Eco e sismabonus in fattura, il Governo tira dritto bocciando l’emendamento abrogativo all’articolo 10 del Decreto Crescita, e ponendo sul testo il voto di fiducia: adesso le disposizioni sono legge. Così monta la rabbia pure tra gli impiantisti vicentini, per un incentivo giudicato come eccessivamente sbilanciato a favore dell’acquirente, e difficile da sostenere per le casse dei piccoli imprenditori.

Com’è noto, con le nuove regole le detrazioni riconosciute a chi investe per il miglioramento energetico o per la sicurezza sismica degli edifici possono essere richieste subito come sconto sul prezzo d’acquisto del bene o della prestazione professionale. Questo come scelta libera e alternativa alla classica misura delle detrazioni spalmate in 10 anni all’interno della dichiarazione dei redditi. A farsi carico di tali “corridoi rapidi” d’incentivo è direttamente il fornitore o il prestatore d’opera, che rinunciando subito – o per 5 anni – a una parte degli incassi diventa titolare di un credito d’imposta da far valere a sua volta nei confronti del Fisco.

«Si spostano e si mescolano cifre – osserva Renato Pesavento, Portavoce Termoidraulici CNA Vicenza – dimenticando però che nel lavoro non vale sempre la proprietà commutativa. È vero, l’incentivo così è molto allettante per l’acquirente: chi non comprerebbe un prodotto con uno sconto immediato del 50 o del 65% sul prezzo di listino? Il problema è che però il vantaggio di alcuni lo pagano altri: lo sconto forzato diventa mancato incasso per il venditore o l’installatore, con ripercussioni sul flusso di cassa. Per le maggiori realtà di settore, abituate ai grandi numeri, questo incide poco. Anzi una migliore “capacità di resistenza” al peso dell’incentivo può diventare ulteriore elemento di appeal per la clientela. Ma i piccoli installatori come possono farcela?»

L’articolo 10 prevedrebbe la possibilità della cosiddetta seconda cessione del credito, vale a dire l’ipotesi che anche il fornitore/prestatore d’opera ceda a sua volta lo stesso credito d’imposta ricevuto dal cliente ai propri fornitori di beni o servizi (ad esclusione di banche e intermediari finanziari).

«Ma nessuno vuole giocare al gioco della patata bollente – continua Pesavento -. Anche qui nel Vicentino sta iniziando infatti a diffondersi la prassi, da parte dei fornitori di beni e servizi alle imprese che realizzano gli interventi, di inserire nelle offerte e nei preventivi una clausola di salvaguardia con la quale si vincola l’impresa a rinunciare espressamente al trasferimento del credito d’imposta derivante dallo sconto in fattura legato all’Ecobonus. Che sia una pratica commerciale scorretta vi sono pochi dubbi. Ma è altrettanto evidente l’impraticabilità della nuova disposizione del Decreto Crescita».

A contrasto di una misura giudicata da CNA negativamente sotto tutti i punti di vista, l’associazione si è attivata con un esposto all’Autorità Antitrust e alla Commissione Europea per accertare l’illegittimità dell’articolo 10 per violazione del diritto della concorrenza. In queste ore gli uffici CNA del territorio stanno raccogliendo le testimonianze delle imprese di settore: gli impiantisti interessati a manifestare la propria opinione possono contattare il numero 0444 569 900 oppure scrivere una mail a mestieri@cnavicenza.it.

Ufficio Stampa Cna

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