La delibera della Regione Veneto che consente ai medici di medicina generale di assistere fino a 1.800 pazienti e prevede un aumento di paga per la continuità assistenziale non soddisfa Maurizio Scassola, segretario Fimmg Veneto. “È un provvedimento temporaneo ed emergenziale che in quanto tale non affronta alla radice nessuno dei problemi che ci sono in questo momento nella medicina generale e nella continuità assistenziale”, dichiara Scassola alla ‘Dire’. “Noi avevamo fatto delle richieste di integrazioni al testo ma la Regione non le ha recepite. Ora ci auguriamo che apra immediatamente un tavolo di confronto perché la situazione è drammatica”. Tra i principali problemi del provvedimento c’è il fatto che i medici che oggi lavorano soli continueranno a farlo, perché i due euro per ogni paziente sopra i 1.500 che rappresentavano il precedente massimale non bastano per assumere un assistente amministrativo che svolga funzioni di segreteria. Cosa che invece sarebbe quantomeno opportuna secondo Scassola. “Arrivare a 1.800 assistiti significa caricarne il 20% in più, è una vita insostenibile e ci espone a gravi profili di responsabilità professionale. Perché a organizzazione inalterata ci si occupa di ulteriori 300 pazienti che non si conoscono e che in linea di massima, essendo i primi che si iscrivono, sono quelli che hanno più elevati livelli di esigenza di assistenza”. E “chi oggi non ha la segretaria di sicuro non la prenderà con l’onere che questo implica, anche perché la misura riguarda solo il 2022 e non c’è un orizzonte di investimento certo”, spiega Scassola.

L’ideale sarebbe invece che tutti i medici di medicina generale potessero avere un assistente amministrativo. “Sappiamo che non possiamo chiedere la luna, e che ogni medico non può avere in questo momento storico una segretaria, anche se sarebbe logico in un Paese moderno. Ma abbiamo già ipotizzato con la Regione da due anni, e non se ne è fatto nulla, di costituire dei gruppi di assistenza primaria che non lavorano necessariamente nello stesso studio ma possono avvalersi di personale amministrativo in comune”, chiarisce il segretario Fimmg. Per quanto riguarda la continuità assistenziale, invece, la delibera regionale prevede un aumento del compenso da 23 a 40 euro solo per le ore che eccedono il monte di “104 ore previste per i medici che svolgono il servizio. È questo non convincerà più medici a fare la continuità assistenziale. Quindi la popolazione vedrà il servizio inalterato con gli stessi problemi di adesso, perché la Regione con questa operazione non è più attrattiva rispetto ai giovani medici che preferiscono altri lidi, tipo le Usca o le specialità”. Insomma, “noi con questa operazione non recluteremo nuove forze”.

La proposta portata dalla Fimmg è invece di fare in modo che proprio le Usca partecipino “attivamente alla continuità assistenziale, facendosi carico di una quota parte delle ore di continuità assistenziale in maniera coordinata”. La Regione Veneto dovrebbe ora aprire un confronto con i medici per “riorganizzare l’assistenza primaria”, conclude Scassola, che insiste sull’urgenza di intervenire per modificare una situazione ormai “insostenibile” senza attendere “le nuove convenzioni”, che con ogni probabilità non arriveranno prima del 2023. “Domani scriverò alla Regione per dire che non siamo assolutamente soddisfatti di questo accordo, che non sono state recepite le nostre istanze, e che prendiamo atto che la Regione provvede a sistemare alcuni aspetti emergenziali non risolvendo alcun problema sul tavolo”.

All’attacco anche il Pd

L’idea di aumentare il numero massimo di pazienti seguiti dai medici di base portandolo da 1.500 a 1.800, seppure in via temporanea, non piace agli esponenti veneti del Partito democratico. “Non può essere l’unica soluzione alla carenza di medici di base. Già oggi denunciano carichi di lavoro insostenibili, senza ulteriori misure rischiamo di peggiorare anche il servizio”, attaccano i consiglieri regionali Anna Maria Bigon, Giacomo Possamai, Vanessa Camani, Jonatan Montanariello, Andrea Zanoni e Francesca Zottis, in risposta alla delibera della giunta presentata ieri a palazzo Balbi dal presidente della Regione Veneto Luca Zaia e dall’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin. “È vero che siamo di fronte a una situazione emergenziale e che anche Regioni come Lombardia e Piemonte hanno approvato deroghe in tal senso, ma le difficoltà non sono iniziate ieri e le risposte devono essere appropriate”, proseguono i dem.

“La programmazione nazionale va indubbiamente rivista, ma anche quella regionale è stata sbagliata se è vero che il Veneto è al primo posto in Italia per zone carenti e al terzo posto nel rapporto numero di assistiti per medico di base”, continuano proponendo l’apertura di una “contrattazione con tutti i sindacati dei medici di medicina generale affinché tutti coloro in graduatoria siano messi in condizione di accettare la destinazione”. Inoltre, “è prioritario investire sul personale amministrativo e infermieristico negli ambulatori, in modo da aiutare i medici, anche quelli che non fanno parte di medicine di gruppo e che per questo sono in ulteriore grande difficoltà nel dare assistenza, a fronteggiare le innumerevoli richieste dei pazienti”, infine, concludono Bigon, Possamai, Montanariello, Camani, Zanoni e Zotttis, è necessario “avviare un tavolo di confronto su come investire nella formazione di tutto il personale sociosanitario rispetto al nuovo contesto, perché l’emergenza è ormai diventata la normalità”.

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