di Anna Bianchini

“Salviamo i no vax non solo perché dobbiamo farlo, ma perché sono vittime di un complotto”. L’infermiera saggia guarda in basso, non sa se condivido il suo pensiero e guarda la dottoressa vicina a lei per cercare conforto.

“Il covid ha sviluppato una forma di ‘squadrismo’ e collaborazione tra il personale medico, infermieristico e sanitario. Non si lavora più da soli, ma sempre in gruppo, basti pensare che per vestirsi bisogna essere in due, non ci si può vestire da soli. E purtroppo si condividono anche i pesantissimi insulti che arrivano dai no vax. Eravamo eroi ora siamo assassini, puttane. Insulti sempre più pesanti e minacce, anche di morte, che ci fanno capire quanto grave sia il problema, quanto estesa e pericolosa la creduloneria dei no vax”.

E’ di oggi la notizia di un 48enne di Thiene, padre di tre figli e malato di covid, che ha rifiutato di essere intubato all’ospedale San Bortolo di Vicenza. Ed è morto. Un mio compaesano.

Conosco da tempo la dottoressa che ho incontrato ieri nel corridoio dell’ospedale in cui mi trovavo per ragioni di famiglia (non menziono l’ospedale per privacy). Istintivamente l’ho fermata per salutarla e lei si è presa una pausa. “Non ho tempo nemmeno per andare in bagno, indosso anche io il pannolone come fanno tanti colleghi e infermieri”.

Lavorano senza turni e senza pause ormai da inizio pandemia e se all’inizio erano “gli eroi”, ora per alcuni pazienti sono “puttane”, “assassini”, “criminali che fanno il lavaggio del cervello”.

Questo cambio di rotta è spiegato dal fatto che, se nel primo ‘round’ di ospedalizzazioni a inizio pandemia non c’erano i vaccini e i no vax non avevano motivo di lagnarsi, oggi la maggior parte dei ricoverati sono proprio no vax, e quei pochi che non lo sono hanno patologie pregresse che rendono meno efficace il vaccino.

“Dottoressa – le chiedo – Perché vi insultano? Con quali motivazioni rifiutano le cure o ne pretendono di alternative?”

“Pensano che nell’ossigeno sia contenuta una sostanza che li rende automi. Pensano che iniettiamo un microchip per controllarli. Pensano che li vogliamo uccidere. Davvero, lo pensano davvero. Ci sono anche quelli che davanti alla morte si ricredono, ma molti vanno avanti imperterriti”.

E pensare che nell’ospedale di Santorso, nella Ulss7 Distretto Alto Vicentino, un ospedale nuovo di zecca in grado di offrire tecnologia all’avanguardia ha dovuto perfino aumentare il flusso di ossigeno per salvare queste persone. Lo penso e mi chiedo addirittura se ne valga la pena… Quindi chiedo direttamente: “Vale la pena darsi così tanto da fare per salvare le vite di chi non vuole essere salvato?”

Interviene un’infermiera, che con le lacrime agli occhi racconta di essere stata definita “puttana” un indefinito numero di volte. Da uomini, ma anche da una donna, intubata e salvata per il rotto della cuffia. “Li salviamo perché sono vittime di un sistema messo in atto contro di loro – ha spiegato saggiamente – Sono loro le vittime di quel complotto che denunciano. Ma sono persone deboli psicologicamente, spesso ignoranti e quindi non lo capiscono. Si sentono eletti, pensano di essere furbi, in fin dei conti mi spiace per loro e per le loro famiglie”.

“Adesso ci sono pure i no vax che arrivano con l’avvocato perché non vogliono essere intubati o perché vogliono le cure che dicono loro – continua la dottoressa – Ci deve essere qualche direttiva nuova dal mondo no vax, ora c’è la moda dell’avvocato. Noi siamo qui senza turni, senza ferie, con il pannolone perché non abbiamo tempo per andare in bagno per curare proprio loro, che non si sono vaccinati, e loro chiedono l’avvocato e ci riempiono di insulti”.

Poi arriva un primario e appena capisce che sono una giornalista ironizza dicendo che con noi è meglio non parlare. Poi sorride, sa che siamo dalla stessa parte: la parte della verità.

“La cosa che spero di più – conclude la dottoressa – è che ci sia una rivalutazione della Sanità pubblica e del personale sanitario che lavora nel pubblico. Si parla tanto di aumento della Sanità privata, ma quando è tempo di curarsi per cose serie, tutti qui nel pubblico vengono, nessuno va nel privato o all’estero”.

Anna Bianchini

 

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