Se un filetto di manzo non costa come il manzo, evidentemente non è manzo. La pensano così i rappresentanti delle categorie commerciali locali che, ai loro concittadini che dicono di andare dai parrucchieri cinesi pur preferendo quelli italiani, ricordano che quando una cosa costa troppo poco, di solito nasconde un difetto. Ma con l’obiettività che nasce dal dover sopravvivere in tempi di crisi, chiamano anche a rapporto le istituzioni a tutela dei lavoratori e i lavoratori stessi che, forse in qualche caso, potrebbero essere più competitivi.

 Il fenomeno è dilagante e non si può fare caso alla fila che quasi ogni giorno c’è dal parrucchiere cinese, dove sono gli italiani, a portare euro alle casse degli imprenditori con gli occhi a mandorla, che hanno assunto anche due italiane, che lavorano lì mezza giornata ciascuno. E’ normale che la gente comune si chieda perchè dai cinesi una piega costi 8 euro mentre in un salone italiano la media è di 20 euro. La risposta arriva dagli addetti ai lavori. 

“A noi sta a cuore soprattutto la salute dei clienti – ha commentato Andrea Piovan,  presidente di Confartigianato di Thiene – perché è evidente che sotto certi limiti di spesa non ci possono essere prodotti adeguati. I parrucchieri italiani garantiscono non solo la  qualità, ma un servizio ed una professionalità indiscutibili. Il fenomeno dei saloni cinesi imperversa da quando è in pieno atto la crisi, per cui è comprensibile che le persone vi si rivolgano per poter spendere meno. Bisogna però chiedersi che cosa si nasconde dietro il grandi risparmio perché se è dato da prodotti scarsi sicuramente non ne vale la pena. Un altro problema – ha concluso – è che ci sono regole professionali precise e per operare in una precisa attività c’è una burocrazia molto stretta, che gli italiani rispettano sempre”.

Emanuele Cattelan, presidente Ascom del mandamento di Thiene, ha commentato il boom dei saloni cinesi lanciando contemporaneamente una sfida ai loro ‘concorrenti’ italiani. “Innanzitutto – ha detto – ci sono precise regole sindacali che sono uguali per tutti e devono essere rispettate da tutti. Noi italiani siamo super controllati e anche se assumiamo un lavoratore per brevissimi periodi di tempo, siamo sottoposti a regole,  controlli e tassazioni precise ed inderogabili. Non sono sicuro si possa dire la stessa cosa per le attività cinesi. In ogni caso in tempi di grande concorrenza bisogna anche adeguarsi al mercato. Non parlo solo per i parrucchieri, ma credo sia importante per tutte le attività fare più attenzione ai prezzi e alle altre specificità che rendono allettante la concorrenza. Magari – ha concluso – si potrebbe dare un valore aggiunto o più velocità al servizio, o  intervenire in quelle piccole cose che nel quotidiano delle persone che corrono sempre di più possono fare la differenza”.

Va dritta al punto e richiama il rispetto delle regole anche Cinzia Fabris, presidente provinciale di Cna, che senza mezzi termini ha sottolineato: “Se le regole vengono rispettate i costi sono quelli”. E non si riferisce solo a regole sindacali, ma anche alla qualità dei prodotti e dei servizi. “E’ strano che i cinesi riescano a lavorare con costi così tanto più bassi dei nostri, evidentemente qualcosa di diverso c’è – ha commentato – E’ comprensibile che le persone cerchino di andare dove costa di meno, ma non è giusto farne solo una questione economica, il made in Italy è garanzia di qualità, prodotti e servizi, ed è una piaga metterci in comparazione con una concorrenza che punta tutto sul costo”.   

In redazione, in questi giorni, sono arrivate numerose segnalazioni sul fatto che a diversi clienti che sono andati in negozi cinesi non è stato rilasciato lo scontrino fiscale. I giornalisti non sono addetti alla repressione dei reati. Quello è compito delle forze dell’ordine, ma esiste il 117, pronto intervento della Guardia di Finanza, a cui occorre rivolgersi nel caso un commerciante non abbia rilasciato ricevuta. 

di redazione Thiene on line

 

 

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