È pubblicata sul sito dell’Inps la circolare relativa all’erogazione del ‘Reddito di libertà’ per le donne vittime di violenza, misura introdotta dall’articolo 105-bis del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, recante ‘Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19’ e disciplinata con il DPCM del 17 dicembre 2020 a firma della ministra alla Famiglia e alle Pari opportunità Elena Bonetti.

LA CIFRA MASSIMA È DI 400 EURO AL MESE

Il ‘Reddito di libertà’, per il quale con riferimento all’annualità 2021 sono stanziati 3 milioni di euro, è riconosciuto alle donne, con o senza figli minori, seguite dai Centri antiviolenza nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, per contribuire a sostenerne l’autonomia. È stabilito nella misura massima di 400 euro pro capite su base mensile, per un massimo di 12 mensilità. La domanda deve essere presentata all’Inps per il tramite degli operatori comunali del Comune di residenza.

BONETTI: “MISURA DI STRAORDINARIA IMPORTANZA”

“Finalmente il reddito di libertà è operativo- spiega la ministra Bonetti-. Una misura di straordinaria importanza, che aiuta le donne vittime di violenza a intraprendere un percorso concreto di riappropriazione della propria libertà e della propria autonomia, una prospettiva di salvezza e di speranza. Il reddito di libertà è stato introdotto grazie a un emendamento a prima firma Lucia Annibali, alla quale sono profondamente grata per l’impegno profuso, e ha ottenuto di fatto una condivisione trasversale. Fa parte degli strumenti messi in campo nell’ambito del nuovo piano nazionale di contrasto alla violenza maschile contro le donne, nell’asse di promozione dell’autonomia e del protagonismo. Le donne non soltanto devono essere sostenute nella fase di denuncia ma sapere che non saranno lasciate sole e che per combattere la violenza economica mettiamo in campo anche misure di sostegno e di investimento come il reddito di libertà e il microcredito di libertà” conclude.

Numeri preoccupanti e scarsa fiducia nella giustizia

 

“Sono 96 le donne uccise nel nostro Paese da inizio 2021: 82 sono state uccise in ambito familiare o affettivo (Viminale). Senza una seria strategia contro gli abusi e le violenze domestiche non ridurremo questa strage e non arriveremo alla radice del problema” scrive in una nota Laura Scalfi, direttore Generale dell’Istituto G. Veronesi e di Liceo Steam International. “La prevenzione della violenza- continua Scalfi- necessita di un approccio totale al problema. Bisogna intervenire nella sfera domestica e famigliare della violenza attraverso, in primis, l’educazione nelle scuole e la costruzione di spazi inclusivi e di confronto in cui gli uomini e le donne di domani coltivino i principi di uguaglianza di genere e di rispetto della dignità di ogni essere umano in quanto tale. Troppo spesso manca la preparazione alla comprensione della violenza negli ambienti di lavoro, nei tribunali, nelle caserme e purtroppo anche a casa e nelle scuole, che restano spesso l’ultimo baluardo dello stato contro situazioni di violenza e il primo teatro in cui intervenire per prevenire e combattere discriminazioni”. “Oggi- conclude Scalfi- troppe donne non si fidano del sistema della giustizia: appena il 10% delle vittime di violenza denuncia (Istat). Questo significa che le leggi e le pene attuali non bastano a servire lo scopo di un correttivo permanente che dia alle donne strumenti e canali efficaci con cui difendersi. Serve fare molto di più sia nei processi di giustizia che nella prevenzione della violenza attraverso l’educazione e lo sviluppo di una strategia mirata alla sfera della famiglia e degli affetti”

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