Se esiste un limite massimo per l’aspettativa di vita umana, la nostra specie non è ancora affatto vicina a questa soglia. Questo, almeno, è quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Plos One, condotto dagli scienziati del Terry College of Business, presso l’Università della Georgia, e del Muma College of Business, presso l’Università della Florida Meridionale. Il gruppo di ricerca, guidato da David McCarthy e Po-Lin Wang, ha analizzato i dati storici sulla mortalità della popolazione in 19 paesi industrializzati.

La scienza, spiegano gli studiosi, si chiede da tempo se e quanto l’aspettativa di vita umana potrà cambiare nei prossimi decenni. Per rispondere a questo interrogativo, gli autori hanno valutato i dati storici per coorte di nascita sulla mortalità nelle fasce di età comprese tra 50 e 100 anni.

Aumentano i record di longevità

Ultimamente, osservano gli esperti, i record di longevità non sono aumentati notevolmente, probabilmente a causa delle differenze intrinseche nelle coorti di nascita. La popolazione nata tra il 1900 e il 1950 sembra però associata a un rinvio della mortalità senza precedenti, anche se le età medie non hanno ancora raggiunto veri e propri valori da guinness.

Nei prossimi decenni, quindi, ipotizzano gli esperti, si potrebbe assistere a un notevole incremento della durata di fine vita. “I nostri risultati – scrivono gli autori – avvalorano quanto emerso da rapporti precedenti, secondo cui se anche esiste un limite massimo per la durata della vita umana, non ci stiamo avvicinando a tale soglia”. Il gruppo di ricerca ha osservato notevoli differenze tra le varie coorti di nascita che potrebbero dipendere da eventi epidemici o dalle fluttuazioni climatiche, come anche dall’avvento di guerre e carestie.

Questi fattori, spiegano gli studiosi, possono incidere sui tassi di mortalità che si verificano a livello di popolazione. Gli effetti dell’anno solare, commentano gli scienziati, sembrano più significativi per le coorti precedenti, anche se tendono a diminuire dopo la Seconda guerra mondiale, probabilmente grazie a una maggiore prosperità, dovuta anche ai progressi tecnologici e ai miglioramenti nello standard di vita e nell’assistenza sanitaria. Nella maggior parte dell’arco di tempo analizzato, però, l’aspettativa di vita non è aumentata, e i miglioramenti nella durata media della vita sono attribuibili piuttosto a una riduzione della mortalità.

I progressi in ambito clinico, igienico e sanitario hanno infatti permesso a moltissime persone di vivere più a lungo. Si pensi, ad esempio, alle prospettive di salute dei pazienti che contraggono l’Aids o alcune malattie autoimmuni, un tempo considerate letali. “Abbiamo comunque riscontrato delle piccole differenze nel plateau della mortalità – scrivono gli studiosi – e questo suggerisce che l’espansione massima della vita umana potrebbe non essere affatto fissa”. In particolare, riportano gli autori, la popolazione femminile nata nella seconda metà dell’Ottocento è stata associata a un incremento di circa cinque anni nell’aspettativa di vita.

Successivamente, tra le coorti nate tra il 1910 e il 1950 è stato osservato un aumento in questo valore fino a dieci anni. “Secondo le nostre stime – commentano gli esperti – entro il 2060 potrebbe verificarsi un nuovo aumento dell’aspettativa di vita. Ci sono diverse ipotesi potenzialmente valide per spiegare questi dati, e allo stesso tempo è possibile che l’effetto della pandemia sulle persone anziane abbia alterato le chance di sopravvivenza di questa sotto-coorte”. “Sarà necessario condurre ulteriori approfondimenti – concludono gli scienziati – per comprendere le implicazioni sulle società, sulle economie nazionali e le vite individuali delle popolazioni in risposta a questa variazione nell’aspettativa di vita”.

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