Sono giorni di grande incertezza per tutti, ma in particolare per gli studenti delle scuole superiori. E purtroppo nelle ultime decisioni di governo regionale e nazionale è emerso che la scuola non è una priorità per questo paese.
Ma crediamo che non lo sia non solo per i nostri governanti. Non lo è, purtroppo, per molti nostri concittadini e il loro sentire è percepito nei luoghi dove sono prese le decisioni. E chi ci governa si adegua.
Non si spiegherebbe altrimenti il paradosso nelle parole di Zaia che afferma che le scuole superiori non si possono riaprire perchè in aula i contatti stretti veicolano il virus. Forse che nelle aule della Scuola Primaria questo non accade?
Come ha affermato Crisanti sulla riapertura delle scuole non siamo in grado di prendere decisioni guidati dai dati, semplicemente perché in questi mesi non abbiamo avviato studi comparati tra le varie zone giallo, arancione e rosso per capire se e come l’apertura e la chiusura delle scuole influisca o meno sui contagi.
Ma chi ci governa a tutti i livelli ha deciso di tenere aperte la scuola dell’infanzia, la primaria e la Secondaria di I grado, sempre senza sapere in che modo la scuola contribuisca al contagio. Queste restano aperte, non perché siano percepite importanti per gli alunni, ma perché sono percepite come necessari parcheggi per i genitori che lavorano.
Gli studenti delle superiori invece possono stare a casa da soli.
Le scuole sono chiuse, ma sono aperti ristoranti, bar e probabilmente impianti sciistici da metà gennaio.
E non importa che molti ragazzi siano impossibilitati a fare la didattica a distanza per mancanza di infrastrutture digitali, in particolare nelle zone collinari e di mezza montagna (che occupano gran parte del nostro territorio), così tutti noi – credo – abbiamo sentito testimonianze di ragazzi che devono trasferirsi dai nonni, devono farsi ospitare dagli zii (io stessa ho una nipote che deve venire a casa mia per il wifi, perchè nella contrada in cui abita non arriva la rete).
E non importa che, a detta non solo di pedagogisti ma anche di importanti economisti, la cosa più importante che si impara a scuola sia la socialità.
Una competenza quella sociale ormai ritenuta prioritaria nel mondo del lavoro. Ai nostri ragazzi stiamo togliendo questa opportunità di maturare una competenza sociale, prima di tutto.
Allora accolgo con favore le proposte che arrivano da più parti politiche di vaccinare, dopo il personale sanitario e gli ospiti delle RSA, prima di tutto studenti e docenti.
Come ha ben analizzato Giacomo Possamai, capogruppo PD in Consiglio regionale del Veneto, mettere in coda gli studenti significa condannarli a perdere almeno l’intero anno scolastico. I nostri consiglieri regionali hanno analizzato i dati: gli over 65 in Italia sono 14 milioni, gli studenti delle superiori poco più di 2 milioni e mezzo. In realtà quelli che si possono vaccinare sono di
meno perché il vaccino può essere somministrato solo sopra i 16 anni: quindi si tratta di vaccinare meno di 2 milioni di persone.
Oltre a questa proposta, ribadiamo con forza l’idea che tornare a scuola si può anche attraverso l’utilizzo di altri spazi delle nostre città, come ha proposto Patrizio Bianchi, che ha fatto parte del Comitato nazionale degli esperti del Ministero dell’Istruzione per il rilancio della scuola:
“Abbiamo formulato l’idea che il perno della nostra scuola siano i patti educativi di comunità – afferma Bianchi- che ho imparato a Mirandola, nel Modenese, durante l’esperienza del terremoto 2012, quando venivano giù i muri della scuola ma abbiamo fatto scuola lo stesso. Come? Invocando la partecipazione di tutti, istituzioni, mondo del volontariato e del Terzo settore, comunità. I ragazzi hanno bisogno di ritrovare una comunità che si stringa attorno alla propria scuola per ricostruirla non nei muri ma nella sostanza. E bisogna metterci dentro più musica, sport, più vita pubblica, tutte attività che si fanno insieme”.
Perché queste decisioni politiche siano prese abbiamo bisogno che chi ci governa a tutti i livelli percepisca che tutti i cittadini, o almeno la maggioranza, voglia la riapertura della scuola. Per questo spero che questo ennesimo rinvio della riapertura non passi inosservato e non ci lasci indifferenti, spero che ognuno nel suo piccolo faccia sentire la propria voce.
Attiviamo fin da subito le proposte per la riapertura, altrimenti a fine gennaio sentiremo ancora Zaia comunicarci dispiaciuto l’ulteriore rinvio.
Giulia Andrian, docente e consigliera comunale PD di Schio