Alcuni la definiscono la “terza guerra mondiale”, una pandemia che ha cambiato le vite di tutti, ha trasformato la quotidianità sociale ed economica. Ha cambiato le perfino progetti di vita e priorità, come ha dichiarato su Repubblica il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo: “Più morti, meno figli. Per la prima volta chiuderemo il 2021 con meno di 400 mila nascite.”. Ad oggi in Italia si registrano oltre 151.000 decessi e oltre 12,1 milioni di casi. La paura di mettere in pericolo la propria salute e quella dei cari è stata per questo lungo periodo il primo grande pensiero di tutti. Tanti i cambi di rotta dello Stato, tante le regole da seguire e spesso cambiate da un giorno all’altro che hanno messo in difficoltà le famiglie. Di seguito le testimonianze di quattro mamme dell’Alto Vicentino, i disagi, i cambiamenti e gli insegnamenti che nonostante tutto, il genere umano ancora riesce a conquistare.

Alessia Gamba è una mamma di Marano Vicentino, ha tre figli (18,15 e 13 anni) e gestisce una tabaccheria.

Come avete affrontato questa pandemia?

“E’ stato davvero complicato. In quel periodo stavamo traslocando, la casa nuova era incompleta e a fine 2020 è arrivato il lockdown e di conseguenza la DAD. Abbiamo cambiato casa e nel bel mezzo dei lavori il nostro elettricista ha preso il Covid e l’unica cosa da completare era l’impianto Ethernet da collegare. Quindi ho dovuto farlo io in videochiamata con l’elettricista che da positivo mi indicava cosa fare. Abbiamo avuto comunque un anno di ritardi a causa del Covid, il cantiere si è dovuto fermare, hanno chiuso i magazzini edili dall’oggi al domani, quindi ad esempio ci siamo trovati con il cartongesso arrivato e pronto in magazzino, l’operaio che poteva lavorare per tutto il mese successivo ma non potevamo ritirare il materiale perché chiusi. Mio figlio più grande è autistico e non era ancora maggiorenne, le altre due facevano ancora le medie all’ultimo anno, io e mio marito invece abbiamo sempre lavorato in quanto i tabaccai e assicuratori non si sono fermati e nessuno poteva assistere i miei ragazzi minorenni. Ho dovuto richiedere un’autorizzazione da parte dei carabinieri per far venire mia madre nella casa vecchia per accudire i nipoti che diversamente sarebbero stati da soli.”.

I suoi figli come hanno affrontato il tutto tra pandemia e scuola?

“E’ stato sicuramente brutto, all’improvviso non hanno più visto i compagni e gli amici ed è stato così per parecchio tempo. Inoltre abbiamo dovuto anticipare alcune scelte educative: non volevamo dare loro i telefonini prima delle scuole superiori ma abbiamo dovuto cedere perché la crescita sociale ne risentiva e avevano necessità di vedersi in qualche modo, di parlare e confrontarsi anche da un punto di vista psicologico. Abbiamo comunque inserito diverse app come Family Link per tenere monitorata la situazione e dare comunque una conoscenza graduale e adatta alla loro età di questo mondo virtuale. Sembra che comunque ci sia un uso responsabile da parte loro. Penso ancora che sia troppo presto ma parliamo sempre di tutto e li seguiamo. Questa pandemia tra le tante cose ha accelerato alcuni processi, ci siamo trovati impreparati. Un altra situazione che mi viene in mente è il caso di una professoressa che alla mattina, con mio figlio certificato e obbligato ad andare in presenza a scuola, è venuta lo stesso in classe nonostante avesse sintomi ben visibili e lo so perché quel giorno stesso abbiamo fatto anche i colloqui individuali, per poi scoprire che era positiva. Il giorno dopo sono stata convocata per andare a prendere mio figlio perché la professoressa era positiva.”.

Come vi siete organizzati per far raggiungere loro la scuola?

