“Nel periodo compreso tra il 21 aprile e il 4 maggio, l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,86 (range 0,74-0,94), in diminuzione rispetto alla settimana precedente (quando si attestava a 0,89 ndr), e sotto l’uno anche nel limite superiore”. È quanto emerge dalla bozza del monitoraggio settimanale sul Covid-19 dell’Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute. “Questa settimana continua il calo nell’incidenza settimanale: 103 per 100.000 abitanti (03/05/2021-09/05/2021) vs 127 per 100.000 abitanti (26/04/2021-02/05/2021). La campagna vaccinale progredisce sempre più velocemente, ma l’incidenza resta elevata e ancora lontana da livelli (50 per 100.000) che permetterebbero il contenimento dei nuovi casi”.

 

PROSEGUE IL CALO DEI RICOVERI

La bozza del report segnala anche che “scende il numero di Regioni/PPAA che hanno un tasso di occupazione in terapia intensiva e/o aree mediche sopra la soglia critica (3 Regioni/PPAA vs 5 della settimana precedente). Il tasso di occupazione in terapia intensiva a livello nazionale è sotto la soglia critica al 23% (la settimana scorsa era al 27% ndr), con una diminuzione nel numero di persone ricoverate che passa da 2.423 (04/05/2021) a 2.056 (11/05/2021). Per quanto riguarda i ricoveri ordinari, il monitoraggio settimanale riporta che “il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale scende ulteriormente (24%). Il numero di persone ricoverate in queste aree passa da 18.176 (04/05/2021) a 14.937 (11/05/2021)”.

AUMENTANO I NUOVI POSITIVI RILEVATI CON IL TRACCIAMENTO

Per quanto riguarda i nuovi casi, il report spiega che “per i tempi che intercorrono tra l’esposizione al patogeno e lo sviluppo di sintomi e tra questi e la diagnosi e successiva notifica, verosimilmente molti dei casi notificati in questa settimana hanno contratto l’infezione nella seconda metà di aprile. Si osserva una ulteriore diminuzione nel numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione (19.619 vs 24.397 la settimana precedente). La percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti è in aumento (40,3% vs 38,6% la scorsa settimana). Stabile la percentuale dei casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (38%,0 vs 38,3%). Infine, il 21,7% è stato diagnosticato attraverso attività di screening.

I segni che il Sars-Cov-2 lascia sull’organismo a prescindere dal grado della malattia avuta possono durare mesi e avere conseguenze sulla respirazione, le capacita’ fisiche e la psiche. Uno stato generale di affaticamento detto anche ‘long Covid’ che si puo’ recuperare nella maggioranza dei casi in maniera totale grazie alla riabilitazione soprattutto respiratoria. L’agenzia di stampa Dire ha approfondito l’argomento con il professor Michele Vitacca, Capo del Dipartimento di Pneumologia riabilitativa degli istituti Maugeri (Spa Societa’ Benefit).

La lezione che piu’ o meno tutti abbiamo assorbito in questo anno e mezzo di pandemia e’ che il Covid lascia notevoli segni che possono durare mesi e avere conseguenze sulla respirazione e sullo stato psicofisico in generale. Con un programma mirato di riabilitazione l’effetto conosciuto come ‘long Covid’ si puo’ superare? Che casistica ha potuto osservare all’interno del vostro Gruppo?

“Il ‘long Covid’ e’ il mantenimento oltre le 12 settimane, dal momento dell’infezione, dei sintomi della malattia che sono prevalentemente: la mancanza di fiato sotto sforzo e la fatica generalizzata. Ci sono tanti altri sintomi ma questi sono i piu’ frequenti. L’attivita’ fisica, la riabilitazione motoria e quella respiratoria ovviamente nei casi meno gravi permettono di migliorare il quadro. C’e’ poi una fetta di popolazione pari al 30% dei pazienti in cui e’ stata necessaria l’ospedalizzazione. La riabilitazione in particolare potremmo riassumerla in questi casi in 4 pilastri: quella respiratoria mirata al recupero del respiro; quella nutrizionale, quella motoria per il recupero della forza e il recupero delle attivita’ della vita quotidiana. E poi quella psicologica e neuropsicologica per un recupero totale di tutte le attivita’ lavorative e familiari. Nella prima, seconda e terza ondata nel network Maugeri abbiamo trattato piu’ di 5mila pazienti. In particolare e nell’ambito della Pneumologia respiratoria abbiamo valutato piu’ di 350 casi che sono stati seguiti come riabilitazione pari cioe’ 40% di tutto il totale dei pazienti”.

