Portarsi in ufficio il pranzo nella cosiddetta ‘schiscettà e scaldarlo al microonde in maniera non appropriata può contribuire al rilascio di microplastiche nell’ambiente. E’ quanto emerso da uno studio coordinato dall’Università Statale di Milano, in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca e svolto presso Eos, un’azienda che sviluppa una tecnologia per la caratterizzazione ottica di polveri ideata nei laboratori di Fisica dell’Università Statale di Milano, chiamata “Spes” (Single Particle Extinction and Scattering).

L’idea di verificare se i contenitori alimentari in plastica scaldati al microonde rilasciassero micro e nanoplastiche è partita da Eos che ha utilizzato la tecnologia “Spes” evidenziando la formazione sistematica di nano e micro-sfere di plastica durante il riscaldamento di acqua pura, un esperimento controllato volto a simulare quanto avviene durante il riscaldamento del cibo. ‘
Spes’ è un metodo innovativo che permette di classificare nano e micro particelle in maniera molto precisa e completa, spiega Marco Pallavera, direttore Ricerca e sviluppo della Eos, ideatore del protocollo di misura utilizzato nello studio e primo autore dell’articolo. “Lo studio, iniziato quasi per curiosità, ha subito mostrato l’adeguatezza del nostro metodo a costruire un protocollo solido e affidabile per il problema in studio”, continua Tiziano Sanvito, che amministra l’azienda fin dalla sua fondazione nel 2014.
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