È stato eseguito nei giorni scorsi all’ospedale di Santorso un maxi intervento chirurgico su una donna affetta da neoplasia bilaterale della mammella e portatrice di mutazione genetica di tipo BRCA1: durante la procedura, durata oltre 6 ore, è stata eseguita una doppia mastectomia con contestuale ricostruzione plastica e asportazione chirurgica laparoscopica delle ovaie.
Il tutto grazie ad un’equipe multidisciplinare composta da chirurghi senologi, chirurghi plastici e ginecologi, oltre agli anestesisti, ai quali, considerando la gestione complessiva della paziente si aggiungono altre figure essenziali quali gli specialisti di Radiologia, Anatomia Patologica, Oncologia e Radioterapia, Fisiatria.
«Complessivamente la presa in carico della paziente ha visto coinvolti, in stretta collaborazione, una dozzina di specialisti (oltre a più equipe infermieristiche) – spiega il dott. Enrico Di Marzio, direttore dell’U.O.C. Chirurgia Senologica dell’ULSS 7 Pedemontana –. Questo a dimostrazione dell’approccio multidisciplinare con cui ogni paziente viene seguito, in cui ogni singolo professionista porta la propria specifica competenza ed esperienza. Insieme si costruisce il piano terapeutico, che nel caso specifico prevedeva anche un periodo di chemioterapia neo-adiuvante, ovvero svolta prima dell’intervento (che, quando indicata ed eseguibile, incrementa di circa il 15-20% il tasso di sopravvivenza agendo direttamente sulla quota di possibili microcellule tumorali circolanti ed evitando così che questo possa dar luogo a metastasi); inoltre questa procedura permette poi di ridurre la quota di massa tumorale (anche in maniera completa) permettendo un intervento più conservativo.
«La capacità di eseguire interventi complessi con il coinvolgimento di molteplici specialisti evidenzia la crescita della Chirurgia Senologica della nostra Azienda – sottolinea il Direttore Generale Carlo Bramezza -, che garantisce ai pazienti un percorso di presa in carico integrato e multidisciplinare, all’interno del quale vi è un grande affiatamento tra tutte le figure coinvolte. Questo è un risultato importante, sul quale anche come Direzione abbiamo puntato molto, e insieme alla disponibilità delle più avanzate metodiche diagnostiche rappresenta un messaggio importante per i pazienti, che devono sapere di poter contare nei loro ospedali sulle migliori cure, in sinergia con l’organizzazione della Rete Oncologica Veneta».
Nel caso specifico della paziente operata, un particolare fattore di rischio era rappresentato dalla mutazione genetica di tipo BRCA1, che come noto aumenta il rischio di sviluppare tumori al seno e alle ovaie. «L’analisi genetica sta divenendo una realtà sempre più presente e da considerare per molti tipi di tumore – spiega ancora il dott. Di Marzio – non solo per il gene BRCA1 (reso famoso dall’attrice Angelina Jolie) la cui mutazione si presenta in circa l’1,4% delle donne, ma anche per il gene BRCA2 ed altri geni in corso di studio, mutazioni associate ad un incremento del rischio di sviluppare anche altri tipi di tumore come quelli alla prostata, allo stomaco o al pancreas (oltre a quello della mammella e dell’ovaio). La ricerca sulle correlazioni tra mutazioni genetiche e rischio tumorale sta facendo grandi progressi e sul piano diagnostico è oggi possibile svolgere test per verificare la presenza di tali mutazioni (ricordando però di rimanere sempre nell’ambito dei rigorosi criteri di appropriatezza che sono stati identificati per questi tipi di test)».
La possibilità di valutare la predisposizione genetica apre infatti nuovi scenari nella gestione dei pazienti: «Innanzitutto bisogna contestualizzare il rischio: per quanto riguarda il tumore mammario, al momento la predisposizione genetica è responsabile dello sviluppo di circa il 7% dei tumori, mentre si stima che l’obesità ne sia responsabile per circa il 30% dei cancri diagnosticati; rimane pertanto, da rimarcare l’importanza della prevenzione attraverso uno stile di vita sano. Inoltre, nel caso in cui il test evidenzi effettivamente la presenza di una mutazione genetica, va valutato con grande attenzione in base alla paziente se procedere con un intervento profilattico (come spesso succede in America) oppure solo con una stretta sorveglianza clinica (come più spesso capita nei paesi Europei) tenendo conto come tali interventi siano impattanti sulla fisicità e sulla sfera psicologica di una giovane donna. Recentemente, per esempio, ci siamo trovati a diagnosticare la mutazione genetica BRCA1 in una paziente molto giovane (la cui mamma aveva già sviluppato il tumore e per questo ne era molto impaurita): duranti i colloqui, svolti anche con la collaborazione della figura dello Psicologo (parte integrante del nostro gruppo), ci siamo accorti come un intervento preventivo avrebbe avuto pesanti conseguenze psicologiche sulla paziente stessa e per questo abbiamo optato, assieme alla stessa paziente e alla mamma, di procedere con un piano di stretti controlli periodici (come indicato negli schemi di raccomandazione Europea). Una volta di più dunque si evidenzia come l’approccio diagnostico-terapeutico debba essere sempre più personalizzato».
In generale oggi quando viene effettuata una diagnosi di tumore abbiamo molte più informazioni sulla malattia: possiamo sapere ad esempio se sia “ormonale” o “triplo negativo”, con quale velocità stia crescendo, se presenti fattori che ne favoriscano la diffusione: questa conoscenza è alla base di percorsi di cura sempre più personalizzati e dunque più efficaci». A questo riguardo, anche presso l’Ulss7 Pedemontana è stato introdotto nell’ultimo anno l’utilizzo di una nuova metodica diagnostica, l’esame “Oncotype DX”: «questo esame consente ai nostri oncologi, ed in determinate pazienti, una stima molto più accurata dei possibili benefici dell’utilizzo della chemioterapia in corso di terapia adiuvante (terapia effettuata dopo l’intervento chirurgico).