Lo sport unisce, apre porte a nuovi orizzonti e permette di vivere emozioni uniche. E’ ciò che racconta Daniela Sterchele, thienese di 60 anni che il 5 marzo è volata in Svezia per partecipare al Vasalopett, la più lunga gara di sci di fondo del mondo. Dal 1922, ogni anno il 5 marzo alle 8 del mattino oltre 16 mila fondisti si incamminano sul percorso di 90km che da Salen porta a Mora attraversando foreste, dolci colline e laghetti gelati. Una sfida con se stessa che Daniela ha voluto prendere di petto e che, durante il suo racconto, ancora la emoziona tantissimo.

Com’è iniziata quest’avventura?

Tutto è partito lo scorso anno. Solitamente vado una volta l’anno nei paesi nordici. Era il 5 marzo, ero in Finlandia per fare un gran fondo di rilievo decisamente più basso, Guardando la tv in diretta abbiamo visto la partenza di questo gran fondo e da lì è partita l’idea. La mia intenzione era quella di partecipare nell’anno in cui avrei compiuto 60 anni, come ricordo di questo mio traguardo e così è stato quest’anno, anche se li compirò a settembre.

Avete riscontrato delle difficoltà?

E’ stato difficile trovare i pettorali, indispensabili per fare la gara e solitamente l’iscrizione la aprono il giorno della gara e il 5 marzo hanno aperto le iscrizioni per la gran fondo dell’anno successivo. I pettorali vanno a ruba. Abbiamo quindi cercato di prenotarli e per fortuna un referente di Asiago ci ha messo in contatto con chi si occupava dei pettorali in Svezia e siamo riusciti un anno fa, a giugno abbiamo avuto la conferma che avevamo il pettorale, ma fino all’ultimo non eravamo certi di esserci riusciti. Per il prossimo anno adesso abbiamo i pettorali, abbiamo affittato una casetta perché nei paesi nordici ci sono più casette in affitto che alberghi e di solito preferiamo prenderlo vicino ad un lago ghiacciato che è bello da vedere.

Come ha passato i mesi prima del grande evento?

Contavo i giorni che mi separavano dalla gara, ma mi sono anche allenata molto, prima in bicicletta, poi con gli skiroll e alla fine a novembre con la prima neve sono partita con l’allenamento sugli sci. Il 31 gennaio ho fatto la marcialonga 70 km e poi a fine febbraio siamo andati in Svezia per la Vasaloppet.

In quanti siete partiti e come vi siete organizzati per il viaggio?

Siamo partiti in sei persone tra cui il presidente del GSA di Zanè Armando Bonaguro, società sportiva dello sci di fondo, che ringrazio, il 28 febbraio dall’aeroporto di Venezia. Siamo arrivati a Francoforte, poi Stoccolma, dove ci siamo fermati alcuni giorni e lì ci siamo allenati ogni giorno. La mattina della gara, il 5 marzo, ci siamo svegliati alle 3, abbiamo mangiato una pastasciutta, e da Stoccolma abbiamo noleggiato due macchine. Dopo circa 4 ore siamo arrivati a Mora, abbiamo preso i pullman che ci hanno portati dopo circa un’ora e mezza in una piana dove si svolge la competizione con altre 16mila persone, di cui il 95% svedesi, finlandesi e norvegesi. Penso di aver sentito anche qualche italiana. Mi hanno detto che probabilmente sono l’unica veneta ad aver gareggiato alla Vasa, o comunque una delle poche.

Che ricordo ha di questa esperienza?

Tanti bei ricordi. L’arrivo di questi 90km di gran fondo in un contesto bellissimo del Nord. La partenza nel punto più alto è in una zona piuttosto pianeggiante ma poi ci scendendo ci si trova di fronte ad un panorama stupendo, con enormi distese di neve e betulle. Ho il desktop del mio computer che ha la foto della partenza della Vasa. Ho vissuto mesi di emozioni pensando a come sarebbe stato quel giorno ed è andato benissimo, non ho nemmeno sentito la fatica tanta era l’adrenalina e felicità, avrei potuto fare altri 10km. Altra particolarità che ho notato è che la gente dei paesi nordici non ama la competizione, hanno il culto di queste manifestazioni e dello sci. Lungo il tragitto ho visto famiglie intere che facevano il tifo, alcuni avevano fatto il buco nella neve e ci avevano messo le pelli di renna per scaldare e con i ragazzini suonavano le trombe per incitare. E’ stato molto suggestivo, si tratta di gente modesta, non come noi che miriamo sempre a più di quello che possiamo, loro vivono di sci e di queste emozioni. Si vive di pane e neve, lunghe piste a cinque binari, distese di betulle e neve fanno da cornice a un panorama che per chi ama freddo e neve è il meglio del meglio. Ho letto che la Finlandia è il paese più felice del mondo, credo perché vivono di semplicità.

Da dov’è partita la sua passione per lo sci di fondo?

Provengo da una realtà familiare di sportivi. Il papà operaio, mamma casalinga, quattro sorelle di cui io sono la più grande, mia sorella Maria è una runner che ringrazio la più piccola, mia sorella Claudia che pratica meno lo sport e mia sorella Anna che è stata campionessa di squash italiana, improvvisamente scomparsa dieci anni fa a 40 anni. A Carrè c’è una palestra dedicata a lei. Mio padre è sempre stato un cultore della montagna, ha fatto il cacciatore ed è grande camminatore, dipendente della ditta Mariani. Un giorno i titolari hanno buttato via tre paia di vecchi sci di legno. Mio padre li ha recuperati, li ha portati a casa e da lì abbiamo cominciato ad usarli. Ero bambina e insieme a mia sorella Claudia e mio papà abbiamo iniziato a fare fondo con questi sci. La mia è una famiglia modesta, ricordo che con tanto sacrificio papà ha comprato gli sci nuovi per tutta la famiglia. Da lì in poi abbiamo sciato tanto, quando ancora le piste non erano così come oggi, quando non c’erano i gatti che le battevano e ci si doveva occupare personalmente di batterle. Nel periodo in cui sono diventata mamma delle mie due figlie mi sono per un po’ fermata pur rimanendo sempre sportiva, sia io che mia sorella Maria e Anna. Abbiamo condiviso il periodo da bambine, e poi adolescenti, sempre con lo sport con noi, tutte e quattro chi più chi meno, oltre alle camminate e all’andare a funghi, che faccio ancora con mio padre che ha 92 anni. Viviamo in un’era con un consumismo esagerato. Tornare indietro e pensare che da piccole, grazie a qualcuno che ha deciso di buttare via dei vecchi sci, noi abbiamo avuto la possibilità di scoprire una passione che ci ha permesso di arrivare fino a qui.

Che consiglio si sente di dare ai giovani che leggono la sua storia e a chi invece crede di essere troppo grande?

Bisogna sempre credere in se stessi, anche quando ci si trova un muro insormontabile e sembra che tutto sia finito, farsi forza e ripartire, non abbattersi mai e con lo sport è possibile ripristinare anche alcune insicurezze. Evadere dalla quotidianità anche con uno spirito amatoriale. Io ho 60 anni, credo che non esista età, se uno le vuol fare le fa a qualsiasi età.

Dedico questa mia esperienza a me stessa, al presidente del sci club GSA Zane’ Armando Bonaguro (compagno di tanti allenamenti). A mia sorella Maria, runner di lunga data che sempre mi consiglia e mi supporta. Alle mie due figlie Giulia e Irene (senza di loro la mia vita non sarebbe niente).

Laura San Brunone

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