“Il grande per andare a scuola a Schio a sempre preso il treno però causa Covid i treni venivano sospesi all’inizio, era diventato ingestibile come regolarità che per un autistico è importante. Il treno è per lui sicuramente il mezzo ideale perché ha sempre un posto dove sedersi, sa a che ora passa, dove deve scendere e vedere mancare questa regolarità, questa sicurezza lo ha un po’ destabilizzato. Perdeva i treni, non capiva i messaggi e abbiamo dovuto scegliere di portarlo noi perché la corriera non era affrontabile in questo momento. Le altre due ragazze sono autonome tra bicicletta e mezzi pubblici.”.

Ora come vede la situazione?

“Sono preoccupata da un punto di vista economico, credo che si debba accendere i riflettori sul caro bollette, è ingestibile. Non avevo mai visto persone piangere per pagare una bolletta, adesso mi è successo. Stamattina ne ho fatta pagare una da 1200€ e sono solo due persone in casa. Ieri ho fatto pagare più di una bolletta da 800€ e per gente che non ha mai visto queste cifre in bolletta sono dei colpi al cuore, anche perché in questo periodo si è già molto in difficoltà con il lavoro. Tornando alla situazione pandemica, credo anche però che alla fine ci dobbiamo adattare alla realtà che viviamo e trovare il modo giusto per vivere al meglio controllando i vari pericoli. Non tutto è una tragedia, probabilmente qualcosa di buono in tutta questa situazione la troveremo. Una delle mie figlie mi ha detto: “Tu, e probabilmente i nonni, avete avuto un’infanzia “normale”. Ma i bisnonni hanno vissuto la guerra, stavano chiusi in casa e non vedevano gli amici neanche loro” e questo mi ha fatto riflettere sul fatto che anche loro dopotutto sono cresciuti bene, hanno probabilmente conosciuto aspetti più familiari e si sono nutriti delle piccole cose. La sorpresa ad esempio nella prima lezione in DAD: la più piccola aveva iniziato le medie quell’anno e non aveva mai visto i suoi compagni senza la mascherina. In DAD la sorpresa è stata: “professoressa, è la prima volta che ci vediamo senza mascherina!”, vedere il volto di ognuno per la prima volta.”.

Laura Locci è una mamma di Schio di 44 anni, ha tre figli (terza media, quinta elementare, seconda elementare) ed è ingegnere.

Come avete vissuto questa pandemia?

“Dire che è stato impegnativo è un eufemismo, perché siamo stati proiettati in un mondo che era sopratutto caratterizzato da un’incertezza crescente perché le regole, cambiando settimanalmente, non permettevano neanche alle famiglie di potersi organizzare e pianificare quale sarebbe stato l’andamento della settimana successiva. Quindi da un punto di vista organizzativo ovviamente la parola d’ordine era “flessibilità” con piano B e piano C. La responsabilità non è di certo delle scuole che hanno dovuto spesso inventare una modalità di comunicazione cambiandola costantemente. Organizzare la vita lavorativa, che tipicamente nel nostro paese è delegato alle madri che hanno la gestione familiare, è stato complicato.”.

E della DAD cosa mi può dire?

“Prima di tutto è stata disastrosa per quanto riguarda la didattica integrata, quindi non tutta la classe a casa. Ha portato ovviamente una disparità di attività da parte di chi era da remoto che spesso non sentiva o non riusciva a prendere la linea. Inoltre, riportando esperienza di mio figlio, si sono aggiunti anche alcuni insegnanti che, quando è subentrato l’obbligo di tampone e vaccino, non sono rientrati in classe e abbiamo dovuto attendere oltre un mese (il primo episodio in ottobre/novembre 2021 e il secondo a dicembre 2021), senza insegnante perché la dirigente non sapeva se il docente sarebbe rientrato o meno. Ora c’è un supplente che li porterà fino a fine anno ma non sarà cosa semplice. Prima di tutto deve conoscere i ragazzi, che hanno oltretutto un ciclo di studi da terminare quest’anno, poi deve riprendere da dove hanno interrotto. Per loro è stato particolarmente penalizzante. La piccola ha avuto due volte il Covid prima che esistesse la possibilità di vaccinarsi e ha poi contagiato anche il fratello che aveva già una dose di vaccino. La DAD di per sé non è stata complicata, è la prosecuzione di questo stato che secondo me li prostra ad un ritorno alla vita normale che manca. Per fortuna riescono a fare sport, questa credo sia stata un po’ la benedizione di quest’anno: i due ragazzi fanno calcio e la bimba atletica, ed è stata una bella valvola di sfogo.”.

