L’anno nero del commercio si porta via anche la libreria Il Gufo di Thiene.

Un pugno nello stomaco per chi in quella attività ha puntato tutto per 10 anni, mettendoci tutta l’energia e gli investimenti possibili. Con la chiusura del Gufo il ‘salotto’ di Thiene, un posto dove in 10 anni si sono intrecciate storie di vita, storie di donne, i consigli di professioniste della lettura e la voglia di imparare e di saperne di più. “Un luogo di cultura costretto ad arrendersi”, ha spiegato Giulia, che nella libreria oltre che il lavoro ha trovato la sua identità. E’ proprio lei a dare l’annuncio, con il cuore in mano, che le porte si chiuderanno per sempre a fine febbraio. Lei, ‘sorella adottiva’ delle libraie che con lei hanno condiviso questo percorso, tra libri profumati, voglia di diffondere cultura, eventi di presentazione di nuove opere e tanta voglia di stare insieme con positività.

“La Libreria il Gufo, dove lavoro da 10 anni, tra un mese spegnerà le sue vetrine per non accenderle più – dice Giulia – Sono preda di un mix di sensazioni che mi stordisce. Sono piena di rabbia contro questo mondaccio cane, in cui continuo a sentirmi un pelo a disagio forse perché, come dice Spud: “c’ha una specie di selezione naturale, e non è quel genere di storia dove io ci acchiappo”. Poi vengo sopraffatta da un senso di vertigine e di vuoto disarmante. E non è perché non avrò più un lavoro. Io perdo molto di più: perdo l’unico luogo in cui non mi sono mai sentita fuori posto e in cui non mi è mai stato chiesto di essere diversa da quella che sono. Perdo non solo una professione, ma il mio sogno di bambina, la mia vocazione: ho sempre creduto in quello che facevo, convinta che un libro può cambiarci la vita, o quantomeno aiutarci a farlo. Ho avuto la fortuna di lavorare con tre persone, tre amiche, che la vedono

esattamente come me. Non posso che sciogliermi in lacrime di fronte alla commozione, al dispiacere e all’affetto delle tante persone (chiamarle clienti è riduttivo) che hanno reso viva la libreria in questi anni e di cui sentirò la mancanza molto più di quanto ora posso immaginare. So che anche loro soffriranno per il vuoto lasciato da questo ennesimo luogo di cultura costretto ad arrendersi. E mi risale la rabbia, perché questa non è solo una questione privata, sentimentale. Riguarda tutti. Ne perdiamo tutti. Mi viene un brivido quando la mia testa corre a Fahrenheit 451: “Un libro è un fucile carico, nella casa del tuo vicino. Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l’arma. Castriamo la mente dell’uomo. Chi sa chi potrebbe essere il bersaglio dell’uomo istruito?” – continua Giulia con passione – Sembra apocalittico, lo so. Ma se ci guardiamo attorno credo che ci sia di che rabbrividire. Mi viene in mente Gmork, il lupo della Storia Infinita, e il nulla che avanza e digerisce tutto, perché “è più facile dominare su chi non crede in niente”. Persa in questo magma ribollente di emozioni mi rendo improvvisamente conto di quanta vita c’è dentro quello che sembra solo un negozio di libri ma che in realtà è stato per molti un rifugio in tutti questi anni. A interrompersi non è solo un’attività
commerciale ma un’intera rete di relazioni umane, di scambi culturali e a volte anche di sostegno psicologico. Mi rammarico di non averne avuto sempre abbastanza consapevolezza. L’amore per questa libreria mi ha aiutato a costruire la mia identità e a esserne orgogliosa. Dover mollare è un po’ come essere frantumati e costretti a ricostruirsi nuovamente. Ma come illustra egregiamente Simon David Williamson, più noto come Sick Boy: “Devi cercare di capire chi sei e chi non sei. Questa è la nostra ricerca nella vita. È quello che ti lasci dietro alle spalle quando te ne vai, e quello che ti porti sempre con te”.”

A.B.

Donazzan:’ Desertificazione dei centri storici in tutto il Veneto’

Assistiamo, anche visibilmente, a una desertificazione dei nostri centri storici: tutte le città vedono la comparsa di cartelli con scritto ‘cedesi attività’ o ‘vendesi’ sulle vetrine di negozi, bar, botteghe e ristoranti. La situazione più allarmante e tragica è quella di Venezia, ma non meno significativo è ciò sta accadendo anche a Vicenza, Padova, Verona, Treviso, o nei centri cosiddetti minori”.

Lo afferma Elena Donazzan, assessore regionale al Lavoro del Veneto, commentando le ripercussioni sull’occupazione nell’attuale situazione economica legata alla pandemia. 

 

Chiederò alla Camera di Commercio di ogni provincia del Veneto una fotografia dell’attuale situazione, iniziando così a calcolare i danni provocati dalla pandemia e dalle conseguenti chiusure obbligate – spiega Donazzan. È necessario quantificare il numero di partite IVA cancellate ed i posti di lavoro distrutti ad oggi, perché queste realtà non sono tra quelle più attenzione dalle statistiche. Per i lavoratori del comparto del commercio non vale il divieto di licenziamento e neppure la copertura degli ammortizzatori sociali. La cosa peggiore è che queste persone, del tutto scoraggiate dall’attuale situazione, consapevoli della difficoltà che vive il loro comparto non si iscriveranno neppure alle liste dei disoccupati, divenendo i nuovi ‘silenziosi’ del mercato del lavoro”. 

 

Mentre i disoccupati hanno un’indennità, seppur minima e contingentata nel tempo, gli inoccupati, ovvero coloro che non si iscrivono, sono a rischio di esclusione sociale e di povertà – aggiunge ancora l’Assessore regionale -. Altro aspetto gravissimo, emerso da un’inchiesta di un quotidiano veneto sulla città di Venezia, è la compravendita strategicamente organizzata da parte di operatori di nazionalità cinese. La Guardia di Finanza, con grande attenzione, sta effettuando un poderoso lavoro di verifica su questo fenomeno che ha caratterizzazioni ben precise: un potere finanziario enorme che porta ad acquistare nei luoghi più prestigiosi, spesso sfociando in episodi di evasione fiscale, di partite IVA che chiudono non appena i finanzieri si affacciano all’uscio per ricomparire poi con altro nome sulla medesima attività”. 

 

Oltre al danno economico – conclude Donazzan – tra disoccupazione, povertà in crescita e diminuzione dell’imprenditoria regolare italiana, rischiamo ora anche lo snaturamento della nostra economia ed il depauperamento del patrimonio immateriale fatto dal commercio di qualità delle nostre città. Quest’ultimo aspetto dovrebbe farci riflettere su cosa intendiamo per cultura locale ed ambiente; i turisti del mondo vorranno presto tornare in Italia, e non troveranno più la parlata veneziana ad accoglierli, la storica bottega vicentina o bar veronese, ma solo una omologante e priva di identità realtà commerciale: oltre all’economia rischiamo di perdere anche la nostra cultura”. 

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