“Quando la donna veste bene sa che l’uomo la considera attraente come se non indossasse niente.”
Christian Dior
Nel primo articolo sulla storia di questo irrinunciabile capo iconico (il cappotto) abbiamo iniziato a parlare degli anni cinquanta quando l’indiscusso re era lui!
  • Christian Dior aprì il suo atelier a Parigi l’8 ottobre del 1946. Operò una vera e propria rivoluzione nella moda dagli anni quaranta, introducendo uno stile e un’idea di femminilità completamente nuovi e all’avanguardia per l’epoca.
  • Nel 1957 i cappotti diventano particolarmente voluminosi: manteaux dalla linea avvolgente e lunghezze al polpaccio, con maniche raglan, a mantello, ampi colli con risvolti e drappeggi opulenti. Tessuti e materiali pregiati – raso, velluto, taffettà – erano dispiegati in grande quantità nell’eleganza delle creazioni di Christian Dior ma anche di Jacque Fath e Balenciaga.
E in Italia?
  • La nascente moda italiana fin dalle prime sfilate di alta moda a Firenze nel 1951, emerse per la pluralità di proposte dei sarti italiani, le cui linee rimasero comunque legate a quelle francesi e in particolare a quelle di Dior (tanto per cambiare).
  • Le creazioni italiane, meno sofisticate di quelle francesi, consentirono la riproducibilità di alcuni pezzi destinati ad un mercato più accessibile. Le piccole collezioni artigianali venivano vendute nelle boutiques, che all’inizio degli anni Cinquanta proliferarono nelle vie più prestigiose delle grandi città dando inizio alla confezione specializzata nella produzione di capispalla. Iniziarono a nascere nelle grandi città, come Milano, i “quadrilateri della moda”.
  • Negli anni Sessanta, ad una ritrovata geometria delle linee, diritte o a trapezio, fece riscontro il gioco del colore per mini cappottini diritti o redingote, corti sopra il ginocchio, creati, al seguito della minigonna, per la nuova donna bambina (vi ricordate Twiggy per capirci?).
  • In Francia un giovane Yves Saint-Laurent e Roberto Cappucci in Italia, adattarono la loro creatività agli stili giovanili, utilizzando materiali inconsueti come plastiche, alluminio, plexiglas per creazioni dalle forme geometriche, colori puri ed effetti optical.
  • Anche la moda degli anni Settanta nacque all’insegna della gioventù, in sinergia con l’arte, la ribellione e la sperimentazione. La moda non aveva più regole, all’anti-fashion e alla frammentazione degli stili, si contrapponeva la moda ufficiale della classe media, che attinse non più solo alla moda di strada, ma allargò i propri orizzonti ispirandosi dalla cultura giovanile americana, alla musica anglosassone, al cinema, alla discoteca. Anni ruggenti!

E poi…arrivarono gli indimenticabili anni ottanta e poi i novanta…alzi la mano chi non ha neanche una foto scattata in quegli anni con acconciature gonfissime modello Moira Orfei e spallone che neanche a Star Trek!

  • A salvarci in extremis dal ridicolo e a definire l’importanza di stile è stata proprio un’azienda italianissima: Max Mara. In lana e cashmere, il cappotto per definizione è il modello 101801. Alto 120 centimetri e pesa 1.5kg, costituito da 18 pezzi, prodotto in 89 passaggi per un tempo complessivo di produzione di 245 minuti. “Un cappotto Max Mara nasce dalla ricerca di un equilibrio tra tessuto, forma, colore e lavorazione per raggiungere la perfezione”, ha detto la sua creatrice. E la caratteristica più evidente del modello è il “puntino”, la cucitura che è stata a lungo prerogativa dei completi sartoriali da uomo e che il brand ha riprodotto per la prima volta industrialmente; infatti il cappotto è stata la prima categoria merceologica prodotta in Italia e in modalità seriale, secondo il sistema che Maramotti (fondatore di Max Mara) aveva conosciuto nei viaggi negli Stati Uniti.

Dopo Max Mara è storia, ed è una storia che vedete di mese in mese nelle pagine patinate delle riviste di moda, ma prima di salutarvi un paio di curiosità su una delle zone geografiche che preferisco al mondo (dopo la mia Fifth Avenue ovviamente…) : il famigerato (ovvero temutissimo dal portafoglio di mariti e amanti vari) quadrilatero della moda milanese!!

Lo sapete che…

  • Cuore del Quadrilatero è Via Montenapoleone, che deve il suo nome ad un aneddoto risalente a Napoleone. Al civico 12, infatti, si trovava un banco dei pegni che, una volta chiuso, venne riaperto per volere proprio di Napoleone.
  • Il Quadrilatero della Moda è una delle zone più costose al mondo. Pensate che Via Montenapoleone è la quinta strada più cara al mondo per affitti dei negozi. La strada milanese è dietro alla Causewau Bay di Hong Kong (4°), la 5Th Avenue di New York (3°), New Bond Street a Londra (2°) e gli Champs Elysées di Parigi (1°).

Baci MrsFork

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