La sua storia sembra la trama di un film drammatico, in cui è sopravvissuto grazie ad una forza che deve rinnovarsi giorno dopo giorno, ma che non gli ha fatto mai perdere la voglia di dare a quella comunità, a cui dice di dovere tanto per la realizzazione professionale. E non solo, lui dichiara che gli è stata data una seconda vita. Per questo è rimasto a disposizione di chi gli ha chiesto impegno anche dopo il pensionamento di qualche anno fa, realizzando lavori grafici molto belli, che lo sanno fare sentire vivo. Delle sue vicissitudini colpisce il racconto del mancato riconoscimento di un padre che non ha mai conosciuto, che un giorno vorrebbe ritrovare per capire perchè non lo abbia voluto riconoscere, segnando la sua esistenza marchiata a fuoco da quel senso di rifiuto, che attribuisce anche alla madre, che però, ha accudito fino alla fine, riuscendo a perdonare senza riserve. “Anche mia madre ha subito l’abbandono quando è rimasta incinta di me, quindi l’ho compresa – racconta Luciano Torresendi, ex impiegato comunale di Thiene, che ha fatto da autista a moltissimi sindaci , che di segreti e aneddoti del palazzo municipale ne conosce tantissimi . – Ma anche lei alla fine ha preferito i miei fratelli nati da un’unione ufficiale e non sono stato trattato come un figlio andrebbe cresciuto. Per questo, sentendomi a disagio in quel nucleo familiare che mi faceva pesare il fatto di non essere un figlio legittimo, ho preferito il collegio”.

Il capitolo dell’istituto per orfani in cui Torresenti è cresciuto fino all’età della maturità racchiude tutto il suo carattere e la sua personalità controversa, fatta di slanci altruistici verso il prossimo e chiusure emotive dovute alla paura dell’abbandono che lo ha perseguitato sempre. “Le suore mi hanno amato e mi hanno insegnato a vivere con i principi cristiani, da lì non uscivo mai perchè avevo paura di vedere le sfumature affascinanti del mondo esterno e di desiderarle. Avevo il terrore di volerle. Quando gli altri orfani del collegio uscivano per le vacanze natalizie o qualche fine settimana in qualche famiglia, io me ne stavo rintanato nel mio mondo per non vedere quello che non volevo desiderare perchè non potevo averlo. Non sempre chi ti prende in affidamento è disposto ad amarti come un vero figlio e per non rischiare la delusione io non ci volevo andare nelle case di genitori non veri. Molti mi volevano solo utilizzare come “servitore” , come agricoltore, in qualche caso sono stato schiavizzato quando ero appena un bambino”.

E’ difficile trattenere le emozioni quando ti confronti sulla vita con Luciano Torresendi, che è anche un fotografo professionista ed ha fatto per anni il dee jay nei locali. Ha lavorato nelle radio intrattenendo chi lo seguiva ammirato e ignaro di quanto si nasconda dietro la sua vita.

Torresendi, ha detto che ha perdonato sua madre. E vero?

Si, gliel’ho anche dimostrato anche se non abbiamo mai avuto il coraggio di affrontare il nostro passato comune di “abbandonati”. Sono stato io che l’ho accudita quando si è ammalata e fino alla fine dei suoi giorni. Alla fine, mio padre non ha voluto me, ma nemmeno lei. Questo ci ha tenuto legati. Anche se, ripeto, quando si è rifatta una vita con un marito che mi ha dato il suo cognome, mi ha fatto pesare la differenza con i miei fratelli. Dovevo essere io quello più protetto, invece, venivo trattato diversamente, come se mi dovessero fare pesare che ero un figlio nato fuori dal matrimonio. Come se la colpa fosse mia. Da qui la decisione di scappare da casa e andare in orfanotrofio”.

Che anni sono stati quelli?

Mi è stata data un’educazione, mi sono stati impartiti i valori ed i principi che poi mi sono serviti per stare al mondo in società. Ma erano nozioni, insegnamenti che nulla hanno a che fare con la vita reale, che ti riserva quei colpi bassi, che se non hai l’esperienza del vero vissuto non puoi affrontare.

Ma lei poi si è sposato e si è fatto una famiglia..