Siete vaccinati?

“Sì, anche i miei figli ma quando hanno reso le vaccinazioni disponibili per loro, le quarantene hanno impedito ai genitori di vaccinare perché si passava da una quarantena all’altra e alla fine sono più quelli che si sono ammalati di quelli che hanno completato il ciclo vaccinale. L’unico punto di forza in tutto ciò è stata la tecnologia: lo smart working è stato sdoganato e ha permesso a molte famiglie la gestione dei bambini. Prima sarebbe stato assurdo e sintomo di scarsa professionalità essere collegati da casa, magari con una libreria come sfondo. L’ho vista come un elemento positivo perché in passato una donna che doveva subordinare il lavoro alla famiglia non era certo sintomo di professionalità.”

Come avete organizzato la DAD con tre figli?

“Io e mio marito ci siamo un po’ divisi i compiti, il mio lavoro ha permesso di più il fatto di poter essere a casa con i bambini mentre facevano DAD. Avevamo tutti i dispositivi, per fortuna non abbiamo avuto di questi problemi ma alla fine la DAD è sempre un’incognita, non si sa mai se andrà tutto, quindi a volte è statanecessaria l’assistenza tecnica. L’utilizzo dei dispositivi segue delle regole, abbiamo dedicato una stanza “studio”  dove si riuniscono, tranne quando c’è la DAD dove cerchiamo di separarci. Abbiamo cercato di mantenere le stesse regole di prima per quanto riguarda l’utilizzo della tecnologia e ha aiutato molto il diversivo di avere un giardino per farli sfogare oltre al fatto che in tre si sono comunque fatti compagnia tra loro.”.

Agnieszka Tabisz è una mamma di Schio di 46 anni, ha tre figlie (16, 9, 5) e lavora occasionalmente come addetta alle pulizie.

Come avete affrontato questa pandemia?

“E’ stata davvero dura, la figlia più grande se ne fa una ragione ma alla più piccola ho fatto davvero molta fatica a farle capire che non si poteva uscire fuori per più di 200 metri. Ho visto un cambiamento in loro, una delle mie figlie non ha dormito più la notte, ha avuto attacchi di ansia, la pandemia è entrata completamente nelle loro vite stravolgendole.. perfino nei loro giochi aggiungono l’utilizzo delle mascherine! E la cosa più brutta è che non si riusciva a contattare un dottore e questo accade anche oggi. Questa è una cosa che davvero non sopporto perché se è una pandemia e siamo tutti in pericolo, soprattutto i più piccoli, la pediatra deve rispondere! A settembre 2020 mia figlia aveva il raffreddore e non poteva tornare a scuola. Ho chiamato la dottoressa e mi ha risposto che non voleva assolutamente visitarla, ma a me serviva il certificato per farla rientrare a scuola. Così ho scritto sul diario “la dottoressa non ha voluto visitarla” e che la bambina tornava a scuola con mia auto-dichiarazione. Da quel momento ho deciso di smettere di chiamare la pediatra, ho gestito io i loro malesseri per quello che potevo, per due anni e fino ad oggi ci sono riuscita. Giusto ieri ho dovuto ricontattare la pediatra perché la piccola ha mal di gola, credo per via di una giornata con molto vento. Per tutto il pomeriggio ho chiamato invano il call center e alla fine mi hanno richiamata loro dicendomi che l’indomani mattina (sabato) avrei dovuto chiamare un numero telefonico che mi hanno indicato e vedere quale dottoressa era disponibile. Trovo assurdo che dall’oggi al domani non sappiano se ci sono pediatri e chi. Stamattina ho chiamato e una dottoressa di Breganze mi ha detto che visitava solo le urgenze. Le ho risposto che da due settimane la bambina è infastidita e ha bisogno di essere visitata. Mi ha risposto: “allora me la porta subito”. Come se fosse dietro l’angolo e io non abbia altro da fare che correre da lei! Abito a Thiene e per arrivare a Breganze ci vuole comunque del tempo e non mi piace il tono che hanno i pediatri ultimamente, come se solo loro fossero impegnati e noi chiamiamo per disturbarli! Sono andata in ambulatorio, l’ha visitata di fretta, dando priorità ai suoi pazienti arrivati dopo di me, e la bambina aveva la gola arrossata; le ha dato aerosol e nessun certificato per la scuola.”.

