“Bisogna fare rete tra le istituzioni per contrastare il bullismo”, lo dicono in coro il dirigente scolastico Francesco Crivellaro ed il Comandante della polizia locale di Thiene Giovanni Scarpellini.

Nel momento in cui le notizie di cronaca, in merito ad atti di bullismo consumati tra i corridoi ed i cortili di una scuola, prendono sempre maggiore risalto, Crivellaro e Scarpellini palesano la propria volontà ad operare, assieme ed in sinergia.
Il tutto col fine di  prevenire o contrastare ogni forma di sopraffazione che vada a discapito di ragazzi e ragazze, aiutandoli.

La violenza non è goliardata
“Spesso il bullo non si rende conto di cosa sta commettendo, non capendo che la violenza che sta attuando non è ‘uno scherzo’, come spesso giustifica – spiega Crivellaro  – Ma quando tra due ragazzi, uno dei due non ride, come si fa a definirlo scherzo? Andare oltre ai limiti non è goliardata e questo è primo campanello. Poi subentra lo stadio più avanzato:  il fare gruppo, col bullo che richiama attorno a sé dei gregari, operando assieme, sistematicamente, contro la vittima”.

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Bullismo sfocia alle medie
Con un bagaglio professionale di anni di docenza, e ora alla guida del Comprensivo di Thiene oltre che del liceo Martini di Schio, Francesco Crivellaro monitora costantemente quelle che potrebbero essere delle situazioni a rischio negli ambienti scolastici. “Per l’esperienza che ho  la fascia più a rischio è quella della scuola media – spiega Crivellaro – E’ anche vero, per quanto mi riguarda, prima come docente e poi come preside, che alle superiori i fenomeni sono più contenuti nei licei, vedendo che in altre tipologie di istituto, come i professionali, i fenomeni di bullismo sono più evidenti”.

Insegnanti sentinelle
Tra i banchi di una scuola, i giovani non consumano il tempo solamente ad apprendere nozioni, ma vivono la loro realtà sociale, mettendosi in relazione con persone, coetanei ed adulti. A scuola imparano ‘a camminare con le proprie gambe’, diventando adolescenti e poi degli adulti. Un momento lungo, della loro crescita, dove gli adulti diventano fondamentali, chiamati a vigilare e raccogliendo i primi campanelli d’allarme. “Fondamentali sono le insegnanti: sono loro le sentinelle, che riescono a dare informazioni importanti – spiega Scarpellini – Hanno una conoscenza precisa dei soggetti, sia del bullo che delle vittime, rendendo nota alla dirigenza della scuola quella situazione delicata che deve essere presa per tempo. La prima cosa da fare è cercare di ‘cristallizzare’ quelli che sono gli elementi e poi chiaramente, nel caso di minorenni, si agisce in concerto coi genitori”.
“L’insegnante ha una sensibilità spiccata ed essendo a contatto tutti i giorni coi ragazzi, percepisce subito quei comportanti che vanno oltre la normale convivenza scolastica: non parlo solo di bullismo- precisa Crivellaro – Da lì comincia un’attività di osservazione, che passa attraverso il team dei docenti della classe. La scuola è una comunità, fatta di insegnati ed operatori scolastici che possono e devono avere un’attenzione particolare sul comportamento dei ragazzi”.

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A Thiene, 3 sospensioni alle medie
Al Comprensivo di Thiene, nell’anno scolastico in corso, sono stati affrontati 10 casi “sopra le righe” alle scuole medie a Thiene, come spiega Crivellaro. Non tali, a suo dire, da essere classificati come casi di bullismo, ma che hanno fatto fioccare delle sospensioni: “In tutto sono state tre, di tre giorni ciascuna, con obbligo di frequenza”. Un andare a scuola svolgendo delle attività dove i ragazzi potessero prendere coscienza d’avere sbagliato, seguiti dagli insegnanti, per poi chiudere il momento riflessivo in classe, assieme ai propri compagni.
Una riflessione estesa anche ai genitori: “Li abbiamo coinvolti tutti, relativamente alla classe dove si collegava l’episodio – continua il preside -Sono stati fatti degli incontri dove tra studenti, docenti e genitori si è affrontata la problematica. Incontri che si sono rivelati efficaci, perché hanno reso possibile un confronto, inteso nel senso di crescita per tutte le parti”.

