’Che cosa vogliamo fare, come società, delle persone con disabilità? Dobbiamo prima di tutto dare una risposta coerente a questa questione etica, per non rischiare di fare della scuola di oggi e del mondo di domani un eufemismo della rupe tarpea.’
E` il grido d’ allarme lanciato da M.F.e T.P, mamme di due bambini autistici, rispettivamente di Zanè e Calvene, allibite dal meccanismo scolastico che ruota attorno ai loro figli e agli altri bambini con problemi.

Loro si considerano delle privilegiate: grazie anche ad una scelta oculata, per ora hanno potuto assicurare ai loro figli, che frequentano la scuola elementare a Zanè e a Calvene, un contesto educativo ideale ed un corpo insegnante che, anche se non sempre specializzato in materia, e` stato disponibilissimo nel conoscere i bisogni dei bambini ed amorevole nel mettere in atto una didattica a loro favore.
’Il giusto clima a scuola è un fattore di benessere anche a casa – commenta  M.F. – perché un bambino sereno è molto più gestibile. Consideriamo anche che purtroppo di questi tempi non si offrono a questi ragazzini molte possibilità rieducative  nell’extrascuola, quindi quanto si fa a scuola rappresenta la quasi totalità  dell’intervento a loro favore’.
’Ci sono intorno a noi molte altre realtà meno rosee – soggiunge T.P., mamma ed insegnante nella secondaria superiore – di fronte alle quali ci viene spontaneo chiederci se non sia arrivato il momento di un serio richiamo ai valori portanti della società.’
Al suo ingresso nella scuola pubblica, il bambino con problemi è accolto a braccia aperte, anche se questa disponibilità cela spesso l’ansia, da parte del dirigente, di formare classi numericamente più ragionevoli. Alle aspettative create in partenza però non sempre corrisponde il vissuto reale degli alunni che usufruiranno dell’intervento di sostegno. Molti di loro sono destinati a confrontarsi con persone non qualificate, ma soprattutto con docenti che hanno scelto questo incarico come un ripiego e contano gli anni che li separano dalla possibilità` di fare altro.
’Anche quando si ha la fortuna, perché purtroppo di questo si parla, di capitare con persone disponibili e degne della responsabilità del loro compito – aggiunge M.F. – si rischia di cambiare insegnante ogni anno, se non più volte l’anno, anche a gennaio, come sta succedendo adesso.’
’Questi disagi – spiega Gianmaria Bragagnolo, dirigente dello S.na.l.s.  di Vicenza – sono nati dal disaccordo fra Stato e Regione in materia di dimensionamento delle scuole, che ha portato il Ministero ad optare per un dimensionamento a breve termine, anziché  almeno a medio termine. In pratica questo significa che ogni anno, anche l’anno prossimo quindi, le graduatorie di scuole prima divise verranno rifuse e questo genererà l’instabilità dei docenti, nominati fino ad avente diritto con la possibilità` di rinunciare per un diverso incarico.’
Che cosa consigliare ai poveri genitori, che di tutti questi meccanismi di compensazione recepiscono solo gli effetti nefasti sui figli? 
’Come sempre, in tempi di miseria, chi fa la voce più grossa riesce a rimediare qualcosa di più – dice T.P. –  E` una guerra fra poveri.’
La strada è comunque tutta in salita, dalle elementari, dove, tutto sommato, esistono isole felici in cui si lavora bene ed in equipe, alle medie, dove comincia a scarseggiare il tempo per programmare insieme. E poi alle superiori, dove l’esiguità dell’orario di sostegno e, a volte, l’impreparazione disciplinare degli insegnanti ad esso deputati, unite all’invivibilità generale di un ambiente in cui i numeri stanno scoppiando, portano spesso i docenti curriculari a fare la scelta di ’differenziare’ un alunno certificato. Con la conseguenza che questi non potrà né conseguire il diploma, nè, di fatto, avere una collocazione dignitosa che rifletta il suo reale potenziale.
’Che in tempo di crisi le disponibilità siano minori e` un fatto – osserva T.P. – ma qui si discute anche di come le risorse messe in campo siano vanificate dalla disorganizzazione con cui sono gestite.’
’Se lo stesso insegnante, a parità di potenziale umano e didattico, opera su un unico percorso di sostegno per più anni, anziché girare a ruota su scuole e posti diversi, è dimostrato che otterrà molto di più, perché in questi casi il tempo della continuità e` esso stesso un fattore di successo’.
In realtà si tratterebbe, molto semplicemente, di fare un’inversione di marcia: attualmente l’alunno certificato è anziché, come sarebbe logico, il punto di partenza di un intervento per aiutarlo, invece il punto di arrivo di tanti meccanismi, che nulla hanno a che fare con il suo problema, ma piuttosto con la necessità di far quadrare certi conti, di sistemare certe situazioni…
Come a dire che i ragazzini con problemi hanno già ottenuto la possibilità di frequentare insieme ai ’normali’ e di questo si devono accontentare.
’Allora, almeno, togliamo l’ipocrisia di paroloni come ’integrazione’, di cui la nostra legislazione, esemplare sul piano ideale, ma non messa in pratica adeguatamente, pregia i suoi testi – ammoniscono le due mamme e soggiungono preoccupate: ’L’inefficacia degli interventi, cui queste scelte portano, fa riemergere lo spettro delle scuole speciali, che già serpeggia fra il personale scolastico, portato a chiedersi se forse non rappresentino un contesto più adatto a certe problematiche.’
’La falsa accettazione è in realtà un rifiuto, meno esplicito, ma che ferisce forse di più – conclude T.P. –  facendo pesare ciò che è un diritto, non più contestato, ma reso inadeguatamente ed in sostanza vanificato, e lasciando chi ne è privato senza parole per poter protestare.’

Umberto D’Anna

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