La storia di Danilo, lo chiamiamo così perchè i genitori non vogliono che il mondo sappia che hanno un figlio gay, è come quella di tanti ragazzi o ragazze, che hanno scoperto di non essere eterosessuali come il mondo ‘ordinario’ li vorrebbe.
Danilo ha 42 anni, è originario dell’Alto Vicentino e quando, a 16 anni, ha confessato ai propri familiari di  essere attratto dal suo stesso sesso, mamma e papà, genitori amorevoli, attenti e impeccabili nella sua crescita, non lo hanno accettato.
“Ho sentito il bisogno di comunicare loro la mia omosessualità, ma hanno reagito molto male, quasi violentemente” – racconta Danilo, che oggi vive a Padova con il proprio compagno e sogna il matrimonio – mi hanno detto che non mi volevano più come figlio e che se non mi fossi ‘fatto curare’, sarei dovuto andare lontano da loro”.
Danilo, a distanza di quasi 20 anni, ripercorre quel momento drammatico in cui si è sentito ripudiato. Oggi fa il libero professionista e dice di vivere in pace con se stesso.
Come hai scoperto di essere gay?
Sin da bambino, sentivo che non ero attratto dall’altro sesso. I miei compagni di scuola iniziavano ad avere la loro fidanzatina. Quando eravamo in gruppo, facevano commenti sulle forme delle ragazze, sulla loro bellezza. Io me ne stavo in silenzio e quando ero a casa da solo sul mio letto a guardare il soffitto mi chiedevo perchè a me le compagne non suscitassero interesse, non mi mettessero in moto gli ormoni come accadeva ai miei coetanei.
Poi, la prima cotta, a 13 anni, per un mio vicino di casa con cui frequentavo una sala giochi e andavo in giro in motorino. Non gliel’ho mai confessato, ma l’ho dovuto ammettere con me stesso che desideravo la sua compagnia in maniera più che amichevole. Così è iniziato il mio percorso verso quell’identità sessuale diversa che, una volta nitida dentro di me, mi ha fatto stare bene come non mi era accaduto fino a quel momento.
Cosa è accaduto?
Ho capito cosa volevo. Mi sentivo finalmente coerente e vero. Non volevo più fingere che mi piacessero le mie compagne di scuola.
Con chi ti sei confidato?
Prima con una mia cugina di secondo grado, che non si è stupita, ma mi ha abbracciato senza giudicarmi. Poi, ho sentito il bisogno di dirlo ai miei genitori che hanno reagito rinnegandomi.
E poi?
Sono stati anni d’inferno dentro casa. Non mi è stata rivolta la parola. Mi sono diplomato e mi sono trasferito a Padova, dove mi sono laureato e dove vivo in libertà la mia storia d’amore con un uomo conosciuto dieci anni fa. Ci amiamo e ci rispettiamo. Sogniamo di sposarci, ma non abbiamo mai parlato di figli. Anche il mio compagno ha una storia fatta di rifiuti e pregiudizi con genitori e familiari che lo hanno additato per quella natura, che è nata con noi e che va accettata al di là di preconcetti e rigidità mentali.
Oggi come vivi la tua omosessualità ed il rapporto con i genitori?
Li ho perdonati, perchè per loro è stato qualcosa che non avevano messo in conto nella vita. Qualcosa che non hanno saputo gestire e che nessuno li aveva preparati ad affrontare. Il mio amore di figlio in questi anni ha fatto capire loro che dovevano accettarmi e che rinnegandomi non avrebbero cambiato le cose. Oggi, per fortuna, c’è una generazione di madri e padri che hanno una marcia in più. C’è ancora tanto condizionamento sociale e morale e le barriere da abbattere rimangono spesse, ma noi gay e lesbiche dobbiamo uscire allo scoperto, parlare della nostra omosessualità per scardinarla da quei preconcetti che servono solo ad andare indietro e mai avanti verso l’emancipazione.Grazie al percorso che si sta facendo, molti omosessuali stanno affrontando la vita senza rinnegarsi e nascondersi, vivendo la loro natura con semplicità e alla luce del sole. Come deve essere.
di Redazione Altovicentinonline
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