Il ruolo dei genitori
“Nei casi più gravi, quando ci sono dei reati anche se non punibili per i minori di 14 anni, viene sempre informata l’autorità giudiziaria – entra nel dettaglio il Comandante Scarpellini – E’ d’obbligo la notizia di reato al tribunale per i minorenni. Ma resta importante il lavoro da fare coi genitori, coinvolgendoli. Se parte della famiglia viene a mancare il supporto, informiamo il servizio tutela minori dell’ulss per la presa in carico della situazione. Spesso e volentieri, per un bullizzato è più facile parlare con un insegnante che coi propri genitori”. Concordano ancora Scarpellini e Crivellaro quando, negli atteggiamenti di violenza e sopraffazione, si trovano di fronte famiglie che non vogliono accettare il ‘ruolo’ assunto dal proprio figlio, specie se bullo. Inversamente, la vittima ha difficoltà a parlarne in casa  “Non perché non ci sia fiducia, ma perché si vergogna a parlare coi propri genitori: teme di fare ‘brutta figura’ agli occhi di mamma e papà. Per  una vittima di bullismo risulta più facile parlare dei propri problemi con gli insegnati a scuola”.
Tra i tanti casi affrontanti dal Comandante Scarpellini, uno che si è risolto al meglio: “Sono stati fondamentali i genitori – spiega – Un ragazzino che, quando frequentava le medie a Thiene, ce ne ha fatte vedere di tutti i colori. Incisiva la collaborazione del padre che, non negando il problema del figlio, gli è stato vicino, introducendolo pian piano nel mondo del lavoro, capendo inoltre la sua passione per uno sport e facendoglielo fare. Ora, quel ragazzino, è un’ottima persona”. Un caso positivo tra i tanti: “Perché nella maggiore parte dei casi non sempre si risolvono al meglio, prendendo brutte strade, che fanno condurre al bullo una vita da adulto, spesso alle prese con la giustizia”.

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Unione fa la forza: “dalla maestra al parroco, dal poliziotto all’allenatore”
“Ci troviamo di fronte ad una situazione senza precedenti storici, sia con l’allungamento dell’età dell’obbligo scolastico, sia con una diversa composizione della popolazione studentesca, arrivano persone da ogni angolo del mondo, con abitudini diverse. Sorge la necessità, quindi, di compensare – spiega Scarpellini – Per questo le istituzioni sono obbligate a fare rete. Se non facciamo cosi non andiamo da nessuna parte: la scuola, con i docenti ed il personale ata e le forze dell’ordine, l’ulss, i medici di base, arrivando sino al parroco ed alle associazioni sportive del territorio”. Una sinergia auspicata anche da Crivellaro:“Così si riesce fare percepire ai ragazzi prima, alle famiglie poi, la possibilità di educare verso certi comportamenti “.

Non devono sentirsi soli
Resta basilare, e sarebbe auspicabile, non arrivare mai ad una situazione di soprusi tra coetanei, o compagni di banco, che possa lasciare ferite troppo profonde su chi deve subire sfottò, spintoni, finendo a volte nella pura violenza.  In questo Crivellaro trova appoggio in Scarpellini che, ‘a chiamata’ del dirigente, entra in classe tra i ragazzi: “Oltre a spiegare le norme di legge, il nostro compito è fare capire che non sono soli – continua -Spesso, dentro di loro, pensano che stanno vivendo una situazione che devono affrontare da soli. Devono capire, invece, che attorno a loro c’è una società che ha le sue istituzioni preposte. Spiego sempre che non sono nella giungla, che non sono abbandonati”. Piccole vittime che devono trovare, quindi, il coraggio di stracciare quel senso di vergogna che provano. “Andare tra i banchi e vedere che, dopo qualche giorno, un ragazzo finalmente parla – conclude Scarpellini – Che la nostra presenza gli ha dato fiducia, sbloccandolo ed aiutandolo a liberarsi di un peso, troppo pesante per lui”.

Un dialogo, tra Scarpellini e Crivellaro, che punta alla fondamentale prevenzione in età precoce, strutturata nell’individuare, e ridurre, i fattori a rischio. Il tutto in maniera imprescindibile con la continua formazione di quegli adulti che sono a stretto contatto con gli studenti, specie quelli più giovani. Una prevenzione che evoca la collaborazione delle famiglie “devono tornare ad avere fiducia della scuola”, puntualizza Crivellaro “per arrivare alla migliore collaborazione in funzione del bene dei giovani”.

Paola Viero

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