Ha sfidato il maschilismo del mondo del ciclismo. Ha ricevuto il premio di Amnesty International per le iniziative a favore del Ruanda e dell’Afghanistan.

L’ex-ciclista di Sarcedo  Alessandra Cappellotto, 54 anni,  che con la sua l’associazione “Road to Equality” è riuscita a portare in Veneto un gruppo di cicliste afgane salvandole dalle persecuzioni nei confronti delle donne nel loro paese è stata ricevuta a Palazzo Balbi dal governatore Luca Zaia che ha voluto omaggiare la grande campionessa di ciclismo di casa nostra. “E’ una storia di speranza e determinazione che ci sembrava giusto mettere in luce in occasione dell’8 marzo”,  ha esordito  il presidente della Regione.

Alessandra Cappellotto, a cui nelle scorse settimane il Corriere della Sera ha dedicato un ampio reportage, come esempio di ‘grande donna’ italiana,  attraverso lo sport, e in particolare il ciclismo, promuove l’emancipazione della figura femminile nei paesi in via di sviluppo e in quelli in cui le donne non godono di diritti che dovrebbero essere naturali.

“Esattamente due anni fa – ha raccontato Alessandra Cappellotto durante la piccola cerimonia a lei dedicata –  abbiamo organizzato una gara di ciclismo a Kabul portando 56 ragazze a pedalare per le strade afgane. È stata l’ultima possibilità di praticare sport che hanno avuto perché pochi giorni dopo, a marzo 2021, si sono reinsediati i talebani. All’epoca erano 220 le atlete iscritte alla federazione di ciclismo afghano nel 2021, diverse migliaia le ragazze e le donne che usavano la bici per muoversi in città. Poi si sono reinsediati i talebani  ed hanno reimposto la proibizione del ciclismo femminile”. Alessandra Cappellotto quindi,  con la sua associazione nel settembre 2021 ha deciso di portare un gruppo di atlete afgane e alcuni loro familiari, in tutto 14 persone a Sarcedo dove sono state accolte come migranti nella scuola e nelle comunità dopo mesi di battaglie diplomatiche e burocratiche. Ha trovato un punto di appoggio e solidarietà della comunità locale dove le ragazze hanno cominciato a lavorare, studiare e integrarsi. Sono riuscite a inserirsi, due si stanno preparando per le Olimpiadi di Parigi, lavorano, studiano e vivono una vita serena. Questo è l’obiettivo della nostra associazione: aiutare ragazze come loro in tutto il mondo”.

“Mio padre mi ha indicato la strada”

Al Corriere della Sera aveva raccontato di sentirsi domandare nella Sarcedo degli anni ’80: “Cosa ci fai in giro, ragazzina? Le femmine stanno a casa, a fare la polenta”. Lei già pattinava, nuotava e andando in bici, sfidando gli stereotipi della provincia: “Tornavo a casa dispiaciuta, ero troppo piccola per capire. Chiedevo spiegazioni a mio padre Tonino. Eravamo tre fratelli: io, Valeria e Flavio, il maggiore. Abbiamo iniziato a pedalare presto, senza differenze di sesso. Papà, classe 1928, me lo ripeteva: tu puoi fare tutto ciò che fa Flavio, né più né meno. Se ti piace qualcosa nella vita, hai il dovere di portarlo avanti”.

 

di Redazione AltovicentinOnline

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