problema cardiaco. Viene consigliata dal proprio Curante nei casi in cui il paziente denunci sintomi quali dolore toracico, respirazione faticosa (dispnea) a riposo o sotto sforzo, svenimento (la cosiddetta “sincope”), giramenti di capo (“vertigine”), palpitazioni (“cardiopalmo”) o riduzione della forza in generale (“astenia”). La visita cardiologica ha un’importanza fondamentale per quanto riguarda la diagnosi e la cura delle principali patologie del cuore: l’ipertensione arteriosa, la cardiopatia ischemica, lo scompenso cardiaco, le cardiomiopatie, le malattie che riguardano le valvole cardiache e le malattie congenite del cuore.

Quali sono le visite da fare se si avvertono dei problemi cardiovascolari ?

La valutazione della salute del cuore si compone principalmente della visita cardiologica con la misurazione della pressione arteriosa e l’esecuzione dell’elettrocardiogramma. Sulla base di questi primi riscontri il cardiologo potrà richiedere degli esami del sangue (ad esempio: emocromo,

funzionalità renale, ionemia, profilo lipidico e glicemia) ed una serie di esami strumentali ambulatoriali di primo livello (come l’esecuzione dell’ecocardiogramma, di un test da sforzo alla bicicletta o di un ecg secondo Holter) o di secondo livello (come scintigrafia miocardica, risonanza magnetica cardiaca o cateterismo cardiaco e coronarografia) eseguiti in contesto ospedaliero.

Quali sono i soggetti a rischio per una malattia cardiaca?

Esistono certi fattori ed alcune decisioni/abitudini di vita che rappresentano dei “semafori rossi”: se si continua ad ignorare il segnale, prima o poi è probabile che un incidente capiti. Ognuno ovviamente è libero di fare le proprie scelte in campo di salute ma, affidandosi ai segnali del nostro corpo e alle indicazioni terapeutiche del medico, è possibile mettere in atto un completo ed efficace cammino di prevenzione così da ridurre il rischio cardiovascolare globale soprattutto nel caso in cui non si sia avuta alcuna manifestazione di malattia. Per queste ragioni è importante conoscere i fattori di rischio che possono essere modificati tramite un cambiamento di determinate abitudini, senza dover ricorrere necessariamente all’impiego di farmaci o esami complessi ed invasivi.

Ci sono fattori di rischio cardiaco detti “costituzionali” – non modificabili come:

* l’età : il rischio aumenta progressivamente con l’aumentare degli anni perché il tempo “usura” la pompa cardiaca e il sistema vascolare. Per gli uomini il rischio aumenta al di sopra dei 55 anni, per le donne sopra i 65;

* il sesso: i maschi hanno, a parità di altre caratteristiche, un rischio cardiovascolare superiore rispetto alle donne. Nella donna il rischio aumenta sensibilmente dopo la menopausa.

* la familiarità: presenza di parenti con eventi cardiovascolari giovanili (sotto i 55 anni nell’uomo e 65 nelle donne). Va però sottolineato che la predisposizione ad ammalarsi può anche non essere stata trasmessa dai propri antenati o, anche se è stata effettivamente ereditata, non è necessariamente destinata a manifestarsi in quell’individuo.

* la globalizzazione, l’urbanizzazione, l’inquinamento: sono fattori difficilmente modificabili dal singolo paziente, che può comunque cercare di ridurre la propria esposizione a tali elementi. Questi fattori interagiscono poi con determinanti sociali, culturali ed economici di salute (scolarità, abitazione, lavoro).

Ma ci sono soprattutto fattori di rischio che sono invece “modificabili”. Sono i più importanti perché si può agire su di essi adottando provvedimenti in grado di prevenire, ritardare la comparsa della malattie, attenuarne la gravità e le conseguenze.

Ogni singolo individuo è chiamato a scegliere se coltivare la propria salute o arrivare a tentare di curare una malattia conclamata.

