Alla fine, la Fabbrica Alta di Schio, potrebbe rimanere una semplice ‘rovina’. Di cui tutti si prenderanno cura, come una preziosa maschera funeraria conservata in qualche museo, ma comunque, una rovina.

Come il Colosseo, per intendersi, o l’Arena di Verona, utilizzate occasionalmente come contenitore di qualcosa di eccezionale ma nelle cui strutture nessuno si sognerebbe di mettere le mani.

E’ emerso questa mattina durante la conferenza organizzata al Lanificio Conte per presentare il progetto ‘Fabbrica Altra’, dove grazie ad un finanziamento regionale di 170mila euro saranno realizzate alcune residenze artistiche con lo scopo di ‘contenere’ le fughe di talenti.

Soldi che servono per un progetto destinato ad infondere nuove idee e nuovi linguaggi nella Fabbrica e nella società che la circonda.

Le residenze artistiche saranno di particolare rilievo in quanto rivolte ad artisti e compagnie affermati su scala internazionale con un’attenzione specifica per l’intervento sugli spazi in cerca di nuova identità. Nel corso del 2019, per due mesi ciascuno, 4 artisti internazionali si alterneranno dentro e attorno alla fabbrica sempre per stabilire un dialogo con il contesto sociale ed economico di Schio. “C’è un vincolo fondamentale per gli artisti – ha spiegato Fabrizio Panozzo, professore all’Università Cà Foscari di Venezia, che ha lavorato per dare visibilità alla Fabbrica Alta affinché fosse concepita come un luogo vivo dalla popolazione scledense – Ogni forma d’arte presentata dovrà essere in relazione con gli stimoli che arrivano dalla città stessa. Gli artisti saranno in contatto con le realtà locali e le loro creazioni partecipative con il territorio”.

Dalle associazioni sono pervenute varie idee per l’utilizzo del reperto di archeologia industriale più rappresentativo di Schio. Svariati i temi, varie le proposte, ma su tutto è emerso che interessa più quello che sta intorno alla Fabbrica Alta rispetto a ciò che ci sta dentro.

In un futuro però, non è escluso che la Fabbrica diventi un contenitore commerciale. “I restauri virtuosi sono quelli che durano nel tempo – ha spiegato Panozzo – Niente impedisce che vengano inseriti dei bar o delle attività commerciali, utili a tenere vivo il luogo. La cultura qui serve a lanciare un segnale, ma poi sono gli eventi e il commercio a generare economia, per cui non c’è da scandalizzarsi se nei luoghi iconici si installano soluzioni commerciali.

Su questo aspetto, si mostra d’accordo Guido Xoccato, presidente di Confcommercio del mandamento di Schio: “Schio ha bisogno di allargare il suo centro storico, per allungare le passeggiate sia sociali che commerciali – ha spiegato – Naturalmente bisogna coniugare domanda e offerta e integrare in modo intelligente il nuovo con l’esistente. Noi siamo comunque vicini a questo progetto e garantiamo il nostro appoggio”.

“La Fabbrica Alta, alla fine, si potrebbe anche decidere che rimanga una ‘rovina’ – ha commentato Panozzo – Se alla gente interessa di più la dinamica urbanistica circostante rispetto all’interno, niente vieta di lasciare la Fabbrica come reperto di archeologia industriale. A nessuno verrebbe in mente di restaurare un obelisco egizio o il Colosseo. Si lasciano lì e si cerca di preservarli, ma non si rivitalizzano, non si riattivano. Dobbiamo chiederci perché a volte vogliamo a tutti i costi che l’archeologia industriale riprenda vita. Dobbiamo smetterla con l’essere ossessionati di avere spazi da riempire – ha concluso – Il progetto intanto andrà avanti e grazie alle varie sollecitazioni culturali fornirà spunti e inviti alla riflessione”.

Anna Bianchini

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