Studenti in classe col telefonino “strumento che facilita l’apprendimento”, queste le parole del ministro dell’istruzione Valeria Fedeli. Purché sia pacifico che il telefonino in classe non è una grossa novità, anche se vietato agli studenti, le parole del ministro Fedeli hanno diviso l’opinione pubblica in merito alla finalità didattica.

Siamo andati a sentire cosa ne pensano alcuni presidi delle scuole superiori nell’alto vicentino, per capire quanto lo smartphone possa essere visto come un intralcio, ovvero se visto come un valido supporto alle lezioni in classe.

Dalla nostra inchiesta emerge il divario che contrappone nettamente i presidi  tra  “Sì può essere uno strumento a supporto della lezione in classe” e tra “Assolutamente No, si creano situazioni fuori controllo”.

“Sì all’uso, no all’abuso”, questo il pensiero di Marina Maino dirigente scolastico del liceo Corradini di Thiene, oltre che reggente del Garbin di Schio: “Il cellulare in classe, quando richiesto dal docente, può rappresentare una risorsa, un modo per sviluppare ed approfondire dei concetti in classe, ma lo studente dovrà usarlo col buon senso – continua Maino – Per questo è importante che la scuola aiuti i ragazzi, ad ‘educarli’ nell’utilizzo concreto e non di certo alla connessione al cento percento. La mia ‘mission’ resta sempre lolo studente, credo che uno sviluppo delle loro capacità di discernere se e come usarlo in classe sia, tra le molte cose che la scuola può offrire, una grossa finalità di crescita ”.

Dello stesso avviso anche Alberto Frizzo, preside dell’Itis De Pretto di Schio e dirigente al Rossi di Vicenza: “Il cellulare non va demonizzato ed usandolo in classe non si rischia di entrare in conflitto col lavoro, anzi può essere un’opportunità – continua –Per arrivare a questo la scuola deve essere al fianco dello studente, coinvolgendolo ed aiutandolo in un uso maturo”.

Di pensiero opposto, e in maniera categorica, il direttore del CFP Saugo di Thiene Luciano De Franceschi che, virando più sul tablet ma sempre monitorato, al momento non ravvede la possibilità di fare utilizzare ai suoi studenti il telefonico: “No,  non ci sono le condizioni per permettere l’uso del cellulare in classe – spiega ancora De Franceschi – Ipotizzare che durante lo svolgimento di una lezione in classe il docente debba controllare, se e come lo studente sta usando il telefonino, è improponibile oltre che arduo. Si corre il rischio di prestare il fianco a  spiacevoli, e a volte gravi, situazioni come lesioni della privacy”.

Sulla stessa linea si schiera anche Francesco Crivellaro, preside reggente del Martini di Schio e dirigente del Comprensivo di Thiene: “Non sono favorevole, perché si rischia di sfociare nell’utilizzo improprio, generando problematiche che non portano alcun beneficio allo studente, come la mera copiatura di una fonte online senza alcun ragionamento, a quelle più gravi come il cyberbullismo – prosegue Crivellaro che proprio al Martini di Schio l’anno scorso aveva avviato un progetto sperimentale di educazione digitale – Ai ragazzi prima di tutto serve un’educazione, digitale in questo caso, per questo ho l’intenzione di riproporre al biennio il percorso formativo, eseguito da un esperto di polizia postale”.

Invoca cautela, e testa sulle spalle, l’assessore comunale alla cultura di Thiene, Maria Gabriella Strinati: “Va usato con la testa e in maniera ragionata, per questo la scuola prima di tutto  si deve porre come base educativa per gli studenti, anche nei confronti della tecnologia  – conclude Strinati  – Un pro e contro categorici è difficile esprimerli, perché se da un lato è vero che può dare un aiuto, anche immediato, è pur vero che i ragazzi vanno disciplinati per evitare di sfociare nell’abuso. Ma su tutto, al di là di qualsiasi apporto tecnologico, il cellulare non deve prevaricare sul rapporto umano, che in un contesto scolastico e per l’età degli studenti, è basilare nel loro percorso di crescita personale, oltre che didattica”.

Paola Viero

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