L’autunno 2022 sarà difficile per le imprese e all’insegna della stangata per l’aumento dell’energia e dell’inflazione, con la variabile del possibile ritorno del Covid: Confcommercio Veneto lancia l’allarme con un’indagine condotta presso i propri associati.
«L’inflazione che non sembra dare tregua e che anzi rischia di aggravarsi avvicinandosi alla doppia cifra percentuale, anche sui beni di prima necessità, preoccupa, e non poco, gli operatori del commercio, del turismo e dei servizi – commenta il presidente di Confcommercio Veneto, Patrizio Bertin, di fronte ai risultati dell’indagine economico-occupazionale che ha coinvolto nelle scorse settimane 921 imprese associate su tutto il territorio regionale, in prevalenza piccole e medie imprese, da cui esce fotografia sullo stato di salute, le dinamiche del mercato del lavoro e gli investimenti strategici per il prossimo futuro, in uno scenario di incertezza diffusa. In allegato al presente testo ci sono le slide con tutti i dati, richiamate per una consultazione più agevole nei paragrafi che seguono.
I timori per l’aumento dell’inflazione: prezzi e clientela
Analizzando i dati di Confcommercio Veneto emerge come l’inflazione impatti e non solo sui beni voluttuari ma già sul carrello della spesa quotidiana: sette aziende su dieci hanno in previsione di aumentare i prezzi nel corso del prossimo semestre: “leggermente” per il 45%, “marcatamente” per il 21%, “molto marcatamente” per il 4%. Nel commercio al dettaglio il 29% degli intervistati, quasi tre imprese su dieci, prevede rialzi oltre il 5-10%.
Spiega Bertin: «gli operatori si aspettano un autunno difficile nel quale peraltro, dopo mesi nei quali hanno assorbito i rincari con ripercussioni non banali per i bilanci aziendali, si troveranno costretti a ritoccare i prezzi per far fronte agli aumenti soprattutto di energia e trasporti. La perdita del potere d’acquisto della moneta si farà sentire sulla gente”. Una situazione non facile considerando che gli imprenditori denotano già ora, in maniera pressoché unanime, sintomi di difficoltà economica fra i propri clienti (80%) e più del 70% del campione ritiene che tali difficoltà siano aumentate rispetto allo scorso semestre. Per ora il “bacino d’utenza” della clientela resta sostanzialmente invariato, ma il quadro è in evoluzione».
La situazione economica: fatturato, liquidità, banche
Fortunatamente l’85% delle aziende ritiene buono il proprio stato di salute e si registra in generale un primo semestre 2022 positivo rispetto allo stesso periodo di un anno fa: per il 37% delle imprese il fatturato è aumentato e per il 39% è invariato; solo una su dieci immagina che peggiorerà. Più della metà delle aziende non ha problemi nel pagamento dei fornitori (65%) e intrattiene buoni o discreti rapporti col sistema bancario pur non avendo fatto recentemente richiesta di prestito: solo l’11% del totale si è rivolto al proprio istituto di credito per richiedere un prestito e ben il 94% l’ha ottenuto. Buono il giudizio sul livello di liquidità aziendale: ben l’84% delle aziende dichiara di avere disponibilità sufficiente per i prossimi due-tre mesi e quasi la metà va oltre i tre mesi. In particolare, il commercio all’ingrosso si rivela il settore con il livello più alto di liquidità nel medio periodo.
Il mercato del lavoro: personale e formazione
Situazione sostanzialmente di stasi per quanto riguarda l’incontro fra domanda e offerta nel mercato del lavoro, dove a prevalere sono i rapporti di lavoro dipendente. Se a trainare le assunzioni del secondo semestre 2022 sono stati il settore turistico-alberghiero e dei pubblici esercizi, con figure legate alla stagionalità quale personale di cucina e sala, commessi, cassieri e baristi, a oggi il 74% delle aziende, tre su quattro, non ricerca personale. Nessuna previsione di assunzione nemmeno per l’immediato futuro con solo un’azienda su tre che ricercherà dipendenti da qui a sei mesi. Prendendo in esame il secondo trimestre 2022, appare scarso inoltre il ricorso a lavoratori a chiamata, in quanto meno di un’azienda su cinque dichiara di averne avuto bisogno; circa il 40% degli intervistati afferma di avere avuto personale con contratto a tempo determinato, di cui pochi in scadenza d’ora in avanti. Sul fronte delle cessazioni dei rapporti di lavoro meno della metà dei contratti a termine è stato oggetto di rinnovo (44%) e la maggior parte delle cessazioni sono state su base volontaria (dimissioni). Inoltre, solo una minima parte delle aziende coinvolte nel sondaggio ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali come, ad esempio, la cassa integrazione.
«Abbiamo registrato problemi – sottolinea Bertin – sul reperimento dei collaboratori e rispetto diverso approccio, nei confronti del lavoro, venutosi a determinare dopo due anni di pandemia con uscite volontarie mai registrate prima e difficoltà enormi soprattutto per bar, alberghi e ristoranti, ma anche per i negozi».
La quasi totalità degli imprenditori di Confcommercio Veneto lamenta, infatti, molta difficoltà nel reperire figure specializzate. Alla domanda su quali canali avessero utilizzato per ampliare il proprio staff, solo il 32% delle aziende afferma di essersi rivolto a centri per il lavoro, agenzie per il lavoro o associazioni di categoria preferendo altre formule come il classico passaparola o l’annuncio su Internet. Carente, infine, lo spazio dedicato alla formazione poiché solo sei aziende su dieci hanno introdotto momenti formativi per i loro dipendenti, per la maggior parte obbligatori e non professionalizzanti.
Gli investimenti
Uno sguardo rapidissimo, infine, al campo degli investimenti strategici che sono rivolti soprattutto all’innovazione e modernizzazione delle imprese: nei primi tre posti della classifica trovano spazio l’acquisto di attrezzature e macchinari, la scelta di tecnologie per un miglior risparmio energetico, ritenuto fondamentale in tempi di rincari proprio sotto questo punto di vista, e la spesa dedicata a promozione e al marketing aziendale.
Bertin rilancia la richiesta degli imprenditori del commercio al dettaglio, perché si attuino azioni mirate per aiutare i consumatori: «inflazione, caro energia e ritorno del Covid, sono per gli imprenditori motivi di preoccupazione. Quando gli intervistati denunciano che il 40% della clientela degli esercizi del commercio al minuto ha difficoltà “marcate” e comunque un restante 52% ha difficoltà “leggere”, significa che l’economiabatte in testa. Servono interventi strutturali a partire dall’azzeramento dell’Iva per contrastare una potenziale recessione dagli effetti devastanti».