Da oggi i call center dovranno rispettare le regole fissate dal Garante privacy per combattere il fenomeno delle cosiddette “telefonate mute”, una forma di grave disturbo degli utenti. Entrano infatti in vigore le regole decise lo scorso anno dall’Autorità per fermare il fenomeno, diventato estremamente invasivo e che genera “nell’utente particolari ansietà, allarme, sospetto, fastidio e disappunto, oltre alla frustrazione connessa al senso di impotenza e all’incapacità di reagire all’evento”, si legge nel testo del Garante.

 

Ma cosa sono le chiamate mute: le aziende di call center, per ottimizzare la forza lavoro, impostano i propri sistemi per avviare un numero di telefonate più alto degli operatori in effetti disponibili. Queste chiamate, una volta ottenuta risposta, possono essere mantenute in attesa silenziosa finché non si libera un operatore. Il risultato è appunto una “chiamata muta”. Serve a eliminare i tempi morti tra una chiamata e l’altra, secondo le aziende. E a tormentare gli utenti, secondo il Garante.

 Le nuove regole prevedono cinque principi di buon senso:

 1) i call center devono tenere precisa traccia delle “chiamate mute”, che devono comunque essere interrotte trascorsi 3 secondi dalla risposta dell’utente;

 2) non possono verificarsi più di 3 telefonate “mute” ogni 100 andate “a buon fine”. Tale rapporto deve essere rispettato nell’ambito di ogni singola campagna di telemarketing;

 3) l’utente non può più essere messo in attesa silenziosa, ma il sistema deve generare una sorta di rumore ambientale, il cosiddetto “comfort noise” (ad es. con voci di sottofondo, squilli di telefono, brusio), per dare la sensazione che la chiamata provenga da un call center e non da un eventuale molestatore;

 4) l’utente disturbato da una chiamata muta non può essere ricontattato per 5 giorni e, al contatto successivo, deve essere garantita la presenza di un operatore;

 5) i call center sono tenuti a conservare per almeno due anni i report statistici delle telefonate “mute” effettuate per ciascuna campagna, così da consentire eventuali controlli.

 Il Garante paragona le chiamate mute a una forma di stalking. “E’ importante garantire la massima produttività dei call center, ma i costi della loro attività non possono essere scaricati sugli abbonati inermi. Se alcune pratiche di marketing telefonico – aveva dichiarato il presidente dell’Autorità, Antonello Soro – vengono vissute dagli utenti addirittura come una forma di stalking, significa che l’impresa non sta facendo bene il suo lavoro. E’ prioritario per le stesse società di telemarketing che le cosiddette chiamate mute’ vengano drasticamente ridotte”

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