Come si costruisce in questo senso un progetto riabilitativo ed inoltre e’ possibile proseguire con gli esercizi anche a casa?

“Il programma e’ individualizzato perche’ dipende dalla storia clinica del paziente e dal fatto che il soggetto sia stato intubato o meno, dal numero di ore in cui il paziente ha avuto bisogno dell’ossigeno perche’ questo nonostante i benefici possiede delle controindicazioni. Un altro problema in questi soggetti e che ha un’altra serie di ricadute da considerare e’ stato rappresentato dall’embolia polmonare. Una volta che l’equipe ha fatto il quadro clinico si procede con delle valutazioni di come ‘respira’ il polmone, il livello dell’ossigeno, la forza muscolare, la qualita’ della vita cosi’ da comprendere se esiste per quell’individuo un residuo di disabilita’ oppure una possibilita’ di recupero totale delle funzionalita’. Dopo una analisi clinica e strumentale si avvia il progetto riabilitativo individuale vero e proprio basato sui 4 pilastri detti primi. Gli esercizi riabilitativi sono stati eseguiti nei casi piu’ gravi in ospedale e poi proseguiti anche a domicilio per 20 giorni grazie a teleconsulti. La sessione di teleriabilitazione e’ stata seguita tre volte alla settimana da un nostro terapista respiratorio che ha guidato in ogni fase il paziente. Ad altri pazienti meno gravi nel momento della dimissione abbiamo consigliato sessioni di camminare e di eseguire esercizi mirati al recupero della forza. L’importante e’ sempre essere seguiti da professionisti certificati”. Quali sono queste figure che entrano in gioco in questo percorso mirato al recupero psico-fisico? Tutti i pazienti recuperano la funzionalita’ respiratoria o ci sono casi in cui questa e’ definitivamente compromessa?

“La rieducazione si basa su un team di specialisti che di solito e’ guidato da un medico che, a secondo della prevalenza del problema per quella persona, puo’ essere uno pneumologo, un neurologo, un cardiologo oppure un fisiatra. E poi c’e’ tutto il gruppo di terapisti respiratori, specializzati sulla parte respiratoria e cardiorespiratoria e ancora infermieri, il terapista occupazionale, lo psicologo per valutare l’entita’ dello stress post traumatico. E’ presente anche l’assistente sociale perche’ a volte la disabilita’ lasciata dal virus puo’ interessare pazienti anziani o fragili che vivono soli e che possono avere problemi di gestione dopo la dimissione o comunque la malattia. Non tutti i soggetti inoltre recuperano totalmente le funzionalita’. Vediamo ancora nei nostri ambulatori una fetta di pazienti che si sono positivizzati nella prima ondata e che non hanno ancora recuperato del tutto le loro funzioni. Credo che un 5 o 10% avra’ ancora bisogno di protocolli riabilitativi nei prossimi mesi certo e’ che ad oggi non sappiamo se queste persone recupereranno del tutto le loro funzionalita’ o saranno del tutto compromesse”.

Per tutto cio’ che riguarda la riabilitazione non-Covid che, purtroppo, ha conosciuto una compressione forte. Come recuperare il tempo perso e dunque come convincere le persone a tornare a curarsi?

“E’ vero molti pazienti non Covid per molto tempo guidati dalla paura non si sono recati dal loro medico di base, nei Pronto Soccorso o negli ambulatori. Anche nei nostri Istituti stiamo cercando di recuperare il tempo perso e tutte quelle patologie croniche, che prima della pandemia erano espressione del nostro campo di applicazione e che con la pandemia sono state per ovvi motivi ridotte. Solo per fare degli esempi c’e’ stato un crollo di diagnosi e trattamenti del 70% per la bronchite cronica ostruttiva mentre nei pazienti con asma il crollo si e’ fermato al 60%. Per fortuna l’attivita’ ambulatoriale non e’ stata sospesa e ora spero che con la campagna vaccinale che va avanti le persone non abbiano piu’ paura di tornare nelle strutture. Solo grazie ad una maggiore collaborazione con il territorio possiamo davvero recuperare le diagnosi e i trattamenti persi in questi mesi precedenti. Questa massa enorme di richiesta ulteriore di sanita’ che con la pandemia si e’ generata e incrementata nel post Covid dovra’ essere gestita nella maniera piu’ intelligente possibile”

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