“Il mio lavoro? Pulisco lo spazio.” Andrea Antonello sorride quando lo racconta. Ma dietro quella frase che suona come una battuta si nasconde un progetto serio, ambizioso e vitale per il futuro dell’esplorazione spaziale. Ingegnere aerospaziale, 36 anni, originario di Scorzè (Venezia), Andrea oggi vive a Londra dove lavora per ClearSpace, una delle aziende europee più attive nel campo della rimozione dei detriti spaziali. Il percorso di Andrea inizia all’Università di Padova, dove si laurea in Ingegneria Aerospaziale nel 2013. “Avevo il poster dello Shuttle in cameretta. La mia generazione è cresciuta con le immagini di Marte e i sogni di Elon Musk.” Dopo una parentesi in California, dove frequenta corsi di robotica a Irvine, prosegue la formazione tra Boston e Atlanta, al MIT e alla Georgia Tech. Rientra in Italia per un dottorato e un MBA, ma è nel 2018 che decide di partire: destinazione Londra. “Cercavo un ambiente dove contassero solo le competenze. Dove il curriculum parlasse da solo. L’ho trovato qui.” Nel Regno Unito Andrea entra subito nel team di Automata Technologies, contribuendo alla creazione di robot per analizzare tamponi durante la pandemia. “Un’esperienza folle e bellissima. I nostri dispositivi hanno lavorato in migliaia di laboratori, e oggi alcuni sono esposti al Museo della Scienza di Londra. È il mio piccolo pezzo di storia collettiva.” Ma è nel 2022 che arriva la svolta. Viene chiamato da ClearSpace, azienda svizzero-britannica che lavora con l’ESA – Agenzia Spaziale Europea – per un progetto senza precedenti: rimuovere i detriti spaziali. Frammenti di satelliti, resti di razzi, bulloni vaganti: una minaccia invisibile ma reale per le orbite terrestri. “Costruisco bracci robotici per catturare i rifiuti spaziali. Una specie di mano meccanica che afferra relitti a 28mila km orari. Se sbagli, hai una collisione catastrofica.” Andrea oggi coordina un team internazionale, è parte attiva nei tavoli scientifici dell’ESA e si occupa anche di mentoring per giovani ingegneri. “Qui ti ascoltano anche se hai 30 anni. Ti danno responsabilità, budget, tempo. In Italia spesso hai solo precariato e burocrazia.” Non rinnega le sue radici, anzi: torna spesso a trovare la famiglia e segue con affetto i progetti italiani nel settore aerospaziale. Ma è convinto che ci sia ancora troppa distanza tra la formazione universitaria e le reali esigenze del mercato. “In UK un ingegnere junior può partecipare a un progetto spaziale vero già nei primi anni. In Italia serve un miracolo o una raccomandazione.” Nel 2026 Andrea sarà tra i responsabili della missione ClearSpace-1, la prima operazione di rimozione attiva di detriti autorizzata dall’ESA. “È come essere sulla frontiera del nuovo ecosistema orbitale. Siamo solo all’inizio. Lo spazio, se vogliamo usarlo, dobbiamo anche imparare a mantenerlo pulito.”

La sua storia è quella di un cervello in fuga. Ma anche di un talento che ha trovato il luogo giusto per esprimersi. “Sì, qui faccio carriera. Ma soprattutto qui sento che sto contribuendo a qualcosa di grande. E questa, per un ingegnere, è la vera soddisfazione.”

(Articolo ispirato al servizio pubblicato da Il Fatto Quotidiano, intitolato “Londra, ingegnere aerospaziale: ‘Qui si fa carriera velocemente, pulisco lo spazio dai detriti’.)

V-V.

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