Dal cuore del Veneto alle strade polverose dell’Andhra Pradesh, con una valigia piena di nasi rossi e sogni da ricucire. Il Dottor Clown torna in India per la sua trentottesima missione. Lo fa come sempre, con la forza silenziosa dell’amore che cura, che resta, che non se ne va. A guidare il viaggio c’è Evaristo Arnaldi, medico odontoiatra vicentino, presidente dell’associazione Dottor Clown Italia, e per decine di bambini orfani… semplicemente Daddy. Come Thamby, trovato per strada a cinque anni e portato alla Daddy’s Home: la scuola era un disastro, ma la voglia di riscatto più forte. Grazie a una sponsor di Belluno ha frequentato un corso da parrucchiere e oggi è manager di un salone a Vijayawâda, nel sud-est dell’India. Oppure Raj Kumar, che a un certo punto gli ha detto: «Dio non esiste. Esistono le persone che ti vogliono bene. E tra quelle, chi non se ne va». O ancora Kalyân, che si è fatto tatuare il nome “Evaristo” in segno di riconoscenza, e oggi è odontoiatra, o Arun, lo skater, che ha costruito una pista di pattinaggio con i soldi guadagnati come trainer, in una zona dove non c’era nulla. Questi ragazzi, che chiamano “papà” il loro clown di riferimento, oggi sono adulti, professionisti, uomini con radici e visioni. E tutto è cominciato da un sorriso.

Dalla prima missione del 2004 è nato anche un sogno: formare un gruppo di clown direttamente in India. Così sono nati i Kittry Kittry India, bambini che hanno imparato giocoleria, danza e teatro come strumenti di relazione e rinascita. Oggi non solo si esibiscono: guidano gli spettacoli, trascinano il pubblico, e in questa 38ª missione hanno condiviso il palco con i clown italiani di Vicenza e Padova: Lilo, Angelo, Giorgia, Stefania, Arianna ed Emanuela Tagliapietra, presidente della sezione di Vicenza. Dalle case per orfani ai centri per disabili, passando per le scuole e gli ospedali che accolgono bambini sieropositivi: ogni tappa di questa missione è un abbraccio portato in scena, un sorriso costruito a mani nude. È un tour de force fatto di due o tre spettacoli al giorno, ma soprattutto di tempo donato senza riserve. «Per fare il Dottor Clown – spiega Arnaldi – non basta far ridere: bisogna restare. Essere presenza vera. Come ci ha insegnato Patch Adams, useremo sempre l’amore come la medicina più efficace». A vent’anni dalla fondazione dell’associazione, festeggiati da poco con un congresso internazionale, la trentottesima missione conferma ciò che vale sempre: la vera cura è esserci. Con empatia. Con costanza. Con il cuore. Perché ridere fa bene. Ma sentirsi visti, per la prima volta… cambia una vita intera.

Chi desidera sostenere questa missione, può partecipare alla raccolta fondi ufficiale destinata ad ANCIS Arellano ETS – Dottor Clown Italia.

Valentina Ruzza

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