Per tanti piovenesi hanno caratterizzato una vita intera, li hanno sempre visti, ci sono sempre stati, e li hanno lasciati al loro posto anche dopo che se ne sono andati. Sono i luoghi iconici della socialità paesana, punti fermi sul va e vieni distratto, lo ‘scontato’ al quale non guardi quasi mai con occhio nuovo, perché fanno parte del tuo paese come tasselli del paese stesso.

 

I VESPASIANI sotto il municipio. Croce e delizia di ogni paese civile, simbolo verace di democrazia e panacea per quei vecchietti che si allontanano troppo da casa, i vespasiani di Piovene Rocchette si sono salvati miracolosamente dalla distruzione che ha colpito tutti gli orinatoi pubblici stradali del vicentino. Forse per casualità, o per una sorta di attaccamento affettivo che ha unito nel tempo amministratori e residenti. In voga da fine ‘800 in tutti i centri urbani, i piovenesi hanno finito per accettarli come un monumento storico da salvaguardare, un simpatico ricordo d’infanzia, nonostante la loro funzione così poco urbana e l’intimità inesorabilmente sventolata a cielo aperto. Eppure solo qualche decennio fa il loro utilizzo era la norma, e anche adesso qualche anziano residente non disdegna una ‘visita’ in questa toilette aperta in pieno centro, romantico antenato in stile liberty dell’attuale bagno chimico.

 

Il CEDRO di Villa Rossi a Rocchette. E’ stato sfiorato da milioni di sguardi, spesso distratti, dei lavoratori che vanno e vengono tra la Val d’Astico e la pianura. Ma lui è lì da 200 anni, ha fatto compagnia a 10 generazioni di Piovenesi, ha visto passare Mussolini, l’esodo della Grande guerra e la prima auto a circolare su suolo italiano, la Peugeot di Gaetano Rossi nel 1893. Introdotto in Europa nei primi anni dell’Ottocento a scopi ornamentali, è il Cedro dell’Himalaya (Cedrus deodara) del giardino della storica Villa Rossi sede, un tempo, del ‘dopolavoro’ della Lanerossi. Decennio dopo decennio si è guadagnato il suo posto tra gli alberi monumentali d’Italia, ed ancora offre ai passanti lo spettacolo silenzioso della incredibile chioma dall’alto dei suoi 27 metri di altezza.

 

La salita all’ANGELO. Emblema di una devozione tutta piovenese in cui alla preghiera si mescola la fatica della salita. Dal centro del paese il pellegrino sale fino all’intima chiesetta dedicata alla Madonna dell’Angelo, che ha nei secoli regalato agli abitanti l’espiazione dei peccati, la liberazione dalle calamità, dalla peste e dal vaiolo. L’edificio sacro, presente già dal XV secolo ma nel suo aspetto attuale neoclassico della seconda metà del 700, conserva al suo interno numerosi ex voto tra i quali un dipinto che raffigura l’enorme masso che rotolò fin quasi l’abitato di Piovene nel 1922, fermandosi miracolosamente a pochi metri dalle case, e oggi scolpito dall’artista Giorgio Sperotto con l’immagine della Vergine.

 

La trattoria ‘AL BERSAGLIERE’. Riadattata ai tempi moderni ma mai del tutto snaturata, la trattoria ‘Al Bersagliere’ di via Ceriotti rimane il più antico ristorante locale, gestito dalla famiglia Carollo da oltre 60 anni. Ma la sua origine come ‘ostaria’ si perde nell’800, e chissà quanto prima, resistente alla dominazione francese e a quella austriaca, sicuramente molto tempo prima che l’altissima taverniera, la vedova ‘Sorgàta’, distribuisse quartini ai festaioli che rumoreggiavano fino a tarda ora giocando a foraccio. Ancora oggi è passaggio obbligato per chi sale e scende il Summano passando per il centro del paese.

 

l’Uno: il primo insediamento della Lanerossi. Sommerso da piante ed edere nelle vicinanze di Ponte Pilo, l’antica strada di collegamento tra Piovene e Cogollo prima della costruzione di Ponte Sant’Agata, ha segnato per sempre l’aspetto delle rive dell’Astico, il paesaggio del paese e decisa la sua vocazione operaia per tutto il ‘900. Inaugurato il 20 dicembre 1869, il gigantesco stabilimento della filatura, battezzato ‘Rocchette 1’ ma conosciuto come ‘l’Uno’, conta già 500 dipendenti. Seguito dopo pochi anni da altri due stabilimenti, il Due e il Tre, che nel loro complesso daranno lavoro contemporaneamente negli anni 50 a oltre 7 mila operai, Piovene entra a far parte di quel polo laniero Alto Vicentino che diventerà di lì a poco in più prestigioso d’Italia. La località di Rocchette, pochi anni prima isolata dal centro urbano storico di Piovene, si espande sempre di più finché il nome del paese verrà mutato ufficialmente nel 1933 in ‘Piovene Rocchette’.

Marta Boriero

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