Col il 68,1% della popolazione over 12 con almeno una dose ricevuta, l’Italia si avvia verso quota 35 milioni di cittadini che hanno portato a termine i due cicli di inoculazione previsti.
Una campagna che prosegue ora rinvigorita dopo le dichiarazioni del governo e l’entrata in vigore del green pass lo scorso venerdì 6 agosto: un tour de force verso l’immunità di comunità che dovrebbe scattare con una popolazione immunizzata almeno all’80% – prima dell’avvento della variante delta l’OMS aveva fissato tale soglia al 70%.
Ma se da un lato la macchina dell’emergenza gestita dal general Figliuolo continua la sua marcia verso traguardi più sicuri, dall’altro specie dopo l’introduzione del green pass si sono acuite le proteste di una fetta di popolazione che ai vaccini non vuole credere e che vede nelle imposizioni previste dal passaporto sanitario una violenta limitazione della libertà personale.
Proteste che ancor prima delle piazze invadono anche i social con dati e fonti nella maggior parte dei casi non citate. Ma se l’opinione è sempre legittima, è bene però non confonderla con la realtà e con numeri che da soli raccontano più di mille parole.
Un dato non molto diffuso a tal proposito è quello fotografato da EuroMoMo, che in collaborazione con il Ministero per la Salute danese ha evidenziato come i vaccini abbiano già avuto un fortissimo effetto di riduzione dei decessi , il tutto misurato tramite il dato sull’eccesso di mortalità in Europa: tra febbraio e metà giugno 2021 i vaccini in Europa avevano probabilmente già salvato circa 113.000 vite.
In tempo quasi reale, il monitoraggio rileva l’impatto della pandemia da nuovo coronavirus sul numero di persone che perdono la vita, mettendo a confronto il numero di deceduti in ciascuna settimana dell’anno con quello ‘atteso’ in assenza di epidemie influenzali (e, ovviamente, in assenza della pandemia stessa). EuroMoMo raccoglie i dati sulla mortalità provenienti da 23 Paesi europei (inclusi i più grandi, come Italia, Germania, Francia, Regno Unito e Spagna) più Israele.
“Ma la cosa più importante che accade” – dichiara Matteo Villa, uno degli analisti del prestigioso ISPI – “è che è stata ancora raccontata troppo poco, è una peculiarissima inversione degli eccessi di mortalità. Come ben si vede, la riga rossa dell’eccesso di mortalità riferito alle persone over-85 scende addirittura sotto lo zero (ovvero, in questo periodo ci sono meno morti tra le persone over-85 di quanto ci sarebbe potuti attendere in anni “normali”), e ciò accade mentre la riga azzurra e quella blu che comprendono le persone di età compresa tra i 45 e i 74 anni continuano a far registrare eccessi di mortalità ancora elevati, intorno al +10% per diverse settimane. Insomma: le persone molto anziane stanno morendo molto meno delle persone più ‘giovani’! Anzi, l’effetto delle misure di contenimento sembra addirittura ridurre la letalità per questa categoria rispetto alla media degli anni passati (ovviamente il motivo va ricercato nel fatto che nel corso dell’inverno, con misure di contenimento in vigore, l’influenza stagionale è stata praticamente eradicata”.
A confermare la bontà di un dato tanto incoraggiante si aggiungono le ultime rilevazioni pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità: anche in presenza della variante delta il vaccino rimane uno scudo fondamentale con un grado di protezione attestato ben oltre il 70% al termine del ciclo vaccinale.
Numeri che però hanno bisogno di abbinarsi ad un requisito imprescindibile: una soglia di attenzione che non può abbassarsi e comportamenti necessariamente avveduti a fronte di un virus che comunque continua a circolare, muta e non demorde.
E per sbarrargli la strada ed estirparlo servirà non solo convincere gli indecisi ma affiancare una campagna di informazione sempre più pulita dai pareri fini a sè stessi e ‘riparata’ dalla diatriba tra opposte fazioni: se il partito dei ‘no vax’ rimarrà fermo nelle barricate, molti dubbiosi potranno invece giovare di dati inconfutabili. Al netto di teorie e strumentalizzazioni.
Marco Zorzi