di Alessandro Ragazzo

Di solito il giornalista dovrebbe essere sempre sulla notizia. L’immediatezza nell’era di internet è fondamentale, perché rischi di “stare fuori dal giro” se commenti in ritardo o ne parli qualche giorno dopo. Siccome c’è un vecchio detto che “l’eccezione conferma la regola”, a mente fredda  parliamo di Alika Ogorchukwu, l’ambulante nigeriano ucciso il 29 luglio a Civitanova Marche dopo il pestaggio ad opera dell’operaio di 32 anni, Fabrizio Ferlazzo. La cronaca racconta da attimi di terrore, preceduti da colpi di stampella nel bel mezzo di un sacco di persone intente a il mare. Alika ha talmente ricevuto un sacco di botte e sapete il motivo? Aver chiesto alla fidanzata di Ferlazzo di acquistare un pacco di fazzoletti di carta. Questo per inquadrare la vicenda. In questi giorni (ed è qui la “scusa” del ritardo nello scrivere questo pezzo), ho aspettato di capire come si sarebbe mossa la politica italiana, presa com’è dalle elezioni del 25 settembre, fra interviste sui giornali, siti, televisioni, radio e chi più ne ha, più ne metta. Tutti a descrivere in pompa magna “faremo”, “realizzeremo”, “aumenteremo (le pensioni)”, “abbasseremo (le tasse)”, neanche fosse una gara di salto in alto con l’asticella che si alza sempre più. In realtà, però, nessuno o quasi ha speso uno straccio di parola per quanto successo in pieno giorno ad Alika Ogorchukwu che, è bene ricordare, era sposato e padre di un bimbo di 8 anni. Ma alla politica italiana pare fregare poco quanto successo. A meno che le parti non sarebbero state invertite. Proviamo per un attimo a chiudere gli occhi e far finta che fosse successo il contrario: il nigeriano prende a bastonate l’italiano e lo ammazza. Che sarebbe avvenuto? Non scopriamo l’acqua calda nel dire che si sarebbe sollevato il classico polverone, buono per la (eterna) campagna elettorale a cui questo paese è abituato ormai da troppo tempo. Sì, perché una fiaccolata sarebbe stata fatta, una visita sul posto di qualche segretario di partito anche, un bel po’ d’indignazione collettiva ce la saremmo sentita a effetto domino, perché se parla Tizio, Caio non può fischiettare. Ma mica per uno o due giorni. No, si sarebbe andati avanti per un bel po’. Invece di collettivo c’è stata l’indifferenza, perché a parte qualche Tweet o post su Facebook dei vari Enrico Letta, Roberto Speranza, Antonio Tajani e Giuseppe Conte (come a dire, “il mio l’ho fatto”), il resto fa segnalare calma piatta. Anzi, nessuno è andato a Civitanova Marche. Nessuno. Non perché siano in vacanza ma “in tutt’altre faccende affacendati”. Ci si volta dall’altra parte, perché in questo momento si è più intenti ad alzare l’asticella delle promesse (faremo, realizzeremo e così via) che prendere una “posizione scomoda”, anche per un solo secondo. Questione di voti, di elettorato a cui rivolgersi, perché il resto è più importante di una persona (straniera) massacrata di botte. In campagna elettorale si parla di “futuro”, di “civiltà”, di una Italia “che guarda avanti” ma questo episodio cosa insegna? Che si cavalcano temi e notizie solo quando fa comodo. Per interesse personale. Ma la civiltà di un paese, l’indignarsi anche per qualcosa capitato al “diverso” e non solo all’italiano, passa (soprattutto) anche da questo.

 

Omicidio Civitanova, Filippo Ferlazzo resta in carcere: “Non pensavo di aver ucciso Alika” – YouTube

 

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