La polemica sul prezzo di un pacchetto di formaggio grattugiato acquistato in un panificio di Thiene, segnalata da una nostra lettrice per il costo ritenuto eccessivo di 3,40€ ha scatenato, a seguito della pubblicazione del nostro articolo il 25 marzo (link all’articolo), un vivace dibattito tra i cittadini e i commercianti locali. Molte sono state le reazioni che hanno evidenziato come la questione del prezzo non sia affatto scontata, dividendo l’opinione pubblica tra chi sostiene la denuncia della signora e chi, invece, considera il prezzo adeguato.

In risposta alle accuse, Giacomo Bonotto, ambulante del mercato del lunedì mattina a Thiene, ha voluto condividere la sua prospettiva attraverso una lettera aperta. La sua dichiarazione è la seguente:

“Buongiorno, mi chiamo Bonotto Giacomo, ambulante alimentare del mercato il lunedì mattina a Thiene e cittadino residente a Thiene (centro)! Volevo dare la mia personale riflessione riguardo al vostro articolo. Volevo porre questa domanda alla signora e a tutti i signori che potrebbero avere un pensiero come quello nell’articolo: qual è il prezzo di rivendita di una busta di formaggio grana grattugiato sapendo che il prezzo di acquisto al kg all’ingrosso è oltre 10,35 euro? Consapevoli del fatto che: dal produttore di latte (stalla) si passa in caseificio, che trasforma poi il prodotto finito, poi finisce mesi in un magazzino a stagionare, si deve cercare un acquirente che lo venda all’ingrosso, il grossista deve trovare dei rivenditori e questi rivenditori venderlo nelle loro botteghe. Il negozio di vicinato o del centro non deve e non può sottostare a questo tipo di pensiero altrimenti dovrà chiudere le serrande! Per la beneficenza ci sono altre categorie. Un negoziante deve fare impresa non elemosinare spiccioli per poi pagare in ritardo fornitori, locatori, banche, ecc. Forse il più caro di tutti è proprio il supermercato che con un prezzo di acquisto all’ingrosso ci butta su marginalità da paura. Dobbiamo superare mentalità come quella della signora ormai vecchie dei tempi delle lire e protestare perché siamo soffocati da ben altri costi che portano a ben pochi benefici (es. Sanità). Ricordiamoci che l’Italia è l’unico paese dove non sono aumentati gli stipendi, mentre il costo della vita è alle stelle. Non prendiamocela con un commerciante che si è studiato un buon foodcost per poi magari dare qualche soldo in più al suo dipendente, anche se poco meritevole”.

A questa riflessione si aggiungono i commenti di altri due commercianti thienesi. Daniele Berti, proprietario della Gastronomia Berti in zona Bosco e membro della giunta Ascom, esprime il suo disappunto su come vengano percepiti i commercianti di Thiene con queste parole:

“Penso che non si possa fare un paragone tra la grande distribuzione e il piccolo negozio. La signora per ‘due cose’ avrebbe dovuto prendere la macchina, probabilmente abita vicino al panificio e prendere l’auto per due articoli sarebbe stato un dispendio di benzina e tempo, tra il parcheggiare e tutto, avrebbe perso sicuramente minimo 40 minuti. Non si può fare un confronto secondo me, perché ha comunque ricevuto un servizio. Poi c’è anche da dire che il Tosano ne acquista in quantità ‘a gogò’ mentre noi meno prodotti giusto per dare un prodotto in più al cliente. Noi abbiamo un altro passaggio come ad esempio il rappresentante e di conseguenza il prezzo lievita. Nello specifico non conosco il tipo di prodotto perché noi non lo abbiamo in negozio, abbiamo scelto di non tenere questi prodotti. Cerco di non andare in concorrenza con la grande distribuzione proprio per non avere articoli che si trovano al supermercato. In questo modo non siamo mai fuori prezzo con quello che vendiamo, offrendo anche un prodotto di qualità. Secondo me ha la sua importanza anche la comodità di non spostarsi e averlo sotto casa, anche solo perché ‘mancano due cose per fare la pasta’. È un gran servizio che va oltre il prezzo.'”

