Prezzi alle stelle e quantità in calo: il gelato diventa il simbolo della crisi dei consumi estivi. A confermarlo non servono grafici complicati o l’opinione di esperti. Basta sedersi al bar o concedersi una passeggiata sotto il sole estivo con un gelato in mano. Anzi, provarci.

Secondo un’indagine di Federconsumatori, solo nell’ultimo anno il prezzo medio del gelato è salito del +9%, con picchi del +24% per i gelati confezionati a stecca e del +23% per quelli in vaschetta. Numeri che fanno riflettere, soprattutto se si considera che rispetto al 2021 l’incremento complessivo è del +42%, mentre rispetto al 2002 siamo a un impressionante +138%.

Dietro a questi aumenti ci sono cause ben note: l’aumento dei costi delle materie prime come latte, zucchero e cacao, il caro-energia, ma anche le ripercussioni della pandemia, la guerra in Ucraina e l’instabilità economica globale. Un mix micidiale che ha colpito duramente anche un simbolo dell’estate come il gelato.

Ma non si tratta solo di prezzi. L’analisi di Federconsumatori sottolinea anche il fenomeno della shrinkflation, ovvero l’inflazione nascosta: i prodotti mantengono (o aumentano) il prezzo, ma con quantità ridotte. È il caso dei gelati confezionati a stecca, che si sono rimpiccioliti in media del -15% rispetto al 2002.

Insomma, oggi il gelato costa di più e offre meno. E se nelle gelaterie artigianali si punta su coni sempre più elaborati (e cari), il settore del confezionato sembra ridurre senza troppi complimenti sia la quantità che la qualità percepita.

Fonte dati: Federconsumatori – Indagine su prezzi e shrinkflation del gelato (2002–2025).

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