“E’ fondamentale che ai sindaci torni la possibilità di valutazione degli effetti del Piano Casa sui piani urbanistici, così come era avvenuto con le due precedenti versioni, che questi avevano potuto adeguare al proprio territorio  traendone i migliori risultati possibili e nel contempo tutelandolo”.

Dario Tomasi, candidato sindaco per il Centrosinistra alle Primarie a Schio, non nasconde la soddisfazione per le ultime novità sul Piano Casa–ter della Regione, da poche settimane in vigore, con la parziale marcia indietro della Regione.

 

Da persona concreta e con grande esperienza di urbanistica, Tomasi infatti ha le idee chiare sui rischi che il Piano Casa presenta per Schio e tutti gli altri Comuni veneti. Esso prevede infatti, per rilanciare i il settore edilizio e riqualificare il patrimonio esistente, possibilità di ampliamento molto consistenti e spostamenti di cubature  scavalcando completamente le competenze dei Comuni in materia urbanistica.

“La volontà della Regione di esautorare le amministrazioni locali su un provvedimento così rilevante per la gestione della città e del territorio – spiega Tomasi – avrebbe sicuramente prodotto un caos normativo con pesanti riflessi sui cittadini, perché la possibilità di costruire con aumenti di volume e derogando dalle distanze, in modo indipendente da situazioni e contesti, apre la strada a forti conflitti fra vicini, con conseguenti vertenze e ricorsi. Alla fine i cittadini avrebbero ritenuto, a torto, il Comune il responsabile di questo disordine burocratico.  Alle categorie economiche interessate da questi temi, dico che oggi è miope pensare di rilanciare l’edilizia costruendo e ampliando anziché riconvertendo sotto il profilo energetico il patrimonio edilizio esistente, che è imponente e che potrebbe dare lavoro direttamente e indirettamente a moltissime imprese, non solo del settore edilizio ma anche del manifatturiero. Per questo credo che le tre proposte di modifica del Piano avanzate dal Partito Democratico, che ripristinano la possibilità dei Comuni di valutare gli ambiti e le modalità attuative di ampliamenti, demolizioni, ricostruzioni, ristrutturazioni e spostamento di volumi degli edifici, e che subordinano ad un piano attuativo del Comune il cambio d’uso degli edifici esistenti da dismettere, possano essere una mediazione importante e efficace per evitare di mandare in tilt gli uffici tecnici comunali. Se passasse la logica della Regione, che toglie competenze urbanistiche ai comuni, salterebbe uno dei cardini su cui si basano le politiche locali: il governo del territorio. Se un comune perde questo, si finisce esattamente come i profeti disarmati di cui parla il Macchiavelli”.

 

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