Infine, Mauro Maggio, gestore di Eurospar in zona Ca’ Pajella, fornisce una visione più ampia da un punto di vista della grande distribuzione con la seguente dichiarazione:

“Parliamo di dati. Stiamo parlando di un formaggio grattuggiato, ce ne sono di tanti tipi, questo è un Padano riconosciuto di alta qualità. Un pari prodotto noi lo vendiamo a 2.30€, poi abbiamo anche grattuggiati misti a minor prezzo. Quindi posso confermare con dati alla mano che quello non sia un prezzo basso, rispetto al nostro comincia ad essere un 30% in più. Dico anche che, anche se al limite, ci può stare considerando il fatto che non sia un loro prodotto di punta ma venendo visto come servizio aggiuntivo ci può stare. Sicuramente non faranno acquisti a grandi quantità perciò può essere a grandi linee giustificato. È un negozio di servizio, quindi mi viene da dire che non è regalato ma neanche fuori di testa. Secondo me il servizio che loro danno è una grande cosa e sappiamo che il servizio costa. Bisogna accettare questo. La signora non ha preso l’auto, magari solo una bici e ha usufruito del servizio del panificio. Ad esempio noi abbiamo un Padano intero, quindi da grattuggiare, marchiato a 12.71€ al kg, quindi un pezzo da 700gr lo trovano a 8.90€. A volte il cliente deve stare un po’ attento e capire come risparmiare e quando c’è dietro un servizio esclusivo rispetto alla tipologia di negozio. Lavoro da un pezzo nei supermercati, e posso immaginare che il panificio possa pagarlo un 10% più di me, aggiungiamoci l’affitto in centro piuttosto che un capannone in periferia, utenze e altro. È chiaro che ci sarà un rincaro. È un servizio di altissimo livello. Vengo da 30 anni di ConfCommercio, un po’ di storia la conosco. Certi negozi in centro al paese fanno presidio, il giorno che non ci saranno più loro, gli anziani che faranno?”

In risposta alla frase di Bonotto “Forse il più caro di tutti è proprio il supermercato che con un prezzo di acquisto all’ingrosso ci butta su marginalità da paura”, Maggio replica: “Non è vero e trovo scorretto dire una cosa del genere e ci rimango male. Abbiamo una marginalità che non è assolutamente paragonabile a quella del negozio piccolo, giustamente e riconosco il loro diritto di avere una marginalità maggiore, altrimenti non sopravviverebbero. Ma non posso accettare questa frase di Bonotto, questa è la rabbia che parla. Lo posso garantire.”

L’articolo, e le reazioni che ha suscitato, evidenziano la complessità del dibattito sui prezzi al dettaglio, i servizi offerti dai commercianti locali e l’impatto della grande distribuzione sul tessuto economico e sociale delle comunità. Il dialogo tra i diversi attori del mercato, pur nelle divergenze di opinione, risulta fondamentale per comprendere le dinamiche economiche locali e le sfide che commercianti e consumatori affrontano quotidianamente in un mercato sempre più globalizzato e competitivo. Ma oltre a queste testimonianze, alcuni lettori ci hanno dato un’altra visione della situazione: “Chi è un buon commerciante? A mio avviso è chi riesce a fare buoni accordi con i propri fornitori, chi sa gestire bene le relazioni con i rappresentanti e riesce a strappare qualche centesimo in meno. Se i negozianti non riescono a fare questo, secondo me non sono bravi commercianti” spiega F.S., thienese che dice di aver lavorato nel commercio. “E’ la stessa cosa dei tabaccai: loro vendono tabacchi, valori bollati e lottomatica con marginalità bassissime perchè il loro guadagno non sta nel vendere quei podotti ma i giornali. Si tratta quindi di uno ‘specchietto per le allodole’, per attirare clienti vecchi e nuovi invogliandoli a comprare i loro prodotti di punta dove possono marginare. Sta sempre alla bravura del commerciante spostare l’attenzione, tamite l’odore o l’esposizione, sui loro propri prodotti. Stessa cosa vale per le patatine in omaggio al bar. E’ un servizio che serve per coccolare il cliente e rincarare poi sul cocktail. Troppo comodo buttarla sul piccolo negozio che ha tante spese, se si è buoni imprenditori si riesce a far quadrare i conti senza che il cliente se ne accorga. Diversamente, questi negozi camperanno fino a che i ricchi clienti storici andranno a comprare lì. Poi si dovranno reinventare, abbassare alle esigenze della nuova clientela o chiudere. E’ la via più facile far pagare di più ai propri clienti e a quanto pare la gente inizia ad accorgersene e a non accettare più il prezzo che gli mettete in vetrina. Sono finiti i tempi delle ‘vacche grasse’!”.

Laura San Brunone

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