Annunciata per giugno la seconda edizione del libro di Marco Termenana (pseudonimo) Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli“, edito in prima edizione a giugno 2021 da CSA di Castellana Grotte, Bari.

Innanzitutto, chi è Marco Termenana?

Con lo pseudonimo di El Grinta, sullo stesso argomento, ha già pubblicato Giuseppe”. I romanzi sono ispirati al suicidio di Giuseppe, il figlio ventunenne (il primo di tre), quando in una notte di marzo 2014 apre la finestra della sua camera, all’ottavo piano di un palazzo a Milano, e si lancia nel vuoto. Senza mai cadere nella retorica, la storia racconta il (mal) vivere di chi si è sentito sin dall’adolescenza intrappolato nel proprio corpo: la storia di Giuseppe è infatti anche la storia di Noemi, alter ego femminile, che assume contorni definiti nella vita dei genitori solo nel momento in cui si toglie la vita. Tragedia non solo di mancata transessualità ma anche di mortale isolamento, al secolo hikikomori, malattia consistente nella scelta di rifuggire totalmente dalla vita sociale e familiare.

Mio figlio” sta ricevendo un forte plauso dalla critica letteraria di tutta Italia e proprio il mese scorso ha festeggiato il trentatreesimo riconoscimento in circa un anno e mezzo, perché procedere con una seconda edizione?

“Ho iniziato a ricevere molte richieste dalle Amministrazioni Comunali di presentare sul loro territorio alla comunità amministrata. L’ultima è stata il 23 novembre scorso, ad Azzate, Varese, e la prossima è il 17 febbraio a San Clemente, in provincia di Rimini. Attraverso questi eventi, mi sono reso conto che “Mio figlio” non è un libro come gli altri perché il pubblico viene per cercare di capire se può imparare qualcosa dall’esperienza della nostra famiglia. Lavorando, mi ci posso dedicare solo quando sono in ferie e non riesco a tenere presentazioni se non a distanza di due mesi almeno una dall’altra. Tra l’altro, per ora solo nel Nord e Centro Italia. Confido di poter organizzare una settimana a fine aprile per soddisfare la richiesta di Comuni meridionali. Da che c’è stato il Covid, poi, ho perso anche il contatto diretto con le scuole e con i ragazzi che invece, con il primo libro e fino ad allora, era molto forte. La seconda edizione quindi, magari accompagnata da una mia maggiore disponibilità temporale, dovrebbe essere l’occasione per recuperare quanto lasciato indietro. La difficoltà maggiore che ho presentando il libro, però, sapete qual è? Far comprendere che non ho scritto per gli altri, ma solo per ritrovare Giuseppe e che il valore aggiunto che può essere generato per i lettori non era tra i miei obiettivi, anche se mi fa piacere se la lettura di quanto ho scritto può essere di stimolo alla riflessione sia per chi è in situazioni analoghe a quelle raccontate e sia per chi non lo è ma ugualmente vuole confrontarsi con le mie esperienze.

Come sarà la seconda edizione? 

“In effetti, tra le due edizioni non ci sono grandi cambiamenti. Tutto l’impianto rimane lo stesso e viene messo a posto solo qualche refuso. Stiamo ancora valutando se inserire l’elenco dei riconoscimenti ricevuti dalla prima edizione, di modo che i nuovi lettori sappiano sin da subito il livello dell’autore che stanno per conoscere.

È auspicabile, dunque, che questa terribile storia che un papà ha avuto la forza di raccontare in “Mio figlio”, possa continuare a generare valore aggiunto sia per chi è in situazioni analoghe a quelle raccontate (genitori, figli, nonni, docenti, dirigenti scolastici, psicologici ed operatori sociali) e sia per chi non lo è ma vuole ugualmente confrontarsi con un bell’esempio di resilienza.

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