‘Io vado avanti’. L’assessore all’Istruzione Elena Donazzan non ha intenzione di mollare sul test antidroga da portare nelle scuole del Veneto per arginare in qualche modo il fenomeno dell’uso di stupefacenti tra giovanissimi, che iniziano a consumare quando sono ancora bambini. Le statistiche dicono che la prima canna arriva verso gli 11 anni.

Contestata e acclamata, Elena Donazzan,  nel corso della trasmissione di Radio Padova ha dichiarato che sulla proposta del test non abbassa la guardia e che la Regione del Veneto dovrà valutare i costi di quella che è al momento solo un’idea, ma che lei vuole realizzare. ‘Stiamo cercando di quantificare la spesa che comporterebbe – ha detto ai conduttori Barry Mason e Alberto Gottardo, che si sono occupati della madre coraggio che ha scoperto che il figlio era uno spacciatore e non ha esitato a denunciarlo alle forze dell’ordine – , ma il problema non è solo quello. La scuola è un mondo a sè ed è una sorta di realtà autonoma, con le regole proprie. Si rivendica la privacy e la riservatezza, che vanno tutelati. C’è inoltre una ipocrisia sull’argomento ed io vorrei che l’opinione pubblica di esprimesse a riguardo per capire come la pensa’.

 «Donazzan si occupi dei problemi reali degli studenti»

Era il 15 dicembre scorso, quando  tutti i giornali del Veneto riportarono le parole dell’assessore Elena Donazzan in merito ai test antidroga obbligatori per gli studenti della nostra regione. Non si fecero attendere le repliche al vetriolo di chi giudicò con netta contrarietà la proposta.

‘Come Rete degli Studenti Medi, non possiamo che essere contrari: si tratta di una misura securitaria e repressiva, che non può trovare posto in luoghi di formazione come le scuole. Storicamente, il proibizionismo è sempre stato più dannoso che utile – disse Tommaso Biancuzzi, coordinatore della Rete degli Studenti Medi del Veneto – e serve solo alla Destra per mettersi il cuore in pace. Invece di porsi delle domande sul fenomeno, la Regione decide di spalancare le porte delle nostre scuole alla polizia e ai cani antidroga». A fronte di investimenti palesemente insufficienti per quanto riguarda il diritto allo studio, sembra che il principale interesse di Donazzan e soci sia praticare del terrorismo psicologico sugli studenti. Invece di pensare a misure che garantiscono veramente l’accesso all’istruzione per tutte e tutti si preferisce porre l’accento su problemi che problemi non sono.Oltre a essere economicamente insostenibile, l’operazione di Donazzan si rivela molto pericolosa, finendo per equiparare droghe pesanti a droghe leggere, in una maniera ottusa e che, a lungo termine, finirà per fare danni inimmaginabili. Chiediamo che l’assessore si preoccupi di più degli ostacoli che si frappongono ogni giorno fra i ragazzi e la loro istruzione e un po’ meno di queste misure ideologiche e accalappiavoti» concluse Biancuzzi.

Non era stato solo il mondo studentesco ad insorgere dopo le dichiarazioni di Elena Donazzan, che nonostante il vespaio di polemiche, sembra intenzionata ad andare avanti. A farle opposizione, la consigliera regionale Bartelle di Italia in Comune, che dichiarò:  “Qualcuno dovrebbe ricordare a Donazzan  che non siamo ancora nella Serenissima Repubblica Autonoma di Zaia, ma siamo ancora la Regione Veneto, cioè una semplice articolazione amministrativa di quella “cosa” che si chiama Repubblica Italiana. E che pertanto anche in Veneto vige ancora la Costituzione della  Repubblica. Qualcuno dovrebbe rammentarle che è ancora in vigore l’art. 13 della Costituzione in base al quale “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o di perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei  soli casi e modi previsti dalle leggi . Si tratta di Leggi dello Stato Italiano e non della Repubblica Veneta. Peraltro è interessante evidenziare come nell’ipotesi dell’introduzione di una norma del genere essa dovrebbe – in virtù del principio di uguaglianza – interessare tutto il personale al  servizio dello Stato e, se non altro per una questione morale, anche  i componenti dei vari esecutivi centrali e locali. Misura oltretutto già proposta in parlamento da Udc nel 2006 e M5S nel 2017, bocciata in entrambi i casi. Evidentemente  si tratta dell’ennesima “boutade” che fa il paio con la recente proposta, sempre di matrice veneta, di ripristinare la leva obbligatoria”.

di Redazione AltovicentinOnline

 

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