La Regione Veneto spinge alle fusioni tra Comuni ma il Governo va nella direzione opposta, attribuendo finanziamenti non proporzionati che favoriscono i piccoli disincentivandoli dai ‘matrimoni’ con i comuni più grandi.

E’ quanto emerge dall’analisi dei finanziamenti per la realizzazione di investimenti per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale, con uno sbilancio dei fondi destinati ai comuni con pochi abitanti rispetto a quelli più popolati.

400milioni di euro in totale, previsti nella legge di bilancio 2019, che dispone 100mila euro per i comuni dai 10mila ai 20mila abitanti, 70mila euro per quelli dai 5mila ai 10mila abitanti, 50mila euro per i comuni dai 2mila ai 5mila abitanti e 40mila euro per i comuni sotto i 2mila abitanti.

Nessuna proporzione diretta tra numero di cittadini e finanziamento, con la conseguenza che i comuni più piccoli vengono avvantaggiati e non di poco.

E’ il caso di Carrè e Chiuppano, che di recente hanno detto ‘no’ alla fusione, o di Malo e Monte di Malo. Nel primo caso, il finanziamento sarà lo stesso, mentre Monte di Malo percepirà 50mila euro a fronte dei 100mila di Malo, pur avendo non la metà, ma un sesto degli abitanti.

Una legge destinata a far discutere, perchè contro corrente rispetto alle direttive che prevedono le fusioni tra comuni, volte a risparmiare soldi di burocrazia e servizi.

La ragione delle fusioni infatti, oltre all’allineamento con lo scenario europeo degli enti locali, prevede la regolamentazione dei servizi volta a dare risposta ai cittadini contenendo al massimo i costi.

E se fino ad oggi, in Veneto (ma non solo) la prima obiezione che spingeva al ‘no’ era una questione puramente identitaria, ora sul piatto ci sono altre argomentazioni, che a conti fatti si traducono in migliaia di euro.

A.B.

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