Dopo la pandemia, il 65% dei cittadini ha modificato profondamente il proprio rapporto con la sanità pubblica e si rivolge al privato. I tempi d’attesa infatti, non sono compatibili con le esigenze di salute di chi spesso, deve pagare per avere la visita e la prestazione di cui ha bisogno. Il dato è del Covesap, il coordinamento sanità pubblica, un comitato che segnala disagi e disfunzioni in tutte le Usl. Lo stesso che ha già organizzato delle manifestazioni pacifiche per la difesa della sanità pubblica. Giuseppe Barrichello, Orianna Zaltron, Salvatore Lihard, Maria Pina Rizzo hanno presentato durante una conferenza stampa online le conclusioni di un questionario, avviato in aprile, che ha coinvolto 1700 persone.
Composto da 15 domande per descrivere la propria esperienza nell’ultimo anno con il servizio sanitario, inizialmente presentato nel territorio dell’ULSS 7 Pedemontana poi esteso a tutta la regione, è stato possibile compilarlo online fino al 30 giugno. Veniva richiesta l’età e la maggioranza è compresa nella fascia dei 50-69 anni, con due terzi dei partecipanti di sesso femminile. Il primo motivo di malcontento è emerso essere il medico di famiglia: per mettere piede in ambulatorio bisogna attendere almeno una settimana per il 42% degli interpellati. Ma c’è chi segnala (il 30% ) ritardi fino a 15 giorni.
Comunicazioni estenuanti, situazione critica nell’Ulss7
Modalità di prenotazione: il 54% si affida al call center e un 30% a siti web delle Usl e prima di parlare con un operatore bisogna attendere dagli 11 ai 30 minuti per poi finire nelle liste d’attesa. Il 74% degli interpellati segnala l’impossibilità materiale di ottenere immediatamente l’appuntamento, un dato già riscontrato nel sondaggio dei sindacati. Il 75% del campione segnala che i tempi prescritti sulla “ricetta” medica non sono mai rispettati. Maglia nera è l’Ulss 7 Pedemontana che fa salire questo dato all’80% .
“Tutte le Usl hanno provato ad abbattere le liste d’attesa ma ci vuole un’altra strategia per risolvere il problema” – ha detto Orianna Zaltron -. I ritardi accumulati con il Covid consentono solo al 25% delle persone di curarsi nei tempi previsti dalle prescrizioni e così si mette a rischio la prevenzione. Spesso le prognosi si aggravano, le cure si prolungano nel tempo con maggiori disagi per il paziente e maggiori costi pubblici». Barrichello invece, si è soffermato su quel 35% degli intervistati che si è curato in strutture pubbliche, mentre il 65% ha scelto i poliambulatori privati convenzionati. Il 73% dichiara di aver pagato parte delle cure per accelerare i tempi: “Si tratta di capire se questa è una situazione strutturale o un’emergenza legata ai ritardi post Covid. Il 97% ritiene che aumentare le risorse per il settore pubblico sia la strada giusta per eliminare le liste d’attesa, ma gli ulteriori 29 milioni di euro che la giunta regionale ha destinato ai colossi privati a fine giugno vanno nella direzione opposta”, ha concluso Oriana Zaltron.