Alcuni di questi fattori di rischio sono abitudini nocive di vita, altri sono invece delle condizioni patologiche, spesso asintomatiche, quindi difficili da individuare se non le si va a cercare, che l’individuo sviluppa prima della comparsa della malattia cardiovascolare. I principali fattori di rischio modificabili sono i seguenti:

* Dieta non corretta: in termini di qualità del cibo, quantità, orari e durata dei pasti.

* Sedentarietà: le nostre gambe sono fatte per muoversi e l’attività aerobica regolare rende il cuore e la circolazione più efficienti e resistenti alla fatica, migliorando l’apporto di ossigeno in tutti gli organi. Il cuore allenato pompa una quantità di sangue maggiore con minor dispendio di energie.

* Consumo dannoso di alcool: viene raccomandato di limitare l’assunzione giornaliera di alcool a non più di un bicchiere nelle donne (10 g di alcool) e due negli uomini (20 g di alcool).

* Fumo: è possibile progressivamente sostituire ed abbandonare la dipendenza dal fumo seguendo degli specialisti e con una corretta gestione dello stress.

* Pressione sanguigna alta (= ipertensione arteriosa): se si rilevano valori pressori superiori a 140/90 mmHg è bene approfondire per escludere la presenza di una ipertensione arteriosa. ll cuore che spinge il sangue nei vasi ad alta pressione deve lavorare di più, spendere più energia e col tempo (è, non lo dimentichiamo, un muscolo, in questo caso sottoposto ad uno sforzo continuativo) si ingrosserà e deformerà finendo col diventare a sua volta meno efficiente e più propenso ad ammalarsi. E’ importante curare tale fattore di rischio per evitare anche problematiche renali, cerebrali (ictus ed emorragie) e delle arterie degli arti inferiori.

* Alti livelli di colesterolo nel sangue ( = ipercolesterolemia): è utile rivolgersi a uno specialista nel caso in cui i valori di colesterolo totale siano maggiori di 190 mg/dl. Devono anche essere tenuti in considerazione i livelli della frazione di colesterolo LDL che rappresenta il colesterolo che tende a depositarsi e a danneggiare le pareti dei vasi sanguigni (il colesterolo “cattivo”) e che dovrebbe idealmente essere al di sotto dei 115 mg/dl. Il colesterolo HDL è invece la frazione del colesterolo destinato ad essere eliminato efficacemente dal nostro organismo e per questo alti valori di HDL hanno una funzione protettiva (il colesterolo “buono”). Occorre porre attenzione a tale fattore di rischio perché è legato alla formazione di “incrostazioni” delle arterie che ostacolano il passaggio di sangue, potendo determinare, nel tempo, un infarto cardiaco o un ictus.

* Sovrappeso o obesità: in questo caso il cuore e i vasi devono portare sangue ad una massa corporea maggiore e fare più lavoro che li affatica: è come se si portasse continuamente, giorno e notte, sulle proprie spalle uno zaino pesante senza accorgersene. I soggetti in sovrappeso hanno maggiore probabilità di sviluppare iperglicemia, diabete mellito, ipercolesterolemia ed ipertensione arteriosa. Una dieta equilibrata, unitamente ad un’attività fisica adatta alle condizioni personali di ciascuno possono essere di grande aiuto non solo per perdere con gradualità e buon senso i chili in eccesso ma anche per ridurre l’entità degli altri fattori di rischio eventualmente associati.

* Diabete mellito: alti livelli di zuccheri nel sangue fino allo sviluppo del diabete mellito possono danneggiare gravemente nel tempo il sistema vascolare ed aumentare il rischio di malattie del cuore e del sistema vascolare. Un efficace controllo della glicemia è uno dei principali obbiettivi della prevenzione cardiovascolare nel diabete e deve essere perseguito con la dieta, la riduzione del sovrappeso, che spesso è presente nei soggetti che sviluppano intolleranza agli zuccheri oppure, se queste misure non risultano sufficienti, facendo ricorso ai farmaci detti appunto “ipoglicemizzanti” che devono essere assunti sotto stretta sorveglianza da parte del medico.