Certo, ma il modo in cui sei cresciuto, quei sentimenti coltivati dentro me mi hanno come reso incapace di spiccare il volo, di lasciarmi andare. Ho amato mia moglie, ma ero convinto che saremmo stati insieme per tutta la vita. Le suore ti dicono che una volta che contrai matrimonio, starai con quella persona per tutta la vita. E invece non è tutto lì essere coniugi. Ci vuole quello che in colleggio nessuno ti insegna e quando mia moglie mi ha lasciato, non ho retto. Non ero preparato ad un altro abbandono. Ho reagito in maniera drammatica e oggi, devo moltissimo all’ex sindaco Maria Rita Busetti, che mi ha aiutato ad affrontare quel periodo che per me era la fine della mia vita. L’ho superato, ma è stato un altro colpo che mi ha cambiato per sempre: l’ennesimo abbandono.

A che età è uscito dal collegio?

A 18 anni, ero smarrito. Un uccellino che apriva le ali, ma che doveva trovare la sua dimensione senza la gabbia ovattata della struttura in cui mi ero sentito protetto. Il Comune di Thiene è diventato la mia famiglia, ecco il mio attaccamento alla comunità  da cosa deriva. Ho fatto da autista ai sindaci, diventando il loro uomo di fiducia. Mi è stata riconosciuta sempre una grande lealtà, credo sia il mio punto di forza, che mi fa guardare dritto negli occhi le persone, affrontandole con schiettezza. Qualcuno vuole attribuirmi cattiveria e azioni terribili solo perchè non ha il mio stesso coraggio di affrontare le cose, ma anche se all’inizio ci resto male, poi chi mi giudica ingiustamente mi fa tenerezza perchè credo che reagisca con vigliaccheria e disonestà  solo perchè non ha il mio stesso carattere. Sa quando ti dicono che hai un brutto carattere proprio quelli che non ce l’hanno? Ecco, se poi va a vedere da quale pulpito arriva il giudizio, penso alla sua vita misera, che non gli ha fatto sviluppare quello che le avversità tira fuori. Sono persone che si trincerano dietro l’apparenza, che però non è essenza umana. Sono esseri miseri che non hanno conosciuto i dolori veri della vita e giudicano chi invece, si è dovuto arrampicare sugli specchi per sopravvivvere. Non comprendono che chi ha sofferto si trascina dietro certamente dei disagi emotivi, ma possiede quella marcia in più che loro non hanno. Ci faccia caso, questa tipologia di persone non ha mai il coraggio di parlarti mettendosi di fronte a te e ricorre ad espedienti per evitare il confronto che chi invece, sta nel giusto ed ha ragione, vorrebbe. Se hai ragione perchè non mi guardi in faccia e me lo dici?

Come sta oggi?

Ho avuto dei problemi, ma cerco di andare avanti. Purtroppo, sono forte, ma anche tanto fragile e chi si avvicina a me deve stare molto attento per quella sensibilità, che mi rende vulnerabile. Chi mi dice che mi vuole bene deve volermene veramente perchè non posso permettermi altre batoste. Per questo qualcuno mi giudica schivo e anche respingente. La verità è che ho paura di essere ferito.

Qual è la cattiveria che sente di aver subito e che le ha fatto veramente male?

Quando mi è stato detto che recito la parte della vittima, come se fosse una passeggiata raccontare i dettagli della mia vita. Non capiscono che mi difendo, che lo faccio per fare capire quanto sia delicato, quanto abbia l’anima graffiata. Della serie: se non te la senti stammi lontano…

Di cosa va orgoglioso nella sua vita?

Di aver messo a disposizione il mio bagaglio ingombrante di dolore per scongere sulla strada della mia vita persone con disagio, a cui andava tesa la mano dell’aiuto e non del giudizio. Solo chi ha conosciuto il dolore ed il disagio può aiutare un disagiato. Scopro un mondo di egoismo e di impulso al giudizio prima della comprensione e mi si gela il sangue perchè stiamo parlando di umanità. Io sono stato aiutato nel mio disagio da chi mi ha prima di tutto capito e non giudicato. Sono state queste belle anime a darmi la voglia di vivere quando avrei voluto morire. Per questo ringrazio tutti quei concittadini che ogni giorno mi fermano per strada e mi rivolgono anche solo una parola di cordialità. Ne approfitto per abbracciare la città di Thiene che mi ha accolto e per la quale ci sarò sempre.

Natalia Bandiera

 

 

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