Monte di Malo è un piccolo comune che serba la memoria di un’epoca ormai tramontata e che assiste alla chiusura della storica cava di calce, inaugurata all’alba del ‘900 da Antonio Rossi. La “Calcara”, così denominata per l’attività di produzione della calce, rappresenta non solo un capitolo fondamentale della storia industriale locale ma anche il cuore pulsante di una comunità che ha vissuto, lavorato e condiviso momenti indimenticabili. Giuliana Emanuela Rossi, con gli occhi lucidi di nostalgia, ci trasporta in un viaggio attraverso i ricordi di suo nonno, la cava e la vita quotidiana di un tempo.

Un legame indissolubile con la terra

“Finisce il 31 dicembre 2023 una storia durata oltre 100 anni.” così inizia il racconto dei lontani ricordi di Giuliana, che con affetto e malinconia, riporta alla memoria la vita vissuta con il nonno Antonio Rossi, pioniere di quella che divenne non solo un’attività economica ma l’anima stessa della zona di Monte di Malo. La calce, prodotta attraverso un lavoro manuale e instancabile, trovò impiego non solo nella costruzione e nella disinfezione ma servì anche, nei momenti più bui della storia, come durante la Seconda Guerra Mondiale, per mantenere puliti e disinfettati i locali delle manifatture Marzotto.

Ricordi di comunità e tradizioni condivise

Ma oltre al valore industriale, è il tessuto sociale e comunitario che Giuliana desidera evidenziare: “Era una contrada molto unita, si era formato un gruppo di persone che si riunivano per feste e picnic che si facevano insieme, poi nel tempo le cose cambiano.” Questi momenti di aggregazione, dove le famiglie della “Calcara” si riunivano, condividendo gioie e dolori, feste e lavoro, rappresentano l’essenza di una comunità ora minacciata dall’oblio.

Tra gli aneddoti personali che Giuliana ci regala, emerge l’immagine vivida di una vita semplice ma ricca di significato: “Avevo circa 4-5 anni, c’era l’osteria e il negozietto di mia mamma, eravamo due famiglie molto unite.” Racconti di serate danzanti, di tavoli imbanditi che formavano una U, di un maiale con la mela in bocca aveva una sera terrorizzato una giovane Giuliana, e di uomini che, dopo aver festeggiato, finivano per dormire nei fossati. “Quante risate quando, insieme ad amici di allora, ci riuniamo e ricordiamo ad esempio di alcuni clienti di mia madre che magari avevano un’allevamento e non erano proprio pulitissimi. Ricordo di uno che si inondava di deodorante Rexona e l’altro di Pino Silvestre, mescolato all’odore della stalla era davvero un mix eplosivo. Aneddoti di poco conto ma allora, e ancora oggi, strappavano un sorriso genuino. ” E poi, il walzer, l’unico ballo che Giuliana sa fare, insegnatole dal padre in quelle stesse serate di allegria.

Il futuro della Calcara: tra memoria e sviluppo

Oggi, la cava e i forni di calce chiudono, e con essi si chiude un capitolo importante della storia di Monte di Malo. La zona, una volta vibrante di vita e di lavoro, si trova ora ad affrontare nuove sfide, compresa la pressione dello sviluppo industriale che minaccia di cancellare il ricordo di ciò che era. Giuliana, pur riconoscendo l’importanza dello sviluppo economico, sottolinea la necessità di trovare un equilibrio che rispetti la memoria e l’identità del luogo: “Corretto ed equo valorizzare chi porta posti di lavoro e risorse utili al bene del piccolo comune, ma a volte semplicemente si potrebbe salvaguardare il territorio, fare scelte oculate e dedicare attenzione alle persone che ci vivono da tempo.”

L’eredità di Antonio Rossi e della sua Calcara vive nei ricordi di Giuliana Emanuela Rossi e della comunità di Monte di Malo. Questa storia, ricca di lavoro, tradizioni e cambiamenti, ci ricorda l’importanza di preservare il nostro passato, mentre guardiamo al futuro con speranza e determinazione.
Con la chiusura della Calcara, Monte di Malo non perde solo un’attività industriale ma un pezzo della sua anima. La sfida che attende la comunità è quella di riscoprire e valorizzare le proprie radici, in un equilibrio tra memoria e innovazione, per costruire un futuro in cui la storia e le persone continuino a essere protagoniste.

Laura San Brunone

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