La Commissione europea ha presentato oggi a Bruxelles un Piano d’azione con una serie di misure operative sull’emergenza migranti, con particolare focus sui flussi lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Il Piano d’azione sarà sul tavolo dei ministri degli Stati membri durante il Consiglio straordinario Affari interni di venerdì prossimo, 25 novembre.

Pur sottolineando che “delle soluzioni strutturali alla questione migratoria potranno essere trovate solo attraverso l’adozione dell’intera serie di riforme”, proposte il 23 settembre 2020 con il “Patto Ue per l’immigrazione e l’asilo”, la Commissione presenta 20 azioni, articolate attorno a tre pilastri, che dovrebbero essere portate avanti dall’Ue e dai suoi Stati membri “per ridurre la migrazione irregolare e non sicura, fornire soluzioni alle sfide emergenti nel settore della ricerca e soccorso in mare, e rafforzare la solidarietà bilanciata dalla responsabilità tra gli Stati membri”. La “solidarietà bilanciata dalla responsabilità” è la formula che è stata adottata per sviluppare l’accordo del giugno scorso sui ricollocamenti volontari degli arrivi (solidarietà), a cui hanno aderito una ventina di Stati membri, dopo che erano state accettate in Consiglio Ue le nuove norme sullo “screening” e sull’uso della banca dati Eurodac per identificare i migranti (responsabilità).

Il primo pilastro del Piano d’azione prevede che l’Ue rafforzi la lotta contro il traffico di migranti, l’impegno diplomatico sui rimpatri, e le capacità di Tunisia, Egitto e Libia di garantire una migliore gestione delle frontiere (bloccando le partenze). A questo fine, l’Ue avvierà un’apposita iniziativa “Team Europa” sul Mediterraneo centrale entro la fine di quest’anno. Il secondo pilastro consiste in un approccio più coordinato alle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, con misure per rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri e tutti gli attori coinvolti. A questo fine, la Commissione annuncia che “rilancerà il ‘Gruppo di contatto europeo’ per la ricerca e il salvataggio in mare, invitando a partecipare i paesi partner, le organizzazioni internazionali e le parti interessate.

L’agenzia Ue delle guardie di frontiera e guardacoste, Frontex, insieme agli Stati membri coinvolti, dovrebbe effettuare una valutazione della situazione nel Mediterraneo centrale, “per individuare le esigenze di un sostegno rafforzato attraverso operazioni congiunte, sorveglianza aerea e marittima, sviluppo di capacità e consapevolezza situazionale per gli Stati membri alle frontiere esterne”. Oltre a un coordinamento più stretto con l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), la Commissione propone una maggiore collaborazione con l’Organizzazione marittima internazionale (Oim), e promuoverà in questo contesto “discussioni sulla necessità di un quadro specifico e orientamenti per le navi che si concentrino in particolare sulle attività di ricerca e salvataggio, tenendo conto degli sviluppi nel contesto europeo”.

Si tratta di una prima risposta alle pressioni italiane volte a inquadrare meglio le attività delle navi delle Ong, possibilmente imponendo loro il rispetto di un codice di condotta europeo.

Rispondendo a una domanda su questo punto, durante una breve presentazione alla stampa dell’iniziativa questo pomeriggio a Bruxelles, la commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson, ha ricordato: “Abbiamo proposto una sorta di codice di condotta europeo per le Ong nell’ambito del Patto per l’immigrazione e l’asilo. Io sono pienamente d’accordo che ci debba essere un maggiore coordinamento fra gli Stati costieri, gli Stati di bandiera delle imbarcazioni e le Ong”.

In questo contesto, il Piano d’azione promuove una collaborazione più stretta, con “scambio di informazioni e il coordinamento, in particolare tra gli Stati costieri e gli Stati di bandiera, anche al fine di facilitare una migliore cooperazione tra i paesi membri e le navi di proprietà di soggetti privati o da essi gestite”.

Il terzo pilastro, infine, prevede un rafforzamento dell’attuazione del “meccanismo volontario di solidarietà” riguardo ai ricollocamenti dei migranti sbarcati nei paesi più esposti ai flussi via mare, a cominciare dall’Italia, o a forme di sostegno economico in alternativa.

Questo meccanismo temporaneo (durerà un anno), previsto dalla “dichiarazione di solidarietà” concordata il 22 giugno 2022 da una ventina di Stati membri, “funge da ponte verso il futuro sistema permanente previsto dal Patto su Immigrazione e asilo”, ricorda la Commissione. Ma finora, qualcosa non ha funzionato. A fronte di oltre 8.000 offerte di ricollocamenti da parte dei paesi firmatari, solo un centinaio di migranti sono stati effettivamente ricollocati. á Il Piano d’azione propone di “accelerare l’attuazione del meccanismo, di migliorarne la flessibilità, di razionalizzare i processi di ricollocamento e di attuare il finanziamento di misure alternative di solidarietà”.

La rotta del Mediterraneo centrale ha registrato un flusso di circa 90.000 migranti nell’ultimo anno, con un aumento del 50% rispetto all’anno precedente, ha ricordato Johansson.

“Sono soddisfatto per i contenuti del ‘Piano di azione per il Mediterraneo centrale’, il documento preparatorio reso noto oggi dalla Commissione europea in vista del Consiglio straordinario dei ministri dell’Interno convocato per il prossimo 25 novembre a Bruxelles”, ha dichiarato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, aggiungendo: “Il testo mette al centro della discussione alcune importanti questioni in tema di gestione dei flussi migratori e lo fa nella prospettiva già auspicata dal Governo italiano”.

“In particolare – ha continuato Piantedosi – mi riferisco alla condivisione dell’esigenza di una più intensa cooperazione con i Paesi di origine e transito dei flussi migratori, anche attraverso la realizzazione di specifici programmi europei di investimenti su quei territori. Molto significativo il riferimento a una implementazione del meccanismo di solidarietà adottato nel giugno scorso, in considerazione del fatto che la sua applicazione concreta, fino ad oggi, ha dato per l’Italia risultati assolutamente insufficienti. Altrettanto importante l’aspetto relativo a un maggiore coordinamento delle attività di ricerca e soccorso nelle aree SAR, che prevede, come da tempo richiesto dall’Italia, un ruolo anche per gli Stati di bandiera”.

“Sono convinto – ha concluso Piantedosi – che si tratti di una valida traccia di lavoro comune ed opereremo già a partire dalla riunione di venerdì prossimo per ogni ulteriore arricchimento del piano di azione europeo”.

 

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