* STRESS: lo stress mentale è attualmente riconosciuto un importantissimo fattore di rischio per moltissime patologie tra cui quelle cardiovascolari. Il nostro corpo è come una corda di chitarra: se la tiri troppo si spezza, ma se non la tiri a sufficienza non suona bene, non è performante. Quindi lo stress non va “eliminato”, ma va correttamente modulato e gestito. Quello che ognuno di noi pensa di sé stesso, degli altri e della vita non rimane confinato nel suo cervello ma accende emozioni coerenti con la tipologia di pensieri che fa che si scrivono poi nel corpo come benessere/salute o malessere/malattia. O si è sereni e rilassati o si è stressati, e mai contemporaneamente. La risposta di ciascuno di noi allo stress può entrare indirettamente in gioco, nel modificare il rischio di un individuo di sviluppare una malattia cardiovascolare: sotto stress si tende a mangiare di più, a fumare di più, ad avere

la pressione più alta… Bere una quantità eccessiva di alcool può aumentare la pressione, aumentare i grassi nel sangue e favorire l’obesità… non così un moderato consumo di alcool.

Il cardiologo moderno ha acquisito competenze maggiori rispetto un tempo, mi indica quali sono?

Oggigiorno la tecnologia ha messo a disposizione del cardiologo moltissime informazioni che fino a 20-30 anni fa non esistevano. Con le ecocardiografie moderne e con la risonanza magnetica del cuore riusciamo a vedere persino moltissimi dettagli della struttura interna del muscolo cardiaco; con dei piccoli tubicini si riescono ad aprire le arterie del cuore ostruite persino in una situazione di emergenza; con dei piccoli elettrodi si riescono a mappare le aritmie cardiache e ad interrompere i cortocircuiti che le causano in modo non invasivo e a paziente sveglio. Ovviamente tutto ciò ha determinato la necessità da parte del medico cardiologo di specializzarsi sempre di più, abbinando alle conoscenze cliniche “classiche” quelle relative alla tecnologia che utilizza nella pratica quotidiana.

E’ anche vero che attualmente il mondo medico si sta interrogando molto sui reali benefici legati all’eccesso di tecnica nell’esercizio della nostra professione. Per citare un passo del libro “Slow Medicine” di G. Bert, A. Gardini e S.Quadrino: “spesso il percorso di diagnosi, che ci piacerebbe immaginare netto, scientifico, ben definito, si trasforma in un labirinto in cui sia il paziente, sia i curanti rischiano di perdere l’orientamento, e di entrare in quella dinamica del “sempre di più” che in verità non produce né maggior salute né maggior benessere, anzi potrebbe essere fonte di medicalizzazione inutile…Nel labirinto di esami sempre più sofisticati, specialisti sempre più specializzati, il cittadino rischia di perdersi o di essere trascinato nel meccanismo perverso del dottor-shopping: la ricerca di altri medici più competenti, di specialisti più specializzati, di esami più sofisticati, che ne trascinano con sé altri e a volte conducono a interventi di cura a loro volta inappropriati, inutili o eccessivamente rischiosi”.

La prevenzione su che cosa fonda i suoi principi ?

Il principio della prevenzione è il mantenimento della salute dell’individuo nella sua interezza ed in tutte le sue dimensioni. Il modo con cui ognuno di noi “si parla dentro”, come questo influisca poi sul proprio stile di vita, nonché i segnali del nostro corpo, rappresentano il terreno in cui si radica la nostra salute. È davvero possibile curare un albero senza curare il terreno e la foresta che lo circonda? Il frutto dipende dal ramo, il ramo dal tronco e il tronco dalle radici e dal terreno in cui è piantato. Ciò che siamo deriva dalle nostre radici e/o da quello in cui ci siamo radicati. Stabilendo le radici, si decideranno i frutti.

Stefania Zilio

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