E’ kosovara, per noi genericamente rom, ma non una qualsiasi, perché si è scoperto che in Italia, lei, Sena Halilovic, detta Raselma, 60 anni, è la regina dei rom. Possiede Ferrari, ma non solo: ha 400 auto di lusso, e avrebbe anche un tesoro di ben 4 milioni di euro.

La donna più potente del clan matriarcale dei Korakhanè, rom musulmani originari del Kosovo, è molto ricca. E sin qui nulla di strano. Al mondo i ricchi hanno nazionalità varie e chi ha detto che tra i rom musulmani del Kosovo non devono essercene?

Ma c’è un’anomalia nel caso di Sena detta Raselma, già perché la regina che gira in Ferrari, fingendosi una poveretta bisognosa di sussidi, ha ottenuto dal Comune di Torino 70mila euro in assegni familiari per lei e per 22 persone della sua famiglia. E quei soldi, lo sappiamo bene, potevano andare distribuiti a famiglie davvero povere, italiane o non, anche kosovare, ma davvero povere.

I possedimenti della ‘povera’ Selma detta Raselma

400 macchine di lusso, un castello, un hotel, un terreno sulle colline astigiane, ville con piscine e vasche idromassaggio, una residenza bunker a Mostar, in Bosnia Erzegovina. La provenienza di questo tesoro? Per la polizia frutto di truffe, furti di rame e metalli ferrosi, traffico di auto, rubate in Italia e rivendute nei Paesi dell’Est.

Ecco cosa scrive Tg.com sulla ‘regina dei rom’ e il suo clan: “420mila euro sono stati confiscati alla donna, ma nessuno sa veramente a quanto ammonti il patrimonio che ha nascosto. Il suo è un clan numeroso. Erano Halilovic i tre minorenni che a Roma nel 2015 a bordo di un’auto pirata travolsero 9 persone e uccisero una donna di 44 anni. Era Halilovic il rom che stuprò 2 quattordicenni romane il 10 maggio 2017 in un boschetto del quartiere del Collatino. Nell’aprile del 2017 carabinieri e polizia spagnola erano riusciti a catturare Sena a Girona, per un colpo realizzato con la figlia. Scarcerata è sparita nel nulla. Con i suoi segreti e il suo tesoro”. Eppure per lo Stato italiano, la regina dei rom era indigente e meritava assistenza e aiuti in denaro.

Ma quanto ancora dovremo sopportare, noi italiani, perché anche i nostri connazionali in stato di indigenza siano trattati alla pari degli stranieri’ L’integrazione, la multiculturalità devono essere basate su un principio di equità, non di prevalenza assistenziale dello straniero sull’italiano.

E ora? Si potrà sperare che il caso di ‘Selma detta Raselma’ faccia scuola e apra la strada ad accertamenti sul numero effettivo dei rom in italia – che secondo un vecchio rapporto rappresenterebbe solo lo 0,25% della popolazione, ma si parla di quelli regolarizzati- e dei beni che effettivamente possiedono?

Ma già, vero, non dimentichiamo che se un cittadino italiano è obbligato a dire allo Stato dove abita, da quanto ci abita, se è sposato, se ha figli e quanti ne ha, e deve pagare tasse, i rom sono liberi di non adempiere a nessuna di queste regole.

Nel 2008, venne proclamato un piano del governo Berlusconi, ‘emergenza rom’, che prevedeva, tra le altre cose, la schedatura dei bambini con impronte digitali e una politica di sgomberi permanente. Quel piano è stato fatto decadere nel 2012 dalla Cassazione, accusato di “discriminazione razziale”.

Certamente schedare dei bambini è azione da condannare, ma consentire che gli appartenenti a questo popolo nomade non si adeguino alle nostre leggi, non paghino tasse ma, come nel caso della ‘regina dei rom’, addirittura arrivino a intascare soldi dallo Stato italiano pur non avendone il titolo, appare paradossale, oltre che biasimevole azione.

Sappiamo che ci sono tra loro elementi perfettamente integrati al nostro sistema: gente che lavora, ha casa fissa e manda i figli a scuola, ma, appunto, un censimento utile alla distinzione, ad evitare che non si faccia di ‘tutta l’erba un fascio’, sarebbe necessario per noi e loro.

Patrizia Vita

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