C’è modo e modo per andare in montagna. Andarci con un po’ di sale in zucca sarebbe il modo migliore.
Tra vette assolate e valli fiorite, abbondano non solo marmotte e camosci, ma anche (e fin troppi purtroppo) imprudenti, convinti di essere Reynold Messner, tronfi di autostima e privi di buon senso.
Da giorni impazza sul web un articolo apparso su www.alpinismi.com a firma Fabrizio Goria che, in un misto di ironia e disperazione, ha riportato alcuni esempi di turista-imbecille realmente esistiti (pare impossibile, ma è proprio così), che si sono rivolti al Soccorso Alpino dell’Alto Adige con richieste di aiuto che oltrepassano (e di mò) i limiti della logica.
A leggerli così, scritti nero su bianco, viene quasi da sorridere, ma se ci si sofferma un momento, è chiaro che da ridere c’è ben poco. Oltre che incredibilmente costosi (190 euro al minuto l’intervento dell’elicottero), i soccorsi in montagna sono impegnativi e, diciamolo, darsi da fare per soccorrere un cretino, è anche parecchio frustrante.
Lo sanno bene i soccorritori alto-atesini, che si sono trovati a dover dare risposte a richieste del seguente calibro: “Piove, non è che l’elicottero potrebbe portarci degli ombrelli?”, “Stamattina faceva caldo, ora è tanto freddo, non è che ci portate da vestire?”. Per non parlare della turista bloccata sul Seceda in tacchi a spillo, che chiamando i soccorsi ha avuto il coraggio di dire: “Mi venite a prendere, con l’elicottero? Non riesco più a scendere…”.
Commenti che possono sembrare assurdi. Ma basta una normale passeggiata in montagna, senza dover andare tanto in cerca di rogne, per capire che molti escursionisti hanno nel sangue la vocazione del rischio e cercano la morte tra i crepacci con la dedizione di un cercatore d’oro.
Prendiamo le 52 Gallerie del Pasubio. La super-affollata mulattiera, storico percorso di guerra, è considerato uno dei percorsi più pericolosi in Italia. La definizione è azzardata, ma rimane il fatto che conta numerosi tratti scivolosi, si affaccia su burroni ripidissimi e la salita richiede scarponi da roccia. Eppure non passa giorno in cui arrivino turisti in sneakers, totalmente inconsapevoli dei rischi che corrono.
Hanno poco da dire i sindaci, i dirigenti del Cai, del Soccorso Alpino e delle associazioni di appassionati di montagna, che distribuiscono volantini con il decalogo del buon montanaro. Possono spiegarlo quanto vogliono che scarponcini, k-way e maglioni sono un must, tanto quanto una bottiglia d’acqua e una barretta proteica. Purtroppo, troppo spesso, non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire e non passa giorno che il Soccorso Alpino riceva richieste strampalate da escursionisti improvvisati, che spesso per essere salvati costringono perfino i soccorritori a mettere a repentaglio la loro vita.
Menzione d’onore per i due escursionisti (38 e 43 anni) che l’anno scorso hanno tentato la ferrata del Vajo Scuro a Recoaro senza l’attrezzatura. Dopo essere rimasti bloccati, hanno chiamato in aiuto il Soccorso Alpino, che a pochi giorni di distanza è dovuto intervenire anche per riportare a casa una coppia (43 e 49 anni di Monselice), rimasta bloccata di notte e senza attrezzatura in Val Frenzela a Gallio.
Per non parlare di chi (e sono tanti ahimè) è rimasto bloccato dalla neve alta nel Pasubio, nonostante gli accessi fossero chiusi e i segnali di pericolo ampiamente segnalati, costringendo elicottero e soccorritori a manovre impossibili.
Ce ne sarebbero a decine da segnalare solo nell’ultimo anno. Impossibile dimenticare i due fidanzatini ventenni, bloccati di notte tra la neve e gli anfratti del Monte Sacro, o le coppie bloccate su Carega e Cornetto.
Sono tante le richieste d’aiuto lanciate da sprovveduti.
“In molti potrebbero ridere pensando alla turista coi tacchi a spillo, ma non c’è proprio nulla da ridere – ha raccontato Goria – Situazioni del genere sembrano paradossali, degne di un film grottesco. Eppure, è la realtà che vediamo tutti noi, nell’80% delle volte che usciamo in ambiente. A guardare gli organi di stampa non è successo nulla fra il Grostè e il Rifugio Tuckett, ma poteva accadere. Se tutti i turisti, equipaggiati in modo inadeguato e poco avvezzi a come si cammina in montagna, sono tornati a casa sani e salvi, lo devono al caso. Punto. Non c’è altra possibilità se non questa. Il caso li ha riportati nelle loro abitazioni, dove hanno potuto fare sfoggio delle fotografie scattate con i propri smartphone”.
Ciò che è davvero tragico di questa tipologia di escursionisti, è che non hanno minimamente la consapevolezza del rischio corso. Facile quindi pensare che, la scena si ripeterà. “Questa fattispecie è pericolosa in quanto si esporrà nuovamente ai rischi oggettivi e soggettivi durante la prossima uscita – secondo Fabrizio Goria – E quindi si torna nel circolo vizioso della roulette russa della montagna vissuta con incoscienza. Può andarti bene per 20 volte consecutive, o per 200, ma prima o poi si pagherà quel rischio. Quindi, perché ancora così tante persone giocano con la propria vita in montagna? Qualcuno potrebbe dire che è colpa dell’antropizzazione. Funivie che ti portano oltre i 3.000 metri in un battito di ciglia, turismo di massa che viene sfruttato senza porsi troppi perché dagli operatori. Qualcuno potrebbe dire invece che è colpa dell’immagine mitizzata dell’alpinista contemporaneo che però può essere chiunque, se dotato di quella giacca particolare o di quegli scarponi. Logiche di marketing, insomma”.
Ma si può anche parlare di eccesso di autostima e mancanza di rispetto. Quella stessa mancanza di rispetto che hanno sfoggiato coloro che hanno appeso sul Pasubio (dove si ricordano i soldati morti in guerra), una targa in ricordo del cane caduto nel crepaccio (Val Canale) o dell’amico volato di sotto dopo una bisboccia notturna (Strada degli Eroi).
A gettare uno strato di buon senso e richiamare all’ordine è intervenuto pochi giorni fa Luca Zaia, presidente del Veneto, che annunciando di essere pronto ad aumentare i costi per gli interventi non sanitari dei soccorsi, ha detto: “Non possiamo mettere a repentaglio la vita dei nostri soccorritori perché qualcuno, in maniera avventata e impropria, va in montagna non attrezzato, magari con le ciabatte infradito”. Messaggio chiaro: o ti assicuri e ti metti in regola, oppure pagherai il conto.
Ad oggi le tariffe sono: 200 euro la chiamata, a cui vanno aggiunti 50 euro per ogni ora di intervento via terra, per un massimo 1.500 euro. Se interviene l’elicottero sono 25 euro al minuto fino ad un massimo di 500 euro per un ferito grave, 75 euro al minuto fino ad un max di 7.500 euro per un ferito lieve e 90 euro al minuto senza tetto massimo per l’intervento in soccorso di persone illese.
Anna Bianchini