Il Veneto con i suoi 180 autovelox fissi  è tra le regioni più severe sul fronte della sicurezza stradale.
L’autovelox finisce nel mirino del governo
, con il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, che chiede di “intervenire in modo definitivo” sul loro utilizzo “per evitare gli usi impropri, visto che in alcuni casi vengono usati solo per fare cassa“. “Bisogna trovare il modo – ha detto Salvini rispondendo al ‘Question Time’ alla Camera – di avere bilanci più sani senza pesare sulle tasche degli automobilisti e motociclisti senza realizzare una reale sicurezza stradale”.
Il ministro inoltre ribadisce che il Mit è “al lavoro per una revisione integrale del codice stradale che riguarderà anche la mobilità a 2 ruote e i monopattini che per molti sono un’opportunità mentre per altri un problema”. Un pacchetto organico di revisione del codice della strada” che riguarderà anche i dispositivi come gli autovelox.

NEL 2021 INCASSI PER QUASI 47 MILIONI DI EURO

A condividere la posizione di Salvini il Codacons che ricorda come, solo nel 2021, in base ai dati ufficiali sui proventi delle sanzioni stradali pubblicati dagli enti locali, gli autovelox nelle principali 21 città italiane, hanno generato incassi per 46,9 milioni di euro . Il record spetta a Milano che, grazie agli strumenti di rilevazione automatica della velocità, ha elevato sanzioni per 12,9 milioni di euro, seguita da Genova (6,2 milioni di euro) e Torino (5 milioni).

Non mancano poi casi paradossali, come il comune di Melpignano in provincia di Lecce che nel 2021, grazie agli autovelox installati sul suo territorio, ha generato incassi per 4.986.830 euro, più di Roma, Firenze e Bologna. O un piccolo comune delle Dolomiti, Colle Santa Lucia (Bl), che ha incassato grazie all’autovelox oltre 552mila euro in un anno, nonostante conti meno di 360 abitanti.

“La velocità eccessiva continua a produrre morti e meriti sulle nostre strade, e in tal senso gli autovelox, se installati correttamente e nel rispetto delle leggi, possono contribuire a salvare vite umane – afferma il presidente Carlo Rienzi – Troppo spesso però il loro utilizzo non ha niente a che vedere con la sicurezza stradale, ed è finalizzato unicamente a coprire i buchi di bilancio dei comuni, con un doppio danno per i cittadini, tartassati dalle multe elevate da autovelox nascosti dietro alberi e siepi, senza beneficiare di un incremento della sicurezza sulle strade”.

Sulla stessa linea Massimiliano Dona, presidente dell‘Unione Nazionale Consumatori, che chiede però al ministro di “sentire anche le associazioni di consumatori”. “Abbiamo depositato da anni in Parlamento le proposte di modifica al codice della strada per aumentare la sicurezza, evitando al tempo stesso abusi”, sottolinea, spiegando che “sugli autovelox fissi, ad esempio, chiediamo da anni che siano i Prefetti a fissare i limiti di velocità, visto che già li devono autorizzare con un loro decreto e che sia una loro responsabilità decidere l’esatta posizione e non il semplice km della postazione di controllo, troppo spesso piazzato in modo nascosto dai comuni subito dopo una curva e non correttamente segnalato e visibile come prevede il Cds”.

“Basta on il vizietto di alcuni sindaci di piazzare il semavelox e poi ridurre la durata del giallo sotto i 4 secondi, complice il vuoto normativo che non fissa la sua durata minima o piazzare un autovelox e poi ridurre il limite di velocità in modo ingiustificato da 90 a 70 Km/h o 50 km/h, tanto per fare cassa” conclude Dona.

Ma davvero i comuni fanno ‘cassa’, come dice Salvini, con i soldi delle multe? “Togliere quei soldi ai comuni sarebbe un bel problema – spiega Carlo Rapicavoli, direttore generale di Upi veneto al Corriere), i comuni incassano il denaro delle multe perché lo prevede il codice della strada, che vincola le somme al reinvestimento in sicurezza stradale e prevenzione – spiega – venissero meno quei fondi lo Stato dovrebbe intervenire con risorse proprie, i controlli sono stringenti, i comuni sono obbligati a rendicontare tutte le spese”.

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