Come si è trovata con tre figli e la DAD?

“E’ stato difficilissimo. La più grande ha fatto fatica all’inizio della pandemia con la DAD, anche perché non avevamo il dispositivo. Per un po’ di tempo ha usato un telefonino che ha anche rovinato e poi fortunatamente dalla scuola abbiamo ricevuto i tablet. Una bambina era chiusa in una stanza, la grande in un altra e la piccola voleva giocare nella sua cameretta e non poteva farlo. Continuava ad aprire la porta della camera e l’altra figlia non riusciva a concentrarsi. In più internet non funzionava e saltavano le comunicazioni spesso, i ragazzi parlavano sopra agli insegnanti quindi non si riusciva a seguire bene. Nella classe di mia figlia maggiore una professoressa ha proposto, durante le interrogazioni, di mettere le mani davanti al PC e uno specchio grande dietro per far vedere che nessuno stava suggerendo. Ma gli studenti sono furbi: facevano le telefonate in quattro e con le cuffie si suggerivano le risposte lo stesso. Una volta esistevano i bigliettini, ora si inventano nuove soluzioni.”.

Ha notato cambiamenti nelle sue figlie?

“Sì, sicuramente. La più piccola ad esempio in quest’ultima quarantena, i primi tre giorni piangeva per tornare a scuola ma poi si è abituata alla vita di casa così tanto che mi ha detto: “Sono negativa o positiva? Allora sai cosa possiamo fare se sono negativa? Facciamo uno scherzo a mia sorella e le diciamo che sono positiva così giochiamo altre due settimane a casa”. Questo è quello che pensano i bambini. Nessuno di noi finora è risultato positivo, non siamo vaccinati tranne la maggiore. Ho fatto questa scelta per permetterle di avere una vita sociale e in vista di possibili stage per la scuola. Nel 2021 la più grande era quasi sempre a casa in quarantena, la seconda è andata in DAD usando il PC della scuola. Per ottenerlo ho dovuto aspettare tanto tempo in fila fuori da scuola, ho trovato in quell’occasione poca organizzazione.”.

Ha avuto difficoltà ad eseguire dei tamponi?

“Due settimane fa, per la quarantena della figlia più piccola, con impegnativa della pediatra per fare un tampone di fine isolamento e con il documento della scuola che mi garantiva il tampone gratuito, ho contattato una farmacia di Thiene e ho preso appuntamento. Arrivata in farmacia mi dicono che non possono più farlo gratuitamente perché dieci minuti prima avevano ricevuto una comunicazione dai superiori. Non si tratta di spendere 8€ per un tampone ma se ho la possibilità di averlo gratuito perché no? Oltretutto con tre figlie e tutti i tamponi a pagamento fatti finora pesano sulle spese. Così decido di chiamare un’altra farmacia che mi da appuntamento quasi subito e riesco a farglielo fare gratuitamente. Due giorni dopo ho portato nella stessa farmacia che aveva fatto il tampone alla più piccola, un’altra mia figlia per il tampone di fine isolamento. Mi hanno accettato l’impegnativa ma sia mia figlia che altre due bambine della sua classe che erano lì, sono uscite con gli occhi rossi e le lacrime, forse perché avevano spinto troppo tant’è che i giorni successivi a tutte loro usciva sangue dal naso.”.

Virginia Barbagallo è una mamma di Thiene di 32 anni, ha un figlio di 7 anni e si occupa di assistenza agli anziani part time.

Come avete vissuto questa pandemia?

“Tutto sommato a noi non è andata male. Come famiglia, da un certo punto di vista, ci ha dato modo di passare più tempo insieme, di fare cose che generalmente si fa fatica a fare per questioni di lavoro o impegni, come preparare una torta ad esempio. Ci ha uniti ancora di più come famiglia. Spesso le cose si danno per scontate eppure non lo sono poi così tanto. Alla fine stare insieme nella nostra bolla è stato divertente. Solitamente il papà è più sacrificato, facendo un orario di fabbrica torna a casa alle 18 e alle 21 va a letto, vede poco il figlio. Io per il momento lavoro la mattina quindi riesco a gestire i vari impegni. Per quanto possiamo avere l’aiuto dei nonni, non è la stessa cosa. Non siamo mai stati positivi, siamo tutti vaccinati compreso il bambino giusto per essere più sicuri. Conosciamo persone che nonostante il vaccino sono risultate comunque positive, ma per lo meno siamo più coperti.”.

Suo figlio ha iniziato la prima elementare a Settembre 2021. Come avete vissuto questo nuovo traguardo scolastico?

“Lui già, come i suoi coetanei, si era “abituato” o meglio rassegnato alla nuova condizione sociale alla scuola materna, per cui sapeva che non sarebbe stato possibile fare cose che normalmente non si possono fare, quindi niente abbracci, baci, tenere sempre la mascherina che alla materna non avevano. I bambini, per quanto ho avuto modo di vedere e sentendo anche le maestre, sono molto collaborativi e seguono le regole. Sono più bravi degli adulti, forse anche perché hanno avuto meno tempo di “sperimentare” la socialità come l’abbiamo vissuta noi? Trovano altri modi per giocare, per stare insieme e divertirsi.”.

Dal punto di vista sociale come vede suo figlio? Ha avuto difficoltà?

“Quando c’è stato il primo lockdown, la prima settimana è stata “di festa” perché è rimasto a casa ed era euforico per questo. Ma finita quella settimana ha iniziato a chiedere “ma, nemmeno questa settimana vado a scuola?!”. Oltre al fatto di non poter andare a scuola è stato difficile non poter andare al parco, non poter vedere i suoi amici, non poter fare sport. Avevamo la possibilità di videochiamare ogni tanto i suoi amici più stretti anche perché essendo figlio unico gli mancava sicuramente un bambino con cui giocare. Ma è riuscito comunque a restare sereno e a trovare i suoi spazi per intrattenersi.”.

Come rappresentante di classe cosa ci puoi raccontare ? Come hanno vissuto le altre famiglie questo periodo?

“Diciamo che le storie si accomunano un pò tutte, chi più chi meno. Una mamma mi ha raccontato che durante la quarantena faceva molto fatica nel trovare una baby sitter, era proprio impossibile trovare qualcuno che venisse a casa ad accudire i bambini e posso capirne il motivo. Nella classe di mio figlio sono arrivati minimo ad 8 bambini in presenza perché gli altri erano in quarantena con contatto stretto e ad un certo punto anche una maestra è risultata positiva ed è rimasta a casa. L’insegnante mi ha raccontato di essersi trovata in difficoltà perché aveva diverse classi da gestire e il materiale lo inviava un po’ su Classroom e, per chi non ha ancora fatto iscrizione alla piattaforma, inviava a me il materiale che poi distribuivo sul gruppo Whatsapp dei genitori. Purtroppo ci sono ancora due/ tre genitori che non hanno né Classroom né sono all’interno del gruppo genitori Whatsapp nonostante i miei solleciti. Spero che non ne risentano troppo i bambini.”.

 

Laura